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Ex Ilva a Taranto: avanti con Mittal, Invitalia al 60% in 2024. Firmata la proroga

Redazione online

I sindacati Uilm e Fim: «Questa decisione lascia incertezze. Il Governo faccia chiarezza sulle reali intenzioni»

ROMA -  Invitalia e ArcelorMittal hanno firmato la proroga all’accordo su Acciaierie d’Italia, dandosi altri due anni per la salita dello Stato dal 38 al 60% per 680 milioni, quanto serve per acquistare gli asset oggi in affitto. Questa mattina a Milano a rappresentare Acciaierie d’Italia (Adi) era presente l’ad Morselli che l’accordo prevede confermata nel suo ruolo fino al 2024, così come il resto del cda.

«È una proroga importante, perché abbiamo tempo di terminare il piano ambientale e di impostare i prossimi investimenti, quindi è molto utile». Lo ha detto l’ad di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, al termine della firma della proroga di due anni tra AcerlorMittal e Invitalia. «La priorità - aggiunge - è la normalità, essere un’azienda normale, avere un orizzonte abbastanza lungo sul quale lavorare e lavorare per quelli che sono i piani e gli investimenti concordati per gli azionisti».

«Due anni danno molta stabilità, si può lavorare moltissimo. Io ricordo cos'era l’azienda due anni fa, adesso è una cosa completamente diversa. Adesso è un’azienda autonoma, in utile, in due anni si possono fare grandissime cose». Così l’ad di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, dopo la firma della proroga. Sulle prospettive di assorbimento dei lavoratori ex Ilva, Morselli evidenzia come «avranno anche loro una soluzione ma la dovremo gestire insieme ad altri attori, come ovviamente commissari, sindacati e governo».

L’a.d di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, «conferma gli obiettivi» per il 2022 a 5,7 milioni di tonnellate di acciaio prodotto. «Ci sono dei finanziamenti - aggiunge -, già deliberati, che l’aver firmato oggi questo accordo, semplificherà molto. Sono tutti finanziamenti con copertura Sace e di questo vorrei ringraziare il ministro dello Sviluppo economico e del Tesoro che sono stati grandissimi partner in questa operazione».

Palombella (Uilm): «Il Governo faccia chiarezza»

«Come è possibile accettare che si passi da un accordo che prevedeva una richiesta di dissequestro un anno prima rispetto ai termini previsti dall’Aia, con previsione di vendita, a una proroga di due anni fatta in silenzio, che lascia tutta inalterata l’incertezza attuale e fa slittare la maggioranza di Invitalia. Siamo di fronte a un atto incosciente da parte dello Stato che continua a perseverare con atti incomprensibili. È impossibile reggere altri due anni in queste condizioni, con migliaia di lavoratori in cassa integrazione e una produzione al minimo». Lo dichiara Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm, in merito alla proroga di due anni del contratto di investimento tra Invitalia e ArcelorMittal e al conseguente rinvio dell’ingresso dello Stato al 60%.

«Nel silenzio totale - evidenzia Palombella - sembra ci sia stata una nuova rivisitazione del piano industriale che prevedrebbe l’intera produzione da fantomatici forni elettrici. Come si potrà sostenere questo tipo di produzione? È arrivato il momento che ArcelorMittal e il Governo chiedano scusa ai cittadini e ai lavoratori e inizino a lavorare seriamente per il risanamento ambientale, la salvaguardia occupazione e un concreto futuro industriale ecosostenibile». «Si rischia - per il leader della Uilm - di sperperare ulteriori milioni di euro di risorse e migliaia di lavoratori in cassa integrazione. Una situazione intollerabile che contrasteremo con tutte le nostre forze, intensificando la mobilitazione dando seguito allo sciopero del 6 maggio scorso». «Basta prendere tempo - conclude - il Governo dica chiaramente una volta per tutte quali sono le sue intenzioni sul futuro dei 15mila lavoratori diretti, indiretti e dell’Amministrazione straordinaria».

