l'ex inviato di striscia
«I servizi falsi di Mingo truffa da 170mila euro»
Il comico rischia il processo. La difesa: rispettati i contratti
di Giovanni Longo
BARI - Tra Rti che assicura: non sapevamo che alcuni servizi fossero taroccati e la Mec di Domenico De Pasquale in arte Mingo e Corinna Martino che minimizzano: al massimo preparavamo un «epilogo scenico» su fatti veri, la Procura di Bari, non ha dubbi: crede alla prima. L’inchiesta approdata ieri in udienza preliminare (il giudice ha rinviato per un difetto di notifica a una delle persone offese) è quella sul presunto raggiro ai danni di Striscia la Notizia da parte della «redazione» barese. In realtà, non da parte di tutta la «redazione». La Procura, infatti, ha chiesto l’archiviazione per il «buon» Fabio De Nunzio, assistito dall’avvocato Alessandro Iacobelli, «del tutto estraneo alla vicenda», scrive la Procura.
Una miscela esplosiva composta da servizi che sarebbero stati taroccati (dieci in tutto tra il 2012 e il 2013) e costi che sarebbero stati ribaltati a Rti per i «figuranti», senza che in realtà fossero dovuti dalla società del gruppo Mediaset che trasmette il Tg satirico più famoso d’Italia. Una nota spese gonfiata dopo l’altra, si è arrivati a una presunta truffa che si aggira sui 170mila euro ai danni di Mediaset. Una somma notevole che si aggiunge al forfait di 160mila euro a stagione che Rti riconosceva alla Mec, amministrata dalla Martino, moglie di Mingo e di cui il noto attore è socio.
I reati contestati a vario titolo sono truffa, simulazione di reato, falso, calunnia e di diffamazione ai danni di alcuni autori del programma, indicati in comunicati stampa e sui social come corresponsabili ed ideatori dei servizi falsi. Agli atti, ci sono anche le sommarie informazioni di Alberto Filippo Salaroli, produttore esecutivo di Striscia. Quando i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria che hanno condotto le indagini coordinate dal pm Isabella Ginefra gli chiedono se i servizi della redazione fossero rappresentazioni di situazioni realmente esistenti, ma difficili da documentare, Salaroli risponde: «Mai avrei potuto autorizzare la messa in onda di servizi realizzati in tal modo anche perché fuori dall’etica e dalla rigorosa linea editoriale del programma».
«I fatti così come prodotti nei servizi (nel mirino, ndr) dalla Mec e non da Rti - scrive la Procura nella richiesta di archiviazione per Antonio Ricci, Salaroli e persino per il duo comico Fabio e Mingo inizialmente indagati a vario titolo per diffamazione e calunnia in relazione alle denunce contro di loro di Ricci e alla epurazione dal programma a mezzo Gabibbo - sono costruiti ad arte dal primo all’ultimo secondo, con artifizi e travestimenti, percosse e false attestazioni di giornate lavorative al solo fine di ingannare gli autori del programma che, in sole 24 ore, a 1.000 chilometri di distanza, non potevamo determinare l’autenticità delle riprese ma solo verificarne i contenuti di interesse al programma». Sul punto la Procura «volutamente» tralascia «l’aspetto ingannevole anche nei confronti del pubblico televisivo da sempre orientato a ritenere Mingo & Fabio riferimenti pubblici di legalità».
Ma Mingo e sua moglie Corinna hanno sempre sostenuto di avere rispettato tutte le condizioni previste dai contratti, sia quello che regolava i rapporti tra Rti e l’attore Mingo, sia quelli tra Rti e la Mec. Di conseguenza, hanno sostenuto in sintesi, non può esserci stata alcuna truffa. Per tutti servizi, poi, è sempre stata la loro tesi, la produzione barese aveva ricevuto segnalazioni e in ogni caso era compito di Rti verificare il contenuto. «Strisicia non è un Tg, è un varietà», ha più volte dichiarato Mingo.