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Assistenza territoriale e telemedicina: al via la «cura» per la sanità in Puglia

 
Antonella Fanizzi

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Antonella Fanizzi

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Il rilancio si basa su Centrali operative, Ospedali e Case di comunità

Sabato 11 Giugno 2022, 13:43

BARI - La cura per il sistema sanitario, in Puglia più che altrove, è la medicina territoriale che si traduce in Ospedali di comunità, in Case di comunità e in Centrali territoriali operative. L’obiettivo è quello di rafforzare l’assistenza domiciliare e sviluppare la telemedicina, l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero, il potenziamento dei flussi informativi sanitari perfezionando la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati. Lo ribadiscono sia l’assessore regionale Rocco Palese sia Vasco Giannotti, presidente della fondazione Gutenberg, che si occupa di formazione in ambito sanitario. Giannotti dice: «Il rilancio della sanità passa dall’innovazione tecnologica che si può attivare nell’immediato. Ma la formazione deve essere il motore del cambiamento. La sfida che ci attende è la costruzione di un nuovo welfare di comunità, con i Comuni e i sindaci in prima linea. Dal Sud deve nascere questa rivoluzione: qui sono più ampie le sacche di povertà. Il Mezzogiorno d’Italia e la Puglia hanno sofferto per i piani di rientro in termini di insufficienza del personale e di risorse. Il Pnrr servirà a mettere in piedi strutture nuove, ma la governance dell’azienda sanitaria deve innovarsi».

L’assessore Palese snocciola le cifre: «È partita in Puglia la programmazione dei fondi Pnrr relativi alla sanità. Abbiamo vincolato 650 milioni di euro per sostenere gli investimenti. Anche le università saranno protagoniste della riforma. Abbiamo la necessità, in Puglia, di sostituire i medici che sono andati in pensione. Gli ospedali sono in emergenza ed è inoltre complesso il ricambio dei medici di base. Gli immatricolati nelle facoltà di Medicina sono finalmente in aumento. Abbiamo inoltre finanziato le borse di studio perché c’è carenza di specialisti nei Pronto soccorso, che invece dovrebbero prendere in carico i pazienti, e in Medicina d’urgenza. Negli ultimi cinque anni è stata reintrodotta questa specializzazione, ma siamo ancora penalizzati dalle iscrizioni a numero chiuso. Per fronteggiare le carenze di organico e al tempo stesso garantire l’assistenza, per questa estate intendiamo reclutare gli specializzandi e i medici in pensione».

I punti di debolezza della sanità (emersi in tutta la loro drammaticità durante la pandemia) insieme alle prospettive di cambiamento sono i temi affrontati nel convegno promosso dalla Lum-Libera università mediterranea «Giuseppe Degennaro», nella sede di Casamassima in provincia di Bari.

Il direttore generale dell’Istituto superiore di sanità, Andrea Piccioli, non ha dubbi: «L’ammodernamento delle infrastrutture e l’ammodernamento tecnologico devono camminare di pari passo. La sanità deve diventare inclusiva attraverso il potenziamento dei presidi territoriali. È il pensiero organizzativo che va modificato per fare da piedistallo al rinnovamento tecnologico».

La Lum, università privata che, oltre che per Medicina, ha ottenuto l’accreditamento del corso di laurea in Infermieristica, non si fa trovare impreparata. «Sforniamo i futuri camici bianchi e il personale che dovrà lavorare in corsia, ma siamo anche la prima business school al Sud per la formazione manageriale nel settore sanitario - spiega il rettore Antonello Garzoni -. Il corso di Medicina e Chirurgia nasce nell’ambito di una visione che tende alla deospedalizzazione, favorita da una sinergia con i medici di base grazie alle nuove tecnologie, in un’ottica orientata alla sanità del futuro: gli ospedali lavorano sui pazienti acuti e un sistema omogeneo lavora sul territorio».

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