Il commento di Benaglia e D'Alò (Fim)

«La decisione assunta da Acciaierie d’Italia, Governo e ArcelorMittal di rinviare di due anni l’ingresso definitivo dello Stato al 60% è una decisione che prende tempo e continua a lasciare sul campo incertezza sulla fase gestionale». Lo sottolineano in una nota il segretario generale della Fim Roberto Benaglia e il responsabile Siderurgia Valerio D’Alò, in merito al rinvio del «closing» (ovvero della chiusura) del contratto di investimento che non si realizzerà entro domani (con il passaggio dello Stato in maggioranza) in quanto resta in piedi una della clausole sospensive, ovvero il mancato dissequestro degli impianti dell’area a caldo. In ambienti sindacali da giorni si vocifera di una proroga del contratto di due anni. Secondo Benaglia e D’Alò «si rende ancora più urgente che il sindacato sia convocato e ascoltato dal Governo e dall’azienda per poter rappresentare chiaramente cosa può capitare già a partire dal mese prossimo. Abbiamo bisogno che questo periodo che abbiamo davanti, porti concretamente a più investimenti, più produzione e meno cassa integrazione. Avere oggi a che fare con una situazione di cassa integrazione straordinaria senza un accordo sindacale è una lacuna che va assolutamente colmata».

Per i due rappresentanti sindacali, «non basta che Acciaierie d’Italia sopravviva, nello scenario geopolitico attuale privarsi o limitare la produzione di un asset strategico per l’industria italiana come l’acciaio primario dell’ex Ilva è una follia». Il coinvolgimento del sindacato, concludono, «non è un punto secondario. Anche per questo motivo insieme a Fiom e Uilm saremo a Taranto il prossimo 15 giugno, dove insiste lo stabilimento maggiore, proprio per poter chiedere al Governo e all’azienda di porre fine a questa fase che sta nei fatti logorando piano piano l'unica realtà industriale di acciaio primario del nostro Paese». A quanto si apprende, dopo un mese di trattative, ArcelorMittal, commissari di Ilva in Amministrazione straordinaria e Invitalia avrebbero raggiunto l'intesa per la proroga del contratto di investimento al 31 maggio del 2024. La firma dal notaio è attesa per domani. Secondo fonti vicine al dossier, i termini dell’intesa al momento restano invariati rispetto al contratto siglato il 10 dicembre 2020, così come l’assetto societario con Franco Bernabè presidente del Cda di Acciaierie d’Italia e Lucia Morselli amministratore delegato.
Il piano industriale contempla la graduale sostituzione degli altiforni con forni elettrici alimentati da preridotto. L’intesa originaria prevedeva entro domani, 31 maggio, il passaggio in maggioranza di Invitalia con il versamento di 680 milioni di euro per acquistare gli asset oggi in affitto. Il closing viene spostato di due anni in attesa del completamento delle prescrizioni dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), delle decisioni della magistratura sull'istanza di dissequestro degli impianti dell’area a caldo (una delle clausole sospensive del contratto) presentata dai commissari di Ilva in As, e della ricerca di nuovi finanziamenti. Acciaierie, secondo alcune fonti, starebbe lavorando alla chiusura di un’operazione con Unicredit dopo la cartolarizzazione di crediti commerciali da 1,5 miliardi siglata nei mesi scorsi con Morgan Stanley.

Usb Taranto: «Altri 24 mesi di accanimento terapeutico»

«Altri due anni di accanimento terapeutico. Lo slittamento al 31 maggio 2024 dell’ingresso dello Stato come socio maggioritario al 60% nella gestione dello stabilimento siderurgico Acciaierie d’Italia è del tutto inutile. Si naviga a vista, senza prospettive future e si conferma l’atteggiamento del Governo per nulla trasparente». Lo afferma Francesco Rizzo, coordinatore provinciale Usb Taranto, aggiungendo che la proroga del contratto di investimento "comporta che venga rimandata tutta una serie di questioni piuttosto urgenti. Noi sindacati ignoriamo ancora i contenuti degli accordi (precedente e attuale). Non è possibile attendere due anni nelle condizioni in cui sono gli impianti, per nulla interessati da interventi manutentivi ordinari e straordinari. Mancanza di sicurezza e questioni ataviche che vanno affrontate una volta per tutte».

