ANDRIA - Sotto accusa da parte dei Verdi il commercio e l’impianto di un albero - flagello, l’ailanto. Tanto da chiedere al Sindaco di mettere in atto provvedimenti che servano a tutelare il territorio dall’infestazione dell’ailanto. A farsi portavoce di questa problematica l’ambientalista Nicola Montepulciano, dei Verdi di Andria, che richiama l’attenzione sulla infestazione di questa particolare specie arborea non autoctona, presente anche sul nostro territorio. «L’Ente Parco dell’Alta Murgia sta conducendo il lodevolissimo programma Life Alta Murgia per l’eradicazione dal Parco dell’ailanto – si legge nella nota di Montepulciano - E’ un albero che non appartiene alla flora italiana ed è un disastro per la nostra natura ed agricoltura. Non vi sono riviste specializzate che ne parlino bene. Nella nostra città lo si rinviene, intenzionalmente piantato, lungo via Vaccina e lungo viale Gramsci, bilateralmente. Tutte le componenti di questo vegetale, in particolare le foglie, emettono un odore disgustoso. Il frutto è una samara contenente il seme ed è a forma elicoidale in modo da poter sfruttare il vento per la disseminazione e, perciò , può volare per decine e decine di metri. Il legno è poco resistente e per questo è poco usato.
L’ailanto può provocare allergia, non è da considerarsi essenza forestale e neppure consigliabile come albero ornamentale dato l’odore insopportabile. Sembra che emetta sostanze chimiche per non far nascere vegetali concorrenti nelle vicinanze. Introdotto dalla Cina in Europa, in Italia arrivò nel 1760; per la facilità con cui si riproduce lo si trova dappertutto: lungo le strade, le scarpate, negli incolti, fra le siepi, nei vasi sui balconi e terrazze, fra le traversine ferroviarie, fra le più piccole crepe degli asfalti e dei muri di case abbandonate e non, sui resti di lavori dell’edilizia , fra i muretti a secco, sui resti archeologici, nei giardini pubblici e privati e altri posti ancora. È il cd. inquinamento verde – denuncia Montepulciano – e spesso produce danni ai manufatti. Nel nostro territorio, già nel 1999 si è rivelato terribilmente invasivo ed infestante e la Lama di S. Margherita non è sfuggita a questa infestazione a causa dei semi rivenienti da alcuni ailanti maldestramente messi a dimora nell’orto botanico dell’Istituto Tecnico Agrario. Anche la dolina del Gurgo non si è salvata, invasa dai semi prodotti da due ailanti». Da qui l’appello alle istituzioni ed in primis al sindaco Giorgino a vietarne il commercio; eliminare anche il più piccolo albero di questa specie, garantendo, in sostituzione, una nuova e diversa piantumazione. L’invito è rivolto anche a tutti i cittadini ad eliminare questo albero – flagello, specie se su un terreno agricolo.















