Gli usa hanno scelto

Trump eletto presidente «Alleanze, non conflitti» Borse in calo anche in Europa

ROMA - Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti: ha conquistato la Casa Bianca assicurandosi almeno 276 grandi elettori, lasciando Hillary Clinton a quota 218, una distanza oramai impossibile da colmare.

«Sarò il presidente di tutti gli americani»: così il nuovo presidente americano nel primo discorso. «Cercheremo alleanze, non conflitti, nel mondo». Lo afferma, sottolineando che gli Stati Uniti «andranno d’accordo con tutti coloro che vorranno andare d’accordo con noi». «Vi prometto: non vi deluderò mai. La campagna è finita, ma il lavoro di questo movimento continua». 

Dimostrazioni di protesta contro Trump stanno avendo luogo in diverse città degli Usa: da Oakland (California) a Los Angeles, a Portland (Oregon) e New York. All’Università della California a Los Angeles «diverse centinaia» di studenti si stanno radunando, mentre a Portland i dimostranti hanno anche acceso un falò. Proteste anche a Davis (California) e alla Columbia University di New York.

Dopo la Brexit, dunque arriva il ciclone Donald Trump. L’inimmaginabile diventa realtà e il tycoon di New York - disprezzato e sottovalutato da stampa e analisti - diventa il nuovo comandante in capo dell’unica super potenza rimasta al mondo.
La rabbia e il malessere trasversali che pervadono le società occidentali hanno colpito anche in America dopo aver destabilizzato mezza Europa. La profonda crisi economica, diventata prima crisi sociale e poi crisi culturale e di identità, produce una pagina di storia che lascerà il segno e che cambierà i destini degli Stati Uniti e, di conseguenza, del mondo intero che vive sulla propria pelle le nefaste conseguenze - dopo averne lodato gli aspetti positivi - di una globalizzazione che ha spazzato via la classe media occidentale.

Donald Trump diventa presidente degli Usa grazie ai voti di chi si sente escluso dalla società e ritiene di non aver trovato risposte adeguate dalla politica tradizionale, di chi, nel Paese delle opportunità e del 'sogno americanò, non riesce più a intravedere una strada per il futuro.

Il rifugio nei populismi e negli slogan anti-sistema arriva anche negli Stati Uniti così come è, da tempo, arrivato in Europa dove i partiti anti Bruxelles continuano ad avanzare ad ogni appuntamento elettorale.

In America sono stati i colletti blu e gli operai della rust belt, in buona parte senza più un lavoro, ma anche cittadini stanchi e disorientati da un ripresa economica che non incide in maniera significativa nelle loro vite a decidere la vittoria di Trump al termine della più brutta e cattiva campagna elettorale di tutti i tempi.

Sono gli uomini e le donne che si sono sentiti dimenticati e trascurati dalla campagna elettorale della candidata democratica. Al contrario, Trump ha attraversato in lungo e in largo proprio quegli Stati dove la crisi economica morde ancora e dove l’inquietudine e la rabbia sono i sentimenti più diffusi nei confronti della politica.

Il partito democratico e Hillary Clinton hanno compiuto molti errori. Lei è rimasta algida e lontana dal cuore dei suoi elettori che, in gran parte, l’hanno votata ritenendola semplicemente il 'male minorè. Clinton non è stata capace di fuggire dalle trappole di Trump che l’ha costretta ad una battaglia elettorale di bassissimo livello, con pochi contenuti e molti insulti.

Adesso Trump dovrà valutare in quale modo mantenere le tante promesse fatte durante la campagna elettorale. Alcune sembrano francamente irrealizzabili, ma se la Brexit e le elezioni americane insegnano qualcosa è che il mondo ha cambiato tempi e velocità e che quello che ieri, nel bene e nel male, sembrava impossibile oggi forse non lo è più.

Trump dichiarerà davvero una guerra commerciale alla Cina? Stringerà rapporti forti con la Russia di Vladimir Putin? Costruirà un muro al confine messicano cacciando tutti i clandestini? Costringerà gli alleati europei a pagare di più per la difesa collettiva della Nato?

Queste sono le domande che il mondo si pone nel giorno che ha cambiato la storia degli Stati Uniti e del mondo intero e che apre la nuova imprevedibile era di Donald Trump.

E intanto, i mercati mondiali sono crollati. Gli investitori temono per le ripercussioni sul fronte economico, commercio e immigrazione. Si attende anche la decisione della Federal Reserve che, dopo l’appuntamento elettorale, potrebbe aumentare i tassi. Le Borse asiatiche sono tutte in calo. Tokyo ha chiuso a -5,4%, Shanghai e Shenzhen -0,6 mentre Seul -2,2%. In apertura, Milano perde il 2,4% con il Ftse Mib a 16.413 punti, Parigi - 2,8% a 4.350 punti, Londra - 1,6% a 6.843 punti.