Rizzo parla di «incertezza su incertezza per i dipendenti diretti» così «come si protrae il limbo in cui si trovano gli ex Ilva in As che, secondo quando dichiarato in passato, erano destinati ad essere reinseriti nel circuito produttivo della fabbrica. Altro capitolo spinoso, e ormai arcinoto, quello dell’appalto con il tessuto imprenditoriale, soprattutto quello mono-committente, ormai sfibrato dai pesantissimi ritardi nei pagamenti da parte di Acciaierie d’Italia, e quindi incapace di conseguenza, di rispettare le scadenze con i propri dipendenti». L’Usb sollecita «un tavolo di trattativa per mettere in sicurezza tutti i lavoratori (diretti, ex Ilva in As e appalto), evitando di continuare a sperperare risorse pubbliche. Oggi più che mai, il sindacato ha l’obbligo di mobilitarsi».

L'Ugl: non è più rinviabile l'incontro col Ministero dell'Economia

«A seguito del rinvio dell’ingresso al 60% del socio pubblico previsto in precedenza per fine maggio, riteniamo a questo punto necessario un confronto con le organizzazioni sindacali presso il Mise alla presenza dei ministri del Lavoro, Andrea Orlando, della Transizione ecologica, Stefano Cingolani, ma soprattutto del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, al quale più volte abbiamo chiesto udienza, ma invano». Lo dichiara il segretario nazionale Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera, in merito alla proroga al 31 maggio 2024 del contratto di investimento.

Il punto

Lo Stato proroga il contratto con ArcelorMittal su Acciaierie d’Italia, dandosi altri due anni per acquisire la partecipazione di maggioranza del gruppo nato per dare un futuro all’ex Ilva. La scadenza fissata per domani perché Invitalia ne ottenesse il controllo definitivo, salendo dall’attuale 38% al 60% del capitale e il versamento di 680 milioni di euro per acquistare gli asset oggi in affitto, sarà prorogata al 31 maggio del 2024, con uno spostamento in avanti di due anni. Una mossa che vedrà confermati i vertici, con la guida affidata a Franco Bernabé e Lucia Morselli, ma che lascia interdetti i sindacati, ancora una volta preoccupati per il destino industriale del gruppo e ambientale del territorio.
L’accordo non sarebbe ancora stato ufficialmente firmato, ma l'intesa, a quanto si apprende, sarebbe già chiusa. Tanto che ad anticiparla è stato in qualche modo il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, venerdì scorso, in visita a Genova. «Il contratto tra governo e Mittal verrà prorogato, in alcune parti ci saranno delle modifiche rese necessarie dalle nuove circostanze, ma l’impianto è quello», aveva spiegato il ministro.
I sindacati però sono scettici. «Come è possibile accettare che si passi da un accordo che prevedeva una richiesta di dissequestro un anno prima rispetto ai termini previsti dall’Aia, con previsione di vendita, a una proroga di due anni fatta in silenzio, che lascia tutta inalterata l’incertezza attuale e fa slittare la maggioranza di Invitalia. - dichiara Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm - Siamo di fronte a un atto incosciente da parte dello Stato che continua a perseverare con atti incomprensibili». Secondo il sindacalista «è impossibile reggere altri due anni in queste condizioni, con migliaia di lavoratori in cassa integrazione e una produzione al minimo».
Con il mancato dissequestro degli impianti dell’area a caldo, spiegano il segretario generale della Fim Roberto Benaglia e il responsabile Siderurgia Valerio D’Alò, resta in piedi una della clausole sospensive. Da qui sarebbe dunque maturata la decisione - che "continua a lasciare sul campo incertezza» - di prorogare il contratto. «Abbiamo bisogno che questo periodo che abbiamo davanti porti concretamente a più investimenti, più produzione e meno cassa integrazione. - affermano i due rappresentanti dei lavoratori - Avere oggi a che fare con una situazione di cassa integrazione straordinaria senza un accordo sindacale è una lacuna che va assolutamente colmata».

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