L'inchiesta

Batteri «addestrati» a curare: assunzioni e milioni di euro per il BioTech in Puglia e Basilicata

Marisa Ingrosso

Enea-Assobiotec: in termini numerici le imprese sono per il 90% pugliesi, ma in termini di fatturato oltre il 90% è realizzato dai lucani

In Puglia e Basilicata ci sono imprese che allevano batteri e lieviti e li addestrano a produrre i principi attivi che curano gli esseri umani oppure sviluppano prodotti facendo il taglia e cuci delle cellule vegetali e animali. Sono le aziende biotecnologiche ora censite in un dossier nazionale redatto da Enea-Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile e Assobiotec (Associazione nazionale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie), grazie al quale si scopre che, negli ultimi nove anni, nelle due regioni il numero delle aziende è più che raddoppiato (da 16 a 37) e il giro d’affari è quasi triplicato (da 32 a 92 milioni di euro). Trend molto interessanti e molto superiori a quelli registrati a livello nazionale dove però le imprese sono più di 800, gli addetti sono 13.700 e il fatturato 2022 sfonda quota 13 miliardi.

Enea spiega che «se in termini numerici le imprese sono localizzate per oltre il 90% in Puglia, la percentuale si inverte fra le due regioni in termini di fatturato realizzato da attività biotech: oltre il 90% in Basilicata». E nelle imprese lucane lavora «circa il 60% degli addetti totali al biotech delle due regioni». Il che indica che nella piccola regione ci sono realtà produttive davvero molto, molto importanti (come, per esempio, la Gnosis che nel Materano si occupa di biochimica per l’industria farmaceutica). «Le imprese della Puglia - continua Enea - sono nella maggior parte dei casi dedicate ad attività di ricerca e sviluppo (R&S), per quasi l’80% localizzate nelle province di Bari e Lecce e tendenzialmente sono espressione, come spin-off, dei poli universitari e di ricerca che hanno sede in tali province. Le spese per la R&S biotech e gli addetti alla R&S biotech di queste imprese si concentra, conseguentemente, per il 60% circa in Puglia».

Sempre nel periodo 2014-2022 si sono moltiplicate le società spin-off nate per “gemmazione” di Atenei e Politecnico e si sono dedicate soprattutto alla salute umana, ambito d’elezione delle imprese lucane e che in Puglia vale oltre il 45% del totale regionale.

Leggendo il dossier tematico di Ernst & Young (Beyond Borders: EY Biotechnology Report 2023), appare chiaro che il settore ha amplissimi margini di crescita e che rappresenta una delle risposte strategiche per la competitività del nostro Paese e, al Sud/Zes, per la messa a frutto delle competenze fini sfornate da Atenei e Politecnico.

Sergio Fontana è del ramo (è amministratore delegato di Farmalabor S.r.l.) ed è presidente Confindustria Puglia. Spiega che la sua azienda è «sempre focalizzata sulle malattie rare e sulla possibilità di sviluppare nuovi farmaci che siano green» e che «col progetto Green Pharma, realizzato con UniBa e PoliBa, entro il 2026 saranno assunti 54 ricercatori dalle competenze trasversali, dalla BioIngegneria a competenze più specifiche sul Dna molecolare, sulla Genomica». «Noi - dice - stiamo allargando l’area produttiva in maniera importante perché ho la fortuna di avere commesse rilevanti. Qui abbiamo delle ottime Università pubbliche e private e un ottimo distretto, l’H-BIO Puglia, gestito da Maria Svelto, che però sta facendo le nozze con i fichi secchi, senza dipendenti sta creando un’eccellenza e un vero polo delle Biotech puntando tutto sul capitale umano».

La citata professoressa Svelto (direttrice del Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica dell’Università di Bari) è presidente del Distretto H-BIO Puglia S.c.r.l.: «Noi mettiamo insieme il pubblico e il privato che operano nel settore nella regione, in collegamento col sistema nazionale. Quindi promuovere una dimensione cooperativa tra le strutture pubbliche (Università, Cnr, strutture di ricerche eccetera) e le strutture territoriali. Non è un distretto produttivo. La nostra azione è molto più complessa della mera promozione di un’azienda. Noi promuoviamo l’alta tecnologia perché diventi pervasiva sia in ambito scientifico sia per chi deve produrre innovazione. Ovviamente le grosse imprese hanno valore di guida, una Merck Serono (azienda farmaceutica con mille dipendenti in Italia e una sede nella zona industriale di Bari; ndr) non ha bisogno del Distretto per vivere. Non parlo delle grosse imprese, ma penso ai grossi passi fatti con Masmec e Masmec Biomed (apparecchiature per il medicale e il biotech a Modugno; ndr), alla ITEL Telecomunicazioni di Michele Diaferia (a Ruvo di Puglia; ndr) e tanti altri. In questi anni non facilissimi c’è stata una grossa evoluzione anche culturale del settore e ora il Distretto è partner del progetto importante per la creazione di un hub di Scienze della vita promosso dalla Regione in Puglia (la Puglia Life Science Foundation è nata il 24 luglio con 100 milioni di fondi pubblici, di cui oltre 50 milioni direttamente finanziati dalla Regione Puglia)».

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