La sentenza
Taranto, sigarette e Cialis sulla nave militare: tre condanne in appello per il contrabbando in Marina
Confermata la pena a 6 anni di carcere per il tenente di vascello Corbisiero, scagionato nuovamente un quarto militare coinvolto nella vicenda
TARANTO - Due pene ridotte, un condanna e una assoluzione confermate. È l’esito del processo di secondo grado nei confronti di quattro militari coinvolti nell’inchiesta sul contrabbando di sette quintali di sigarette e Cialis trasportate dalla Libia all’Italia a bordo della nave Caprera della Marina militare Italiana. La Corte d’appello di Lecce ieri ha emesso il verdetto confermando la pena di sei anni di reclusione per il tenente di vascello Marco Corbisiero, ufficiale tarantino finito in carcere a maggio del 2020 con l’accusa di contrabbando pluriaggravato, peculato d’uso, istigazione alla corruzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, falso, violazione in materia di medicinali e anche un reato militare in tempo di pace: abuso nell’imbarco di merci. Pena ridotta invece per altri due marinai che in primo grado avevano rimediato una condanna a 3 anni e 2 mesi di carcere: scende a 2 anni e 10 mesi la pena per Antonio Mosca, mentre per Roberto Castiglione, l’avvocato difensore Leonardo La Porta ha ottenuto oltre alla riduzione a 3 anni anche gli arresti domiciliari e la possibilità di uscire dal domicilio per 4 ore al giorno. Anche i giudici d’appello, infine, hanno confermato l’assoluzione di Antonio Filogamo, quarto militare coinvolto nella vicenda per il quale, dopo il verdetto favorevole in primo grado, la procura generale aveva chiesto la condanna, ma il la corte è stata dello stesso avviso di giudice precedente.
Per i tre militari condannato l’accusa è di aver introdotto in Italia ben 690 chilogrammi di sigarette di contrabbando trasportandole dalla Libia a bordo della nave militare Caprera impegnata tra marzo e luglio 2018 nelle acque libiche come supporto alla guardia costiera locale con l’operazione «Mare Sicuro». Nella vicenda, sebbene mai rintracciato dalle autorità italiane, c’era anche il maggiore della guardia costiera libica Hamza Ben Abulad: era lui a fornire, secondo l’accusa, sigarette e confezioni di Cialis in cambio della gestione esclusiva dei pezzi di ricambio che la Marina italiana acquistava per riparare le motovedette libiche dopo l’accordo stretto tra i due Paesi con l’obiettivo di limitare il flusso migratorio verso l’Italia.
Per i magistrati brindisini, fino all’arrivo di Corbisiero in Libia, la Marina poteva contare su un mercato ampio di fornitori, poi l’ufficiale italiano ha fatto in modo che la società «Altikka for service» riconducibile proprio ad Hamza diventasse l’unico interlocutore della forza armata: una gestione monopolistica che aveva fatto lievitare i prezzi di fornitura anche del 40 percento. E grazie a questo innalzamento dei prezzi, Corbisiero riusciva a garantirsi l’arrivo di sigarette e di altri beni che nulla avevano a che fare con la missione italiana in Libia. E così nelle notti in cui la nave era ormeggiata al porto di Tripoli, una parte dell’equipaggio caricava quintali di sigarette pensando di tenere all’oscuro il comandante e il corpo di guardia.
Il sistema è saltato quando nel luglio 2018 nave Caprera è tornata in Italia e il comandante ha avvertito la Guardia di finanza che erano in corso le operazioni di scarico di sigarette di contrabbando. I finanzieri sono intervenuti sequestrando il carico e avviando una serie di indagini che hanno permesso di svelare come la raccolta di sigarette dalla Libia fosse una pratica già in voga anche tra gli equipaggi di altre unità navali che si erano avvicendate nelle acque straniere.