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«Basta con l'arroganza di Crimi ci vuole una nuova leadership»

 
Michele De Feudis

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Michele De Feudis

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Laricchia (M5S): sono vicina alla Lezzi e Di Battista, ma dico no alle scissioni

Martedì 16 Febbraio 2021, 15:48

BARI - Critiche serrate alla leadership del capo politico Vito Crimi e all’ala governista del Movimento, vicinanza con gli identitari come Barbara Lezzi e Alessandro Di Battista ma nessuna intenzione di dare ascolto - per ora - alle sirene scissioniste: il punto sul M5S tracciato da Antonella Laricchia con la «Gazzetta» fotografa bene il malessere interno e la complessa fase di evoluzione della formazione politica fondata da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo.

Laricchia, il voto su Rousseau cosa cambia nel movimento?
«I nostri metodi sono sempre innovativi, rimaniamo l’unica forza ad aver consultato gli iscritti per il nuovo governo. Però non tutto fila».

A cosa si riferisce?
«Anche il mezzo più innovativo può essere raggirato con cattive intenzioni. Non è bello il modo in cui Crimi ha scritto il quesito».

Non funzionava?
«Dagli Stati generali era emersa la necessità di scrivere i quesiti in maniera più neutra, dando la possibilità di espressione alle due posizioni in campo. Altri chiedevano nello specifico anche la menzione dell’astensione rispetto a Draghi».

E Crimi?
«Ha ignorato la richiesta degli attivisti... Il movimento sta soffrendo tanto, ma i vertici affrontano i passaggi delicati senza tatto, con la voglia di riaffermare sempre più violentemente la propria posizione, ignorando che siamo spaccati in due. Al momento trionfa la sopraffazione».

Il preavviso per gli iscritti troppo breve?
«C’è chi ritiene che i tempi devono essere differenti per convocare una votazione. Crimi, da reggente, avrebbe potuto cedere la leadership, ma anche da “scaduto”, continua a formulare i quesiti, a concedere la possibilità di entrare in giunta in Puglia, addirittura senza far votare».

E quando si vota per la Puglia?
«Chi lo sa, certo alla fine, come ha confermato la Barone, si voterà con l’assessorato acquisito, una maniera che potrebbe indirizzare il voto degli iscritti. Un reggente dovrebbe limitarsi alla ordinaria amministrazione».

Quali rischi nella terza svolta governista?
«Il M5S in Parlamento deve fare alleanze post voto, lo richiede il sistema elettorale. E’ una follia però trasferire le alleanze momentanee dalle Camere ai territori: in due anni e mezzo si sono formate tre coalizioni. Questa maggioranza pro Draghi, però mette in minoranza la prima forza politica