Serie C
In campo alle 17.30: il Bari sull'ultimo tram
A Torre del Greco per riacquistare fiducia e coraggio verso i playoff
BARI - S’è detto e scritto di tutto in questi mesi complicati e, per certi versi, poco leggibili. Bivio, svolta, ora o mai più, la faccia da salvare. Tante volte, insomma, a questo Bari è stato chiesto di lanciare un messaggio forte. A se stesso prim’ancora che a tifosi e addetti ai lavori. Ci si aspettava un segnale di vita. L’indicatore di una tendenza destinata a cambiare. E invece nulla di tutto questo. Una squadra che s’è accartocciata su se stessa, prigioniera di limiti e paure, incapace di trasformare i difetti in una maggiore carica emotiva.
E non è stata solo una questione squisitamente calcistica. A preoccupare non è solo l’involuzione del gioco. E nemmeno la discontinuità nell’arco dei novanta minuti. Il Bari di oggi è una realtà senza testa nè coda. Senza un imprinting, nè carne e nè pesce insomma. Nulla che possa lasciar pensare a una squadra ambiziosa. Nemmeno un po’.
Auteri torna, fondamentalmente, per riavvolgere il nastro. E sì, perché guardandola con gli occhi disillusi del presente il suo primo Bari non era, poi, così male. Mai realmente convincente, vero. Ma comunque squadra di esprimere valori. Sprazzi di calcio intenso e propositivo, strappi che lasciavano presagire un crescendo che, invece, non c’è mai più stato. Gli ultimi due mesi hanno, forse, chiarito una volta per tutte che questa è una squadra con una sola strada percorribile: il coraggio. A costo di perdere per strada qualcosa, magari anche di apparire disordinata. Perché quando non va a cento all’ora diventa fragilissima. Quasi impotente.
La «partita» si gioca soprattutto nello spogliatoio. Auteri non avrebbe il tempo per avviare rivoluzioni o cose simili. Deve solo sintonizzarsi col gruppo, mettendo da parte qualche inevitabile scoria rimasta in eredità dalle settimane che furono il preludio al suo esonero. Una scommessa emotiva, se vogliamo. Un patto tra uomini. Quelli veri, s’intende.
La trasferta di Torre del Greco, oggi pomeriggio (17,30), dovrà dire soprattutto questo. Il risultato e la classifica possono anche trasformarsi in un dettaglio, per una sola domenica evidentemente. A patto di rivedere un’anima. Ci stanno gli errori e finanche le sconfitte. Ma la «faccia» dell’ultimo Bari è qualcosa di inaccettabile. Qui non si tratta di avviare processi e di lasciarsi prendere dal fascino del giochino della caccia al colpevole. Stiamo ai fatti, questo deve essere chiaro una volta per tutte. Inequivocabili. Gelidi nel loro inesorabile sviluppo. E non c’entra il disfattismo, per carità. Certe elucubrazioni lasciamole al calcio di provincia. Bari merita una grande squadra di calcio e un ambiente maturo. Punto.
C’è qualcosa che Auteri deve risolvere in fretta e furia. Rimettere Antenucci al centro del progetto è un dovere prim’ancora che una possibilità. Non è importante cosa sia successo a un attaccante che da una vita viaggia all’unisono col gol e che, all’improvviso, si è inceppato. Con Carrera nemmeno un gol su azione, una bestemmia. Non sapremo mai se tra i due s’era rotto qualcosa. Sappiamo, invece, che con Antenucci al top il Bari avrebbe molte più chances di essere competitivo ai playoff. Tocca anche a lui, ci mancherebbe. Gli eventuali problemi con l’ex allenatore non possono certo costituire un alibi per un uomo della sua esperienza e del suo valore tecnico. Che torni in sè, Mirco. Liberandosi da quelle nubi che, da un po’, lo rincorrono senza tregua.
In un mare di dubbi c’è una cosa che pare acclarata e non è un dettaglio. De Laurentiis e Auteri la pensano allo stesso modo: «il Bari è forte». Bene. Fondamentale che ci siano certi tipi di sintonie e che gli equivoci, almeno per ora, siano fugati. Ora, però, c’è da convincere tutti gli altri. Quelli che guardano le partite e scorrono i numeri. Le squadre forti, quelle forti davvero, non hanno bisogno di raccontarlo agli altri. Lo sono in campo. Senza se e senza ma. Ecco, è questo il momento per ricordarlo al mondo intero. Sono tantissimi ad augurarsi di poter dire, tra un mese, «c’eravamo sbagliati». Avanti, Bari. Vediamo chi sei per davvero.