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Quel «genio» dei caveau inseguito dalla «Società»

 
Quel «genio» dei caveau inseguito dalla «Società»

Domenica 15 Marzo 2015, 11:07

03 Febbraio 2016, 06:42

FOGGIA - In attesa del processo d’appello e libero dopo la condanna a 6 anni e 10 mesi in primo grado quale presunta mente del furto da 5 milioni e 350mila euro nel caveau dll’istituto di vigilanza «Np service», per la quale la mafia foggiana gli avrebbe anche inutilmente chiesto un pizzo di 500mila euro; in attesa di giudizio nel processo in corso ad Ancona per un progettato furto, mai attuato, da 200 milioni di euro nel caveau della Banca d’Itala del centro marchigiano; in attesa di giudizio davanti al gup di Fermo, con udienza preliminare fissata a maggio, per l’inchiesta «Kasioca» dov’è accusato della ricettazione di uno yacht di 31 metri sparito; arresti e assoluzioni per rapine, furti milionari, contrabbando. Ecco il curriculum giudiziaro di Olinto Bonalumi, 56 anni li compirà a giugno, imprenditore foggiano che degli ultimi 5 anni ne ha trascorsi molti tra carcere e domiciliari, principale indagato del blitz «Goldfinger» contro la banda dei caveau, scattato all’alba del 10 marzo con l’emissione di 15 ordinanze (9 in carcere, 4 ai domiciliari, 2 obblighi di firma) per il furto da 15 milioni nel caveau delle cassette di sicurezza del Banco di Napoli di piazza Puglia del marzo 2012; e il progetto di furto nel caveau delle gioiellerie del gruppo «Sarni oro» al centro commerciale, sventato dalla squadra mobile nell’agosto 2012.

Arresti e assoluzioni - Il passato remotissimo di Bonalumi ritenuto un «genio» dei furti e che può replicare con una serie di assoluzioni, racconta di una rapina in gioielleria a Lecce nel ‘82; di un arresto a Foggia il primo ottobre dell’86 per la rapina compiuta da 137 milioni di lire compiuta la mattina del 30 maggio precedente davanti all’ex Buitoni (due false guardie giurate aggredirono e rapinarono il portavalori che trasportava gli stipendi destinati ai cassintregrati) per cui fu poi assolto; il proscioglimento sempre sul finire degli anni Ottanta da un accusa di droga; di una lunga carcerazione di un anno, dal 20 ottobre del ‘92 al ‘93, perchè arrestato con altre 5 persone (compresi due foggiani) per il furto da 80 miliardi di lire compiuto nel febbraio del ‘92 nel caveau della Banca nazionale del lavoro di Reggio Calabria: lui, ritenuto la mente del colpo, fu assolto in tutti i gradi di giudizio.

I blitz della Dda - Di Olinto Bonalumi si interessarono anche la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, facendolo arrestare il 31 novembre del ‘99 nell’operazione «Project 2» su un colossale contrabbando di sigarette che l’avrebbe visto alleato con campani; e la Dda di Bari che il 20 marzo del 2000 ne chiese e ottenne l’arresto per concorso esterno in associazione mafiosa, sostenendo che favorì il boss barese Donato Laraspata: Bonalumi fu assolto anche da questa imputazione. L’ultimo arresto il 30 ottobre del 2006 per poche ore per inosservanza della sorveglianza speciale, poi i riflettori della cronaca tornano ad accendersi - suo malgrado - il 6 novembre del 2009 quando squadra mobile e carabinieri lo arrestano con altre due persone perchè ritenuto l’organizzatore del furto da 5 milioni e 350mila euro compiuto il primo maggio precedente nel caveau dell’istituto scorta valori «Np service» al Villaggio artigiani.

