di Massimo Levantaci
FOGGIA - C’erano una volta le baracche di legno e cartone, oggi ci sono le roulotte. E’ l’evoluzione della specie nell’accoglienza “fai da te” dei migranti, ma la sostanza non cambia. A Rignano, in quello che era fino a poco tempo fa il Gran Ghetto, è tornato tutto come prima. O quasi. I segni dello sgombero di marzo voluto dalla Regione ci sono ancora: l’accampamento in tutta la sua enorme estensione non c’è più. Ma ora i “lavoratori della terra” - come vengono chiamati dai volontari che li assistono in questa sorta di lotta per l’autodeterminazione - hanno trovato riparo in più confortevoli caravan.
All’inizio, nei giorni immediatamente successivi allo sgombero, se ne contavano una decina ed era quella già una presenza ingombrante per quello che sarebbe dovuta diventare la zona - era in atto uno sgombero - almeno nelle intenzioni della Regione. Adesso l’accampamento è diventato una specie di camping e con l’arrivo di nuovi migranti in coincidenza con l’incalzare della raccolta del pomodoro, sono ricomparse anche le baracche di cartone.
Il Gran Ghetto insomma è sempre là, magari un po’ più ristretto. La Regione ci ha provato, il pugno di ferro di Emiliano e della Dia (direzione investigativa antimafia), che ha posto l’area sotto sequestro, hanno però dovuto anche fare i conti con un intoppo imprevisto, tragico: la scomparsa del dirigente Stefano Fumarulo nell’aprile scorso. «Senza il regista dell’operazione si è fermato tutto, inutile nasconderlo», dice don Andrea Pupilla direttore della Caritas di San Severo. «Fumarulo era un vulcano di idee, anche la Regione dopo la sua morte è parsa disorientata ad assumerne una qualche eredità». «Adesso si naviga a vista - aggiunge Diego De Mita presidente dell’Anolf Cisl - noi operatori non sappiamo come muoverci. L’Anolf a settembre farà alcune proposte operative adesso è troppo tardi: chiederemo alle istituzioni di allestire un campo mobile per l’accoglienza che segua in tutta Italia le esigenze del mercato in tutte le aree del Paese dove c’è raccolta di prodotti agricoli. Siamo convinti che questa proposta risolverebbe un mucchio di problemi. Innanzitutto logistici: oggi i migranti sono sparpagliati, un gruppo vive nelle strutture regolari di Casa Sankara e dell’Arena (San Severo: ndr), un altro ben più cospicuo si è sistemato sulla pista a borgo Mezzanone. Ma paradossalmente era più facile per noi operatori seguirli in un unico posto, che star dietro a ogni accampamento. Prima il Gran Ghetto raccoglieva l’80% dei migranti in provincia di Foggia. Ed era un minimo organizzato: l’acqua, ad esempio, a Rignano c’era per tutti invece sulla Pista la dotazione per 300 persone ora deve bastare per 2000».
Eppure qualcosa di nuovo lo sgombero e l’opera di Fumarulo l’hanno lasciata. Le due strutture legalizzate del Comune di San Severo ospitano all’incirca 220 persone (40 all’Arena, 180 a Casa Sankara) anche se, una volta sistemata l’accoglienza, tutto il resto è stato demandato alla buona volontà degli operatori locali. «Dopo lo sgombero non c’è stata alcuna azione efficace per dare concretezza a quell’impegno», riprende Pupilla. «Sul tema dei trasporti non si è fatto granchè e sull’affermazione della legalità del lavoro neppure. La Caritas ha affiancato la Regione, i centri territoriali dell’impiego e i sindacati, ma sul tema dei reclutamenti sono sempre i caporali che vengono a prendere i lavoratori da portare nei campi davanti a questi che sono diventati ghetti legalizzati. A Rignano - aggiunge Pupilla - la presenza anomala di roulotte era già evidente da aprile, oggi ci saranno almeno 600 persone in quello stato. Sull’intermediazione illegale bisogna intervenire una volta per tutte altrimenti sarà sempre così: la legge sul caporalato fronteggia alcuni aspetti, ma è la cultura e la mentalità che devono cambiare dalle nostre parti. Servono iniziative di accoglienza e di integrazione, noi ce l’abbiamo messa tutta per dare un diritto nuovo e combattere un sistema. Ma ora - conclude Pupilla - mi sento un po’ frustrato da questo punto di vista. Vedo l’assenza della Regione in questo momento ed ho il timore che l’accoglienza offerta ai migranti in quel periodo sia strutturale. Non doveva andare così: le strutture di Casa Sankara e dell’Arena dovevano essere accoglienze temporanee, prima di Pasqua doveva finire tutto. Ora siamo al punto di partenza».