la crisi

Azienda sì ma senza operai il rischio beffa per l'ex Om

Il 22 all'asta due opzioni: acquisire «Tua» e i 184 lavoratori o solo il progetto minicar

di GIANLUIGI DE VITO

BARI - È il mese più lungo per l’ex Om. Si gioca una partita assai delicata non solo per la reindustrilizzazione di un’area ormai dismessa da più di sette anni, ma soprattutto per i 184 dipendenti in carico alla fallita «Tua», società che aveva rilevato i lavoratori impegnandosi a realizzare minicar elettriche.

La procedura fallimentare va avanti assieme a un conto alla rovescia dagli esiti incerti. Il 22 marzo è prevista l’asta fallimentare. Di società interessate ad acquisire l’ex Om ce ne sono. E a quanto pare sono più di una. Tre sono aziende pugliesi. Si è fatta avanti la «Carmosino Industries», attiva nella trasformazione dei rimorchi. Giovedì mattina, Giuseppe Carmosino era nello stabilimento della zona industriale per visionare lo stato dei luoghi e quel che rimane dei macchinari, nelle mani del sindaco di Modugno. C’è anche l’interessamento di una «Newco» capeggiata da «Carton Pack» di Rutigliano, interessata a sviluppare le attività di packaging per alimenti e imballaggi per l’ortofrutta. Ci sarebbe una terza azienda, del settore metalmeccanico, pronta a partecipare all’asta. Nessuna delle tre è interessata al quadriciclo pesante con motore elettrico. E nessuna delle tre è in grado di assorbire tutti i 184 ex Om. Non tutti, ma una parte dei 184 sì, e questo consentirebbe di avviare un piano industriale, con l’aiuto della cassa integrazione.

Ci sarebbero anche interessi esteri. Sembra che si siano fatti avanti due investitori dell’automotive. Uno dei due punta al progetto minicar.

Tutto questo dovrebbe per certi versi tranquillizare. E invece no. A destare preoccupazioni è una delle ultime lettere inviate dall’avvocato Alessandra Giovetti, il curatore fallimentare nominata dal giudice del Tribunale di Torino. La «Tua» ha avuto i suoi uomini tutti operativi in Piemonte ed è lì che ha scelto (un caso?) di depositare i registri. Il 22 si terrà l’asta. Giovetti ha informato delle due opzioni previste dalla procedura. Si parte da una base di 300mila euro e ogni rialzo sarà pari a 20mila euro. La quota minima dei 300 mila euro è stata calcolata misurando quel che serve per pagare un eventuale liquidazione ai 184 dopo un ulteriore anno di cassa integrazione che la legge di stabilità 2017-2018 consente. Ma sono le due opzioni che inquietano: 1) fare u’offerta per rilevare tutta la «Tua», il progetto per costruire la minicar, il prototipo (salvo poi accantonarli) e tutti o parte dei 184 lavoratori (con la possibilità di cassa integrazione per un anno) e quindi matiurare il diritto di entrare nell’ex fabbrica di Modugno; 2) presentare un’offerta solo per il quadriciclo. Quello che non è chiaro è quale delle opzioni il curatore fallimentare riterrà congrua. Farà prevalere l’offerta economica che tiene dentro la forza lavoro e che dunque sarà ragionevolmente più bassa, o quella che punta solo alla polpa snella, e cioè al progetto mminicar e che sarà di sicuro più alta perché senza costo del personale? Il timore è che a vincere sarà chi più offrirà e quindi chi punta solo al progetto minicar da realizzare magari in un’altra parte del mondo. Bari e il Sud, e soprattutto i 184 lavoratori, rimarrebbero a bocca asciutta.

D’altra parte, l’interesse di Giovetti è acquisire quanti più soldi possibile per liquidare i creditori. Non è un caso che Giovetti ha già aperto la procedura di licenziamento collettivo dei 184: liberare l’affare dalla zavorra che si chiama costo del lavoro è strategico. Sostenere una soluzione più tutelante per i lavoratori è invece una strada che dovrebbero percorrere istituzioni e sindacati.

Ma la situazione all’interno della taske force occupazione in Regione, con le dimissioni del presidente Leo Caroli, non aiuta. L’uomo che più di altri ha costruito ponti per la reindustrializzazione è per ora fuori gioco. Lunedì il governatore della Puglia, Michele Emiliano, dovrebbe saldarlo di nuovo alla guida della taske force. Mai come in questo momento il tempo è denaro. Perché venerdì 9 marzo i sindacati sono attesi a Torino da Giovetti proprio per discutere del licenziamento collettivo. Avere il 9 Caroli e sindacati uniti e capaci di sbattere i pugni sul tavolo, alla vigilia dell’asta, e discutere di come orientare la scelta delle eventuali offerte, sarebbe una freccia in più all’arco «sudista».

L’unica notizia buona è che proprio il pressing di Caroli e dei sindacati ha consentito di superare gli ostacoli burocratici che impedivano ai 184 di percepire gli assegni di cassa integrazione relativi ai mesi di novembre e dicembre 2017. Una piccola boccata di ossigeno economico è arrivata, mentre la clessidra scorre inesorabile.

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