I libri

Croce e il suo doppio, l'ossessione per Hegel

alfonso musci

Indagine è la parola chivae

«Che cosa c’è? disse il professor Hegel, levando la testa dal suo grande tavolo da studio e dalle carte nelle quali era immerso interrogando la servetta che entrava dopo che egli aveva udito picchiare al prossimo uscio della casa». Con quel bussare, in un incerto giorno del 1831, si annunciava nella casa berlinese del filosofo tale Francesco Sanseverino di Napoli. Comincia così
la novella intitolata Una pagina sconosciuta degli ultimi mesi della vita di Hegel composta da un ultraottantenne Benedetto Croce per svagarsi da una notte insonne nel 30 settembre del 1948. Ne parliamo perché Adelphi su impulso di Michele Ciliberto, che ne ha curato l’edizione, lo ha ora riproposto nella sua “Piccola biblioteca” col titolo Indagini su Hegel (Adelphi 2024, pp. 119, euro 12). Assieme alla “pagina sconosciuta” il volume ripropone il denso «Hegel e l’origine della dialettica» che Croce affidò, assieme alla novella, alla sua ultima opera: Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici (1952).

“Indagine” è parola chiave. Non “saggio” compiuto ma ricerca inquieta, sempre aperta. Utensile critico che restituisce il senso più genuino del dialogo ininterrotto tra il filosofo napoletano e il maestro berlinese. Il suo modo di fare filosofia tra Napoli e la Germania. Chi prenderà tra le mani questo prezioso libro dalla tela verde acqua potrà giungere alla limpida prosa crociana guidato dall’introduzione del curatore: “Croce e il suo doppio”. Ciliberto è un maestro dei nostri tempi. Per tanti anni ha insegnato storia della filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa e dirige ora l’Istituto Italiano per gli Studi Storici di Napoli che Croce fondò nel ‘46 a Palazzo Filomarino, dove aveva dimora e biblioteca. La pagina sconosciuta è novella ma non scritto d’occasione. Stratagemma e maschera teatrale, quella dell’ufficiale napoletano cultore di filosofia tedesca. Ma al contempo è testimonianza verace di sincerità autobiografica. In essa Croce “sdoppiandosi” intreccia l’origine e il tramonto della sua scelta filosofica: il dialogo con Hegel.

Ciliberto è tra gli storici del pensiero contemporanei quello che ha più insistito sulla dimensione autobiografica della filosofia in generale e di quella italiana in particolare. E nel caso di Croce, della sua ‘via autobiografica’, sin dagli anni Ottanta, partendo da questa premessa, ha messo a fuoco quel nesso “malattia-sanità” da cui sempre sgorgherebbe il pensiero più “vivo”. In grado cioè di tradurre la vita in storia e la storia in vita. Aggirando, per Croce, le insidie passivizzanti del soggettivismo e dell’esistenzialismo, ma senza negare una “filosofia della vita”, o meglio “della vitalità” e “per la vita”, insieme di angoscia e speranza. Che in questa scelta di campo (“la storia come pensiero e come azione”) risieda la dimensione ‘civile’ della speculazione crociana non è il caso di dire altro. Non sarà però mai troppa a questo proposito l’insistenza sul peso che nella bibliografia dei suoi lavori letterari, in cui egli avrebbe voluto esaurire il perimetro della sua esistenza, come Catullo voleva essere totus nasus, riveste il Contributo alla critica di me stesso (1915). “Sepoltura dell’io” dirà Cesare Garboli, autorappresentazione nell’atto inesauribile di sopravvivere nell’opera, aggiungiamo noi. Sdoppiamento duplice. Del sé in soggetto che osserva e del sé in oggetto osservato: «perché ciò che lo storico ha fatto agli altri non dovrebbe fare a se
stesso?» diceva Goethe.

La novella è pertanto il resoconto di un dialogo vero, storico, o meglio di un monologo. Per buona parte parlerà solo Sanseverino (Croce) e da discepolo devoto, non fanatico, rivolgerà alla sua autorità paterna in filosofia una spregiudicata invettiva. Hegel, vuol dirci Croce, va difeso da se stesso e dai suoi scolari. E indicando l’autore indica la sua maggiore scoperta, la dialettica: «il negativo non sta di fronte ma dentro il positivo, il male non di fronte al bene ma dentro il bene…». Anche per questo la pagina sconosciuta inventata da Croce ci dice senza infingimenti e per voce di Hegel che “capire” è essenzialmente tradire la “troppa fedeltà”, intendere “criticamente”, “tradurre in altre parole”.

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