Il processo
«Bugie per coprire Berlusconi», la Procura chiede 5 condanne
Due anni per l’autista di Tarantini e quattro ragazze che avrebbero partecipato agli incontri. Sentenza il 10 novembre
Le presunte bugie dette nel processo «escort» sulle notte di sesso con Berlusconi potrebbero costare a quattro donne, tra le decine portate a casa del Cavaliere, e all’ex autista di Gianpaolo Tarantini, una condanna a 2 anni di reclusione.
È alle battute finali il processo sulla falsa testimonianza di cinque dei testimoni del processo che ha accertato, ormai in via definitiva con una sentenza passata in giudicato, che molte di quelle donne furono portate tra il 2008 e il 2009 dall’imprenditore barese nelle residenze di Silvio Berlusconi perché si prostituissero. Sentiti in aula tra ottobre 2014 e maggio 2015, però, Vanessa Di Meglio, Sonia Carpentone, Roberta Nigro, Barbara Montereale e Bernardino Mastromarco, avrebbero mentito e per questo la pm di Bari Carla Spagnuolo ha chiesto che il Tribunali li condanni. Secondo la Procura, cioè, i cinque imputati non avrebbero detto la verità ai giudici quando hanno negato - per quanto riguarda le donne - di essere state reclutate da Tarantini perché si prostituissero e di aver offerto prestazioni sessuali in cambio di denaro o, per una di loro, un contratto di assunzione a Mediaset. Gli inquirenti non credono ai loro racconti sullo scambio di «effusioni superficiali» con l’allora premier e nemmeno alla giustificazione, per chi ha ammesso di aver ricevuto soldi, che si trattava di «gesti compassionevoli» di Berlusconi.
All’ex autista di Gianpi, poi, la Procura contesta di aver mentito sulla «piena consapevolezza che le ragazze procurate da Tarantini e spesso prelevate e accompagnate a Palazzo Grazioli si prostituissero in favore» di Berlusconi, «del quale - si legge nell'imputazione - conosceva in realtà le abitudini sessuali e la consuetudine ad elargire in loro favore e per compensarle delle prestazioni ricevute cospicue somme di denaro e altre generose utilità».
Secondo i difensori degli imputati, per esempio nel caso dell’ex autista difeso dall’avvocato Gaetano Castellaneta, quelle presunte bugie costituiscono un «caso di non punibilità», perché rivelare quei fatti avrebbe comportato il rischio di una assunzione di responsabilità. Nell’arringa il difensore ha anche contestato le domande fatte all’epoca al testimone durante il processo. Sul punto ha reso ieri in aula dichiarazioni spontanee lo stesso Mastromarco: «Quando sono stato sentito - ha spiegato - mi sono un po’ trattenuto nelle risposte per non autoaccusarmi di favoreggiamento della prostituzione, perché sapevo benissimo che lavoro facevano quelle ragazze».
Al termine delle discussioni il giudice ha rinviato al 10 novembre per repliche e sentenza.