chiave di sol

Soavi pagine, soave musica. Un legame eterno

livio costarella

Se c’è da sempre un legame indissolubile tra parole e suoni, l’inchiostro delle lettere d’amore genera spesso ispirazioni felici, leggere come nuvole

Se c’è da sempre un legame indissolubile tra parole e suoni, l’inchiostro delle lettere d’amore genera spesso ispirazioni felici, leggere come nuvole, ma anche profonde e intense. E la musica si nutre di tutto ciò in ogni epoca, sostituendo sovente una lettera cartacea. Ad iniziare dal Medioevo, nel quale trovatori e menestrelli mettono in musica soavi lettere d’amor cortese, come A chantar m’er di Beatriz de Dia, un celebre componimento in forma di lettera amorosa. In epoca barocca Claudio Monteverdi, nell’opera L’incoronazione di Poppea, utilizza lettere e scambi epistolari per sviluppare il dramma; mentre le cantate barocche di Alessandro Scarlatti, contengono diversi elementi epistolari, sotto forma di lamenti o dichiarazioni amorose. In ambito colto, poi, un caso emblematico è quello di Ludwig van Beethoven, il cui epistolario con la misteriosa Amata Immortale (che forse era Josephine von Brunswick o Antonia Brentano Birkenstock) ha dato vita a numerose speculazioni, ispirando altri musicisti e scrittori. Con il celebre Adagio sostenuto della Moonlight Sonata, interpretato come un riflesso della passione e del tormento amoroso che traspare dalle sue lettere. Anche Franz Schubert, con il ciclo Winterreise («Viaggio d’inverno»), ha trovato afflato nella poesia e nelle lettere dell’epoca, trasformando i versi malinconici in una delle più intense raccolte di Lieder mai scritte. 

E che dire di quando le lettere sono state utilizzate come espediente narrativo e drammaturgico nel melodramma? Ne Le nozze di Figaro di Mozart, la lettera di Susanna e la Contessa (Che soave zeffiretto) è un punto cardine dell’intreccio per tendere una trappola al Conte d’Almaviva e smascherare la sua infedeltà. Analogamente, in Eugene Onegin di Ciajkosvkij, la lettera di Tatiana a Onegin è un momento di straordinaria intensità musicale, culmine emotivo dell’opera.

In anni più recenti, in ambito pop, rock e jazz sono innumerevoli le scintille scoccate tra lettere e musica. Un esempio iconico è Letter to Hermione di David Bowie, canzone autobiografica dedicata all’ex fiamma Hermione Farthingale. Mentre Bob Dylan, in Boots of Spanish Leather, costruisce il testo come uno scambio epistolare tra due amanti, in una ballata malinconica e intensa. Dear Prudence dei Beatles è una lettera in musica vera e propria, dedicata a Prudence Farrow (sorella della più celebre Mia), durante il loro viaggio in India con il Maharishi. La ragazza si era rinchiusa in meditazione per settimane intere e Lennon, preoccupato per lei, la esortava a uscire dalla sua stanza, con il celebre verso Won’t you come out to play? («Non vieni fuori a giocare?»). Anni dopo, i Siouxsie and the Banshees hanno dato al brano una indimenticabile veste new wave. 

Il cantautorato italiano? Non è stato da meno: Fabrizio De André utilizza spesso il linguaggio epistolare per comporre testi intensi, come in Preghiera in gennaio, una sorta di lettera aperta dedicata a Luigi Tenco, carica di commozione e profondità emotiva.

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