Cliniche private e liste d'attesa Fiore mette il turbo

di BEPI MARTELLOTTA
BARI - L’assessore alla Salute Tommaso Fiore sale sul ring e lancia l’«uno-due» nei confronti delle cliniche e laboratori privati che, dopo il blocco dell’extra-tetto (i rimborsi per le prestazioni oltre il budget assegnato), stanno dirottando nel sistema pubblico i propri pazienti, provocando l’ingessamento delle liste d’attesa. «Entro dicembre- gennaio dobbiamo chiudere con gli erogatori di servizi gli accordi contrattuali relativi al 2011 e deve essere chiaro - dice Fiore - che chi non si adeguerà al nuovo sistema previsto dalla delibera sulle priorità sarà fuori». 

Il perché è presto detto. Secondo Fiore non solo «molte cliniche si stanno rifiutando di ottemperare gli obblighi previsti dalla norma», ovvero il passaggio delle prenotazioni tramite il Cup, ma vi sono anche «casi in cui vengono accettati solo pazienti che pagano il ticket, mentre gli esenti vengono dirottati negli ospedali». Quanto basta per continuare sulla strada del «pugno di ferro» inaugurata dall’assessore sin dal suo insediamento: «da allora il mio assessorato ha prodotto 260 uscite ispettive, 30 delle quali sono ancora in corso». 

Un avviso senza se e senza ma per chi non vorrà accompagnare la Regione nel difficile processo di governance delle liste d’attesa, inaugurato con la delibera del 28 ottobre scorso che, in linea con il piano nazionale recepito dalla Stato- Regioni, accorcia i tempi per le prestazioni urgenti e rinvia al 2011 quelle, in base alla specialità, giudicate differibili. 

Criticità ce ne sono, ammette Fiore, nella gestione delle «nuove» liste d’attesa da parte delle Asl e non a caso ieri, d’intesa con i direttori generali, è stato inaugurato un primo monitoraggio che verrà proseguito, mensilmente, da una vera e propria «unità di crisi». L’obiettivo è ripulire le liste d’attesa di almeno il 10% delle prenotazioni, molte delle quali vengono disattese - perché non urgenti - dagli stessi pazienti. La casistica è alta, addirittura con punte del 45% e, scandisce Fiore, deve essere chiaro che tutte quelle che sono al di fuori del Cup «da gennaio non saranno rimborsabili. Non mi aspetto subito una riduzione della criticità, soprattutto nell’Asl barese, ma da gennaio sì». 

Di mezzo, nel frattempo, ci si è messa l’entrata in vigore di un pezzo del piano di rientro: il blocco dei rimborsi oltre il tetto di spesa previsto dagli accordi contrattuali stipulati con cliniche e laboratori accreditati dal sistema pubblico. Il fondo complessivo assegnato, pari a oltre 82 milioni di euro, è rimasto invariato rispetto al 2009 ma la riassegnazione dei tetti ha già provocato l’ira di piccole e grandi strutture, 25 delle quali hanno già presentato ricorso. Minacce di licenziamenti di personale e chiusura sono all’ordine del giorno. 

Eppure, dice Fiore, vi sono ancora oltre 13 milioni di budget residuo da utilizzare, pari al 16% dei fondi, e «capacità erogative» che i privati accreditati hanno. I quali, rifiutandosi, costringono il sistema pubblico a «interventi tampone» nella rideterminazione delle attese. La strada è stretta: «siamo la penultima Regione in Italia per numero di operatori e onde far quadrare i conti, che comprendono le spese per il personale, abbiamo ridotto dal 2007 in poi le prestazioni aggiuntive». Per questo, chiarisce Fiore, se non è possibile aumentare l’offerta «va governata meglio la domanda» di salute. 

E il pubblico, ammonisce, andrà «spremuto a dovere» perché a parità di tempi e numeri garantisce «una percentuale decisamente più bassa di offerta rispetto al privato». 

Qualche «fendente» Fiore lo lancia anche contro chi, come il centrodestra, ha sollevato la questione della «libera scelta», diritto costituzionale che le nuove norme negherebbero ai pazienti. «Non è un valore assoluto, ma assoggettato alla programmazione della Regione, come chiariscono alcune sentenze della Consulta». 

Infine. «l’uppercut» sul Miulli di Acquaviva, che ha vinto un ricorso per 172 milioni contro la Regione: «vorrà dire che bloccheremo l’accreditamento e il conseguenziale rimborso».

LE NUOVE NORME: I CODICI SULLE RICETTE
Le norme nazionale e regionale sulle liste d’attesa prevedono che le prestazioni ambulatoriali siano divise in 4 classi di priorità: «U» (urgente), da eseguire al massimo entro 72 ore; «B» (breve), da eseguire entro 10 giorni; «D» (differibile), da eseguire entro 30 giorni per le visite o 60 giorni per gli accertamenti diagnostici; «P» (programmata), rinviabile a tempi più lunghi. 

Saranno monitorate a livello nazionale 14 visite specialistiche, 29 prestazioni di diagnostica strumentale, 5 in regime di ricovero diurno e 10 in ricovero ordinario. 

I tempi massimi d’attesa non potranno essere superiori a 30 giorni per la fase diagnostica e 30 giorni per l’inizio della terapia dal momento dell’indicazione clinica per almeno il 90% dei pazienti.

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