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Violante: «Letta sia la locomotiva per tenere in riga le correnti»

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Violante: «È la crisi del terzo anno c’è bisogno di competenza»

Il giurista: «il partito sconta un peccato originale. Le accuse di Zingaretti? un po’ offensivo verso i militanti»

Venerdì 19 Marzo 2021, 15:54

15:57

BARI - Luciano Violante, già presidente della Camera e della Commissione Parlamentare Antimafia, e oggi alla guida della Fondazione «Leonardo», con la segreteria di Enrico Letta il Partito democratico avvia una nuova stagione. Cosa ne pensa?

«Personalmente sono molto contento perché stimo Enrico Letta e credo che lui, in questo periodo sabbatico, abbia compreso la necessità di avere una maggiore capacità di decisione rispetto al passato».

L’ha convinta questa sorta di acclamazione all’unanimità?
«Nei confronti degli unanimismi bisogna sempre essere prudenti. Perché si nasconde sempre una sorta ipocrisia. Vale per Letta ma anche per Mario Draghi e Giuseppe Conte».

Cosa li accomuna?
«Sono tre aspirazioni taumaturgiche. Si fa largo l’idea che possano risolvere i problemi prescindendo dai dati di fatto. Ma le cure sono difficili per tutti. E speso l’unico risultato è che alla prima cosa che non va piovono sul malcapitato insulti e critiche. Gli uomini in posizione chiave in fasi difficili devono essere certo incoraggiati ma, se serve, anche corretti».

Resta il fatto, però, che Nicola Zingaretti lascia denunciano la vergogna del correntismo e della corsa alle poltrone. Come spiega questa virata unitaria su Letta?
«Lì pesa il senso di responsabilità. I dirigenti dem non sono stupidi, sanno benissimo dove possono o non possono arrivare. E poi Zingaretti li aveva messi con le spalle al muro».

Ha condiviso quell’uscita così dura dell’ex segretario?
«Il partito non è fatto solo di gruppi dirigenti ma anche di gente che opera quotidianamente nei circoli e nei quartieri. Ecco verso di loro mi è sembrata un’espressione un po’ offensiva».

Alla fine che si parli di magistratura o di Partito democratico, il nodo delle correnti salta sempre fuori. È una specie di «male del secolo»?
«La mancanza di progetti unitari produce scomposizioni, il punto è questo. E vale per i magistrati così come per i partiti. Una comunità va in frantumi quando non ha il senso di sé, quando non sa chi è e cerca una identità. Quando la trova il problema diviene gestibile».

Ma Letta come potrà tamponare il problema?
«Letta deve essere la locomotiva. Più tirerà, più i vagoni saranno in fila. Appena abbasserà il ritmo le fibrillazioni riprenderanno»

Al momento l’ex premier sostiene serva un «partito nuovo» più che una nuova guida. È così?
«Serve un partito diverso da quello attuale. Se la macchina resta la stessa non cambia poi molto. Ma vedo segnali incoraggianti. La nomina dei due nuovi vicesegretari è una fatto positivo. Si tratta di una scelta chiaramente improntata al merito».

E con Draghi come andrà secondo lei?
«Sono certo dialogheranno senza alcun problema, ci sono sensibilità evidentemente affini».

Il punto, però, è che ogni «tot» di tempo ci si ritrova a discutere delle sorti del Pd quasi partendo da zero. Ma il partito è riformabile secondo lei o c’è un peccato originale?
«Guardi, ripeto ora quello che dissi a Prodi anni fa: quell’operazione non si doveva fare».

Cioè la somma di cultura post democristiana e post comunista?
«Dissi a Prodi che avremmo riunito solo i vizi di entrambe le parti, dimenticando le virtù. E così è stato. Non si è costruito un progetto politico unitario. Quindi il partito non va rifondato ma va fondato anche perché ormai tutte le generazioni coinvolte sono post-Ulivo».

Partendo da dove?
«Dai contenuti. Abbiamo davanti a noi quattro grandi trasformazioni: energetica, climatica, spaziale e digitale. Come si affrontano questi temi? Come si contrastano le disuguaglianze? Come si impongono capacità e merito in un Paese che sconta un grande deficit di conoscenze tecnologiche? Se si parte da qui si può costruire un partito capace di guardare al futuro».

E la coalizione di centrosinistra?
«Qui bisogna distinguere l’orientamento elettorale da quello più strategico. Adesso secondo me bisogna ricostituire il Pd e poi, naturalmente, parlare con le altre forze del centrosinistra a cominciare dal M5S e compreso Matteo Renzi».

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