i documenti falsi per gli attentati
Bari, al setaccio l'iPhone dei due sospetti terroristi
I tre arrestati da Digos e Carabinieri. L'inchiesta della Dda Fari sui due iracheni britannici
BARI -Un iPhone 6. E un Samsung. L’inchiesta sui due cittadini britannici di origini irachene indagati per associazione finalizzata al terrorismo internazionale, in carcere con le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e possesso di documenti falsi, riparte da qui. E cioè dall’esame dei dati sui due cellulari nella loro disponibilità sequestrati dalla polizia giudiziaria al momento del fermo.
Stando alle indagini degli agenti della Digos della Questura di Bari e dei carabinieri del Ros, coordinati dai pm della direzione distrettuale antimafia, Renato Nitti e Roberto Rossi, i due uomini, entrambi di 31 anni, avrebbero avuto il compito di consegnare a Bari passaporti falsi a chi - questo è il terribile sospetto - avrebbe potuto poi circolare liberamente in Europa per commettere attentati.
Tra gli obiettivi della presunta cellula terroristica di cui i due britannici, iracheni di origine, avrebbero avuto un ruolo di supporto logistico, limitatamente, appunto, alla consegna dei documenti falsi, non si esclude ci fosse anche l’Italia.
La direzione distrettuale antimafia, competente anche sul terrorismo, sta lavorando anzitutto sulla rete barese di supporto per poi andare a ritroso, tentando di scoprire un anello dopo l’altro della lunga catena del terrore. Per farlo potrebbero essere molto preziosi i dati contenuti nei due cellulari sequestrati insieme a contanti e altri documenti che si spera possano fornire elementi utili alle indagini. Rubrica telefonica, messaggi, posta elettronica, foto, video sono dati che potrebbero essere cruciali. Con chi parlavano? Quali erano i loro referenti su Bari? In che modo è articolata la loro presunta rete pugliese di appoggi? A chi facevano realmente capo coloro che sembra avessero un ruolo di supporto, altrettanto pericoloso anche se meno «operativo» rispetto a un kamikaze?
Un’inchiesta delicatissima al punto che il procuratore, Giuseppe Volpe, la sta seguendo in prima persona.
Del resto, l’ipotesi investigativa è che Bari possa essere un luogo di passaggio di terroristi e base per supporto logistico - alloggio e documenti falsi - a foreign fighters.
Gli accertamenti sono partiti da un’altra inchiesta barese su un presunto componente della cellula jihadista di Ansar Al Islam, il 45enne iracheno Muhamad Majid, arrestato lo scorso dicembre sempre a Bari e attualmente detenuto nel carcere di massima sicurezza di Rossano, in provincia di Cosenza. Dagli atti di quella indagine, infatti, sono emersi contatti fra Majid e il connazionale 38enne, sedicente avvocato, arrestato in flagranza di reato nel centro di Bari con documenti falsi qualche giorno prima rispetto al fermo dei due britannici-iracheni. Con sé aveva una carta d’identità della Repubblica Ceca, da cui risultava che lui fosse un finlandese («L’ho pagata 500 euro a un albanese in piazza Moro», aveva detto). Dopo una perquisizione, la polizia giudiziaria ha trovato nella sua disponibilità altri tre passaporti iracheni falsi. («Sono costati 5.000 euro», ha aggiunto). L’inchiesta ha avuto un’accelerazione - pare - proprio a seguito delle parziali ammissioni del 38enne iracheno il quale ha raccontato di essere in contatto con un personaggio di spicco del terrorismo internazionale con base in Iraq. Dichiarazioni sulle quali sono in corso verifiche.
E veniamo al fermo dei due britannici-iracheni e ai loro cellulari. L’inchiesta, infatti, riparte da qui. In particolare dall’analisi dei dati contenuti in un iPhon 6 e in un Samsung. Chissà se possono svelare pericolose trame.