LE REAZIONI - Europa inquieta ma decisa a guardare avanti, Russia in festa. In tutto il mondo già ci si interroga sull'inattesa vittoria del controverso Donald Trump alle presidenziali americane.

Da Bruxelles la prima reazione è stata di preoccupazione: il presidente del Parlamento Ue Martin Schulz ha affermato che «la relazione transatlantica diventerà più difficile». Di apertura, invece, i messaggi delle altre autorità comunitarie. "Continueremo a lavorare insieme, i legami tra Ue e Usa sono più forti di ogni cambiamento», ha sottolineato l’Alto rappresentante Federica Mogherini, mentre i presidenti del Consiglio e della Commissione Donald Tusk e Jean Claude Juncker hanno invitato Trump a visitare l’Europa, affermando che "oggi è più importante che mai rafforzare le relazioni transatlantiche».

Dall’Italia il premier Matteo Renzi gli ha augurato buon lavoro, «convinto che l’amicizia resti forte e solida» e rilevando che «questo è il punto di partenza per tutta la comunità internazionale anche al netto di certe diffidenze campagna elettorale. Gran Bretagna e Usa rimarranno partner "stretti e vicini», ha assicurato anche la premier Theresa May. Più fredda Berlino con il ministro degli esteri che dice: 'dobbiamo accettarlo».

La reazione più attesa era probabilmente quella del Cremlino, accusato da più parti di aver tentato addirittura di sabotare il voto americano in favore di Trump. Vladimir Putin si è congratulato con il prossimo presidente, augurandosi che i "rapporti russo-americani possano uscire dalla crisi». Congratulazioni sono arrivate anche da un altro 'uomo fortè, il presidente egiziano al-Sisi. E poi ancora da India, Giappone, Spagna, con Rajoy che parla di «eccellenti prospettive». Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha auspicato di incontrare Trump quanto prima. La Corea del Sud, invece, ha convocato il Consiglio sulla sicurezza nazionale, preoccupata per l’approccio «non convenzionale» verso la Corea del Nord dichiarato da Trump.

I palestinesi hanno ricordato a Trump che è necessaria una soluzione a due Stati in Medio Oriente. L’Iran ha auspicato che Trump rispetti gli accordi sul dossier nucleare. Il presidente cinese Xi Jinping ha inviato un messaggio di congratulazioni affermando di voler lavorare con lui nel rispetto del «win-win principle», vale a dire di una collaborazione vantaggiosa per entrambe le parti. 

Il Vaticano si è espresso attraverso Pietro Parolin, segretario di Stato. «Prendiamo nota con rispetto della scelta espressa dal popolo americano, che mi dicono anche essere stata caratterizzata da una forte affluenza alle urne. E poi facciamo gli auguri al nuovo presidente, perché il suo servizio possa essere fruttuoso e assicuro anche la nostra preghiera che lo illumini e lo sostenga nel servizio della sua patria ma anche nel servizio del benessere e della pace nel mondo: c'è bisogno di lavorare tutti per cambiare la situazione mondiale che è di grande lacerazione».

LE PROSSIME TAPPE - Donald Trump è il nuovo presidente Usa, ma prima che si insedi alla Casa Bianca passeranno oltre due mesi. Un periodo durante il quale lo Studio Ovale continuerà ad essere occupato da Barack Obama.
Non a caso il presidente uscente dopo il voto continuerà ad esercitare le sue prerogative, anche con un ultimo viaggio in Europa per incontrare i principali leader europei a Berlino e partecipare a un vertice internazionale in Sudamerica. Il tutto dal 14 al 21 novembre.

Il primo vero atto politico del nuovo Commander in Chief sarà il discorso sullo stato dell’Unione a fine gennaio, primi di febbraio.

* PRESIDENTIAL TRANSITION. E’ un periodo di interregno tra l'elezione del nuovo presidente e il suo effettivo ingresso alla Casa Bianca. Dura oltre due mesi, nel corso dei quali si completa il processo elettorale. Processo che si conclude con l'insediamento del nuovo Congresso chiamato a confermare il voto dei 'grandi elettorì. Nel frattempo il presidente entrante designa la sua amministrazione: dai membri del nuovo governo ai vertici di tutte le principali agenzie federali.

* INAUGURATION DAY. La data è fissata per il 20 gennaio 2017. E’ il giorno dell’investitura del nuovo presidente e del cambio della guardia con Barack Obama. Momento clou è il giuramento, seguito dalla tradizionale parata a Washington lungo Pennsylvania Avenue, la principale arteria di collegamento tra Capitol Hill, sede del Congresso, e la Casa Bianca.

* STATE OF THE UNION. La data viene fissata tra la fine di gennaio e i primi di febbraio. Il nuovo presidente terrà un discorso davanti al Congresso riunito in sede plenaria per tracciare le linee guida della sua agenda legislativa e del programma che intende attuare durante il suo primo anno di mandato. Ogni anno si apre con il discorso sullo stato dell’Unione del presidente degli Stati Uniti.  

Privacy Policy Cookie Policy