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Franco Landella: «Mi difenderò nelle sedi opportune ma con la criminalità non c'entro nulla»

 
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Franco Landella: «Mi difenderò nelle sedi opportune ma con la criminalità non c'entro nulla»

Così l'ex sindaco di Foggia alla vigilia del processo

Giovedì 02 Febbraio 2023, 18:21

«Sono stato Sindaco di Foggia dal giugno 2014, riconfermato nel 2019, sino a maggio 2021 quando, a seguito di una perquisizione presso la mia abitazione, sono venuto a conoscenza di un’indagine nei miei confronti e ho deciso di dimettermi dall’incarico di primo cittadino della mia città», scrive l’ex sindaco Franco Landella in una lettera aperta diffusa ieri agli organi di informazione.
«Contestualmente alle indagini e a seguito di esposti (tutti anonimi) pervenuti in Prefettura e in Procura, nel mese di marzo 2021 è stato avviato il procedimento per lo scioglimento dell’ente comunale per mafia, inviando una commissione d’accesso agli atti che, come puntualmente accade, ha proceduto a chiedere all’allora Ministro Lamorgese il commissariamento del Comune. Cosa che si è verificata nell’agosto 2021. A seguito del commissariamento - scrive Landella - il Ministero ha proposto nei miei confronti e nei confronti di altri 7 consiglieri comunali, ricorso per la dichiarazione di incandidabilità. Sono stato dichiarato incandidabile dal Tribunale di Foggia e, solo qualche giorno fa, anche dalla Corte d’Appello di Bari perché, secondo quanto disposto dalla sentenza “rispetto alla figura apicale dell'amministrazione comunale costituita dal Sindaco che, al di là della mancanza di frequentazioni e rapporti con esponenti della criminalità organizzata locale o di agevolazioni dirette della stessa, occorre, comunque, estendere l'indagine alla condotta da questi tenuta nell'ambito amministrazione … Ne discende che l'accertamento del venir meno, anche solo colposo, da parte del sindaco agli obblighi di vigilanza riconnessi alla sua carica è di per sé sufficiente a integrare i presupposti per l'applicazione della misura interdittiva prevista dall'art. 143, comma 11, d. Igs. 267/2000”».

«Come si evidenzia dalla decisione della Corte di Bari - riprende l’ex sindaco - nei miei confronti non esiste alcuna forma di collegamento con esponenti della criminalità organizzata! Nonostante ciò, secondo i giudici d’appello sono responsabile per aver omesso di esercitare il dovere di vigilare e sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti. Ebbene la pronuncia della Corte non tiene, però, assolutamente in considerazione la differenza tra l’attività gestionale di un Ente (di competenza della dirigenza, così come previsto dalla ormai datata riforma Bassanini e dall’art. 97, 3°comma della Cost., senza tralasciare l’importanza della figura del Segretario Generale, quale organo dell’anticorruzione) e la ben diversa responsabilità politica a cui viene chiamato un Sindaco. Pertanto, a mio modesto parere (e questo sarà ovviamente oggetto del mio ricorso per Cassazione), è desolante constatare come nella sentenza non sia correttamente inquadrato l’assetto dell’organizzazione pubblica con le rispettive sfere di competenza e responsabilità tra l’organo politico e l’organo amministrativo. Come si può ascrivere al Sindaco, soprattutto in un Comune di medie-grandi dimensioni quale Foggia, qualsiasi violazione di norme verificatasi nell'ambito di attività dell'ente, allorché sussista una apposita articolazione burocratica preposta allo svolgimento dell'attività medesima, con relativi dirigenti, dotati di autonomia decisionale e di spesa?».

«Sono costretto, in questa sede, ad evitare di ripercorrere i fatti e le vicende inerenti al procedimento penale a mio carico ritenendo doveroso, prima ancora che opportuno, difendermi nella sede giudiziaria, avendo da sempre, per formazione e sensibilità, in orrore i processi mediatici. Mi sembra però altrettanto doveroso che siano rappresentati con obiettività i fatti che hanno segnato la mia vita e quella di un’intera comunità, cercando di farlo senza sminuire le accuse (ingiuste) mosse nei miei confronti e provando a fornirLe solo un accenno delle mie ragioni, in pratica senza sviscerare tutta la mia difesa».
«Mi preme, però, sottolineare una cosa, per me davvero importante. La scelta di non rilasciare alcuna intervista dall’inizio di questa complicata e a tratti paradossale vicenda giudiziaria, non deve essere confusa con una presunzione di colpevolezza o con una mancanza di elementi a sostegno della mia innocenza. La scelta di non difendermi pubblicamente non significa che sono colpevole e non innocente. Il mio silenzio vuole aver solo un significato: ho scelto di difendermi nel processo (e mi preme sottolineare che, finalmente, dopo circa 2 anni, il processo avrà inizio il 15 marzo c.a.) perché da uomo che ha avuto l’onore di rappresentare un’Istituzione importante come quella del Sindaco di una città, ho troppo rispetto per le Istituzioni e continuo a credere nella Giustizia, continuo a credere che la verità troverà il giusto luogo dove trionfare».

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