Icaro
L’ora della disobbedienza
L’arte guarda a un mare di pace
Non esiste opera d’arte senza uno stato di necessità, non è nel calcolo, non può germinare lontano da uno stato di crisi che ha sempre radici nell’essere umano e in quella che Maria Corti raccontando il Sacco di Otranto chiamò “L’ora di tutti”. È l’ora di ben altre flotte, di mare e di terra, in questi giorni di notizie che si rincorrono sui social e in fretta rimbalzano sulle colonne dei giornali. È l’ora della disobbedienza civile e della necessità di costruire quella pace che sembra utopica stritolata com’è dai fatti di Gaza. C’è ancora spazio per l’Arte in questo scenario? Ha senso creare opere che distolgono lo sguardo da questo tempo oscuro per l’umanità? Cosa dicono gli artisti?
Driant Zeneli sta lavorando da tempo per rispondere a queste domande e la conseguenza del suo lavoro è un’opera che sarà presentata a Lecce dopo un’intensa fase di realizzazione tra il Parlamento del Bangladesh a Dhaka e il centro per l’arte contemporanea “Srihatta” a Sylhet dove il regista albanese ha girato la sua nuova opera filmica When winds in Monsoon play, the White Peacock will sweep away. Il progetto è stato realizzato coinvolgendo un’importante rete di istituzioni culturali e artistiche in quattro Paesi: la Samdani Art Foundation (Bangladesh), l’EMST Museo Nazionale d’Arte Contemporanea di Atene (Grecia), l’Art House di Adrian Paci e Melisa Paci, di Scutari (Albania) e il Museo Civico di Castelbuono (Italia). Di fronte al fallimento delle istituzioni e delle forme di governo, Zeneli ci ricorda con la sua arte militante che la forza immaginativa sopravvive a ogni rovina. Due gli appuntamenti a Lecce: martedì 14 ottobre, alle ore 19, la prima proiezione ufficiale del film sullo schermo del Cine Lab Bertolucci, prologo della mostra che sarà ufficialmente inaugurata il giorno dopo, mercoledì 15 ottobre, alle 19.00, negli spazi di San Francesco della Scarpa, un allestimento comprende proiezioni in loop di opere-video e di sculture che raccontano il background artistico di Driant Zeneli.
E nel frattempo anche il capoluogo salentino manifesta e aderisce allo sciopero generale indetto dopo il blocco della Flotilla, mentre scrivo questo articolo centinaia di studenti dell’Università del Salento sono in piazza Sant’Oronzo e in corteo nel borgo antico della città barocca per manifestare pacificamente contro i crimini di guerra e il genocidio in corso sotto gli occhi di tutto il mondo. Non a caso,il protagonista del nuovo film-opera dell’artista è un simbolo, un pavone bianco. La narrazione, infatti, è ambientata nel Parlamento di Dhaka e nello Srihatta Art Centre di Sylhet in Bangladesh ed è scandita dalle sei stagioni del calendario bengalese, che diventano stazioni di un viaggio politico e interiore del pavone. Nel film si leggono le tracce delle rivolte del 2024, le proteste, le morti, la caduta di un regime che ha segnato profondamente la storia recente del Bangladesh. Zeneli per raccontare questi eventi li trasfigura in una favola, mostrando come le dinamiche del potere e della resistenza si lascino assorbire nella materia stessa dei luoghi e nei sentimenti personali. Il pavone cade innamorato della propria lacrima: in quell’amore per ciò che egli stesso ha generato scopre la sua parte più segreta e insieme ad essa la consapevolezza della propria finitezza.
La tradizione del realismo magico a cui sembra attingere Zeneli, non introduce gli accadimenti straordinari come rottura ma come continuità, il prodigio è parte della vita quotidiana: anche il prodigio del popolo in rivolta, la disobbedienza civile, la solidarietà ai popoli oppressi. L’interpretazione del controtenore Pasquale Auricchio, ci invita a immedesimarci grazie alla colonna sonora del film firmata da di Francesco Aliberti che ha ibridato strumenti tradizionali bengalesi creando un ponte tra culture.
Le macchine sceniche di matrice barocca e le quinte, realizzate in collaborazione con artisti bangladesi e intrise della cultura locale, sono il linguaggio che Zeneli sceglie per restituire al reale la sua qualità scenica fondendo illusione e artificio. Come l’arcobaleno ritrovato sulla barca in cemento (Those who tried to put the rainbow back in the sky), che i protagonisti cercano di riportare in cielo o l’atto di costruire favole con psicologi lacaniani (Short Fairytales for Adults), i fondali a rullo realizzati dagli artisti del Bangladesh ci riportano in un luogo in cui l’impossibile non è fantastico, ma perfettamente naturale.
Curatrice dell’opera del regista è Laura Lamonea che commenta la mostra in fase di allestimento a Lecce: «Lasciarsi andare all’attrazione del proprio peso, concedersi alla forza invisibile che ci riporta alla terra. La caduta corrisponde all’attimo in cui i corpi o le istituzioni appaiono vulnerabili, è un accadimento che può smontare le impalcature del potere, preparando una nuova scena». L’arte dissente.