I 5 milioni rubati - Un ladro mai identificato senza colpo ferire (ossia senza ricorrere a scassi) entrò nella «Np service», vi restò tre ore filmato dalle telecamere, rubò da una delle casseforti il contante destinato a essere consegnato il giorno dopo a uffici postali per pagare pensioni. Bonalumi finito in cella si disse innocente, restò in carcere per oltre un anno: il 30 novembre 2010 ottenne i domiciliari, l’8 aprile 2011 fu rimesso in libertà, il 20 ottobre 2011 il giudice monocratico gli inflisse 6 anni e 10 mesi, il processo d’appello non è ancora fissato.

E la mafia bussò a soldi - Peraltro per questo furto milionario già un mese dopo il colpo nel caveau della «Np service» - ossia nel giugno 2009, molto prima che si sapesse del coinvolgimento di Bonalumi che fu arrestato nel novembre successivo - la mafia foggiana preteso senza riuscire un pizzo di 500mila euro da Bonalumi, quasi una sorta di «tassa» sul bottino. Il tentativo di estorsione ai danni del presunto ladro emerse dall’inchiesta antimafia «Corona» (23 arresti nel luglio 2013, 38 imputati): alcuni imputati, tra cui il capo-clan Raffaele Tolonese, sono stati anche condannati per questo reato in primo grado.

«La banda della magliana» - E’ il 26 agosto del 2012 - Bonalumi è libero quindi da un anno e mezzo - quando la squadra mobile diffonde un comunicato stampa su «lo strano furto della banda della Magliana a Foggia». Successe che i poliziotti fecero irruzione in un ristorante al Villaggio Artigiani «dov’erano stati segnalati rumori e presenze sospette durante i giorni di chiusura dell’esercizio», identificò tre romani (ora arrestat nel blitz «Goldfinger») cui saranno notificati fogli di via; e due foggiani, ossia Bonalumi e Federico De Matteis, ricercato per il blitz di cinque giorni fa. L’accusa sostiene ora in «Goldfinger» che i 5 si preparassero a svalgiiare il caveau delle gioiellerie del gruppo Sarni al centro commerciale.

Il furto da 200 milioni - Passarono meno di due mesi dall’irruzione dei poliziotti nel locale foggiano, e il 2 ottobre del 2012 Bonalumi finì nuovamente in cella su ordinanza del gip di Ancona che firmò 4 provvedimenti di cattura per un presunto progetto di furto da 200 milioni di euro da compiere nel caveau dell Banca d’Italia del centro marchigiano, con la complicità di un carabiniere che invece raccontò tutto ai superiori: per questa vicenda Bonalumi rimase detenuto tra carcere e domiciliari sino al luglio del 2013, il processo è in corso e si dichiara innocente.

Lo «yacht» sparito - Tornato libero quindi nel luglio 2013 per l’inchiesta marchigiana, Bonalumi (e con lui De Matteis) fu riarrestato a Foggia dalla squadra mobile il 4 ottobre del 2013 su ordinanza del gip di Genova nel blitz «Kasioca»: l’inchiesta, dal nome di uno yacht rubato nel porto di Genova, sfociò nel blitz con l’emissione di 12 ordinanze di custodia cautelare contro una presunta banda composta da italiani e stranieri che rubava e ricettava barche di lusso rivendendole all’estero. Il gip di Genova negò l’arresto di Bonalumi per il più grave reato associativo, ma lo mandò comunque in carcere per la ricettazione di «Life», una barca di 31 metri ormeggiata nel maggio 2012 a Porto San Giorgio: l’accusa ipotizza che l’associazione abbia portato la barca in Croazia per rivenderla per 800 mila euro, metà destinati a Bonalumi: lui replica che è la vittima della vicenda, il «Life» l’aveva acquisito lecitamente acquistando una società emiliana, venendo poi truffato da un calabrese che gli propose di vendere lo yacht senza però aver mai riscosso un euro. L’inchiesta fu trasferita per competenza a Fermo, Bonalumi rimase in cella sino al gennaio del 2014 quando il gip di Fermo gli concesse i domiciliari, cui seguì dopo qualche tempo la rimessione in libertà: l’udienza preliminare si svolgerà tra due mesi.
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