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Telefonini, Ipad e tablet nel mirino dei cyberladri

 
Luca Natile

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Luca Natile

Gallipoli, cellulari rubati e ricettati: 26 denunciati

In caso di furti e le rapine il danno è doppio: entrati in possesso dei dati si perdono i soldi e la privacy

Giovedì 15 Luglio 2021, 09:16

Bari - La «bit crime generation». La nuova generazione del crimine formato «bit». Quei ladri sedotti da transistor, motherboard (schede madri), memorie ram, hard disk, ultrabook, tablet e smartphone rappresentano la nuova stirpe, il nuovo lignaggio del crimine in quantità «bit» (ndr, il bit è la più piccola unità di informazione che un computer può elaborare o memorizzare).
L’alta tecnologia mobile è diventata l’ultima moda in materia di reati predatori e dietro questo fenomeno esiste un mercato nero a prezzi scontatissimi e una rete clandestina di centri di assistenza per tecnologie avanzate, dove è possibile far riparare smartphone, tablet, ebook e personal computer a prezzi scontati, vendere iPad e dispositivi ad alta mobilità rubati o smarriti, trovare ricambi contraffatti, acquistare a prezzi di realizzo tutto quel che serve per entrare nell’era multimediale.


Una fetta importante di questo business a Bari è nelle mani della piccola malavita straniera. Ne sanno qualche cosa i titolari del centro Tim di via Sparano, uno dei negozi di telefonia mobile più frequentati e meglio forniti, che espone tutti gli smartphone di ultima generazione e più ricercati. Una tentazione irresistibile per un cittadino nigeriano di 30 anni che l'altra notte, mentre la città dormiva, è riuscito a fare breccia nella vetrina del negozio e a impossessarsi dei telefonini in esposizione. Concentrato su come meglio arraffare quanti più apparecchi, non si è accorto del sopraggiungere di una pattuglia della Squadra Volante della Questura. Ha cercato di allontanarsi a passo svelto ma non ha fatto molta strada. Dal database della Polizia è saltato fuori che l'uomo, entrato clandestinamente in Italia, già in passato era finito in manette con l’accusa di furto aggravato. Il suo permesso di soggiorno era scaduto da ben 5 anni. In altri termini non avrebbe dovuto neppure essere nel nostro Paese. Il migrante trentenne è stato arrestato in flagranza e i telefonini restituiti ai titolari del punto Tim.


In piazza Moro, sempre gli agenti della sezione Volanti dell’Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della Questura, guidati dal vicequestore Maurizio Galeazzi, hanno bloccato, 24 ore dopo il primo arresto, un cittadino del Ghana di 35 anni, che aveva nel suo zaino quattro smartphone di ultima generazione, sette stecche di sigarette di marche differenti e denaro contante per 1.262 euro. Il migrante non ha saputo spiegare da dove provenissero i cellulari e il denaro. Consultando gli archivi che contengono le denunce presentate in città, gli agenti sono riusciti a stabilire con certezza che uno dei quattro apparecchi era stato portato via alla legittima proprietaria in una rapina avvenuta il 5 maggio in pieno centro. Il ghanese è stato arrestato.


L’alta tecnologia va sempre più a ruba. Diavolerie elettroniche che vengono rivendute al mercato nero o immesse in una rete di distribuzione «parallela» che rifornisce piccole e medie attività commerciali autorizzate ma che, quando si tratta di procurarsi merce a costi inferiori, non si fanno scrupoli ad attingere dal mercato illegale.
I furti hi-tech sono cresciuti negli ultimi anni alla stessa velocità della tecnologia. E non esistono più luoghi veramente sicuri. Secondo studi recenti, il 21% degli smartphone di cui si denuncia il furto o lo smarrimento, per esempio, vengono portati via da automobili e il 18% nel corso di razzie in appartamento. A seguire ci sono i mezzi di trasporto e i luoghi di attesa (11,5%) come aeroporti, fermate di autobus ma anche treni e altri mezzi pubblici. L’ufficio come «scena del reato» pesa solo per il 7%.
Secondo uno studio della Kaspersky Lab, una delle maggiori società di cybersecurity, il 45% delle persone che possiedono o utilizzano device mobili è stato almeno una volta derubato del proprio smartphone o del tablet. La spesa media per sostituire il telefonino rubato (o rapinato) è di 400 euro.


Questi piccoli scrigni di alta tecnologia non solo finiscono per alimentare il mercato nero degli smartphone e degli hardware ma anche quello delle informazioni contenute nei software, dei dati. Un apparecchio di telefonia mobile contiene un numero infinito di informazioni personali tra cui il nome, la data di nascita, la biografia, il numero di cellulare associato all'account e, in alcuni casi, anche l'indirizzo di posta elettronica del proprietario.


Se questi dati sensibili cadono nelle mani sbagliate possono essere utilizzati per esempio per violare determinate tipologie di servizi online che usano proprio il numero di telefono o la email come autenticazione.
Per bloccare il cellulare rubato si può agire da remoto sfruttando i sistemi antifurto offerti da aziende come Google, Apple e Microsoft che consentono di individuare un apparecchio a distanza e di bloccarlo o addirittura cancellarne la memoria. Importante è conoscere l'Imei del telefono, si tratta di un codice identificativo composto da 15 cifre che viene trasmesso dal dispositivo ogni volta che viene effettuata una chiamata. L'operatore, con l'Imei, può bloccare prima la Sim e poi il telefono.

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