La ricerca petrolifera non si ferma. Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso della Regione Puglia a sostegno delle località costiere (in prima fila Mola di Bari, Polignano a mare e Monopoli), degli operatori turistici e le marinerie che chiedono di fermare le trivelle per evitare «la perdita dell’80% del pescato».
Dopo l’approvazione da parte del ministero dell’Ambiente di 3 provvedimenti di Via (valutazione d’impatto ambientale), relativi alla trivellazione del fondo marino per la ricerca di idrocarburi al largo di Mola, Polignano, Monopoli, Giovinazzo, Bari, Fasano, Ostuni e Carovigno da parte delle inglesi Northern e Spectrum Petroleum, i Comuni del Barese sono stati informati di altre autorizzazioni per la ricerca di petrolio con air gun, una tecnica di ispezione dei fondali marini eseguita con esplosioni continue per verificare la presenza di petrolio. Queste le aree interessate: a 20 km a Est di Mola e 10,2 km da Monopoli su una superficie di 264,20 km quadri; a 41,2 km dalla costa tra barese e brindisino su una superficie di 741,8 km quadri; a 40,9 km dalla costa a Nord-Est di Brindisi e su una superficie di 729,3 km quadri; a una distanza dalla costa pugliese pari a 46,3 km tra il Gargano e Leuca e su una superficie di 14.327 km quadri.
Queste autorizzazioni hanno sollevato le proteste del governatore Emiliano e degli amministratori, tutti sul piede di guerra. «Il rischio reale – spiega l’ingegnere ambientale Giuseppe Deleonibus, consulente del Comune di Polignano e autore di uno studio in 333 pagine inviato al Ministero come osservazioni alle autorizzazioni richieste dalle società petrolifere – riguarda la riduzione del pescato calcolata nel 70% in un raggio di 8 km dalle zone individuate, oltre i danni alla biodiversità, alla flora e alla fauna marina».
Da Roma la doccia fredda. Il Tar Lazio (con sentenza del 26 settembre 2016, divulgata ieri mattina) ha respinto il ricorso della Regione Puglia contro il rilascio del parere positivo di compatibilità ambientale rilasciato dal ministero dell’Ambiente, consistente nella ricerca sismica con tecnica di air-gun con rilevamento sismico 2D, del programma lavori collegato al permesso di ricerca per idrocarburi al largo della costa barese, presentato da Northern Petroleum.
«Il collegio, in prima istanza - spiega l’ing. Deleonibus - ha reputato opportuno precisare il contenuto del progetto collegato al permesso di ricerca per idrocarburi in mare denominato convenzionalmente “d 61 FR NP” che riguarda un’indagine sismica in un’area di 733,5 kmq localizzata nel Mare Adriatico meridionale.
L’area interessata si colloca al di fuori della fascia di tutela. Inoltre, l’area interessata ha una distanza minima dalle coste oltre le 12 miglia marine e ricade totalmente all’esterno delle aree di divieto. Il progetto in questione non riguarda né la ricerca di idrocarburi né, tanto meno, l’estrazione e coltivazione degli stessi bensì un’indagine sismica». «Il collegio - aggiunge l’ingegnere - ha ritenuto di precisare tale dato alla luce della facile tendenza a confondere l’attività di prospezione con quella di ricerca, che sono, in realtà, nettamente distinte sia su un piano fattuale sia sotto un profilo giuridico. In secondo luogo il collegio ha sottolineato che il caso specifico è sottoposto a Via (valutazione d’impatto ambientale) di esclusiva competenza statale, per cui il parere regionale è reso ai soli fini istruttori». I sindaci fanno sapere che chiederanno al presidente Emiliano di ricorrere al Consiglio di Stato.
Trivelle in Adriatico, il Tar
Venerdì 30 Settembre 2016, 09:45
01 Ottobre 2016, 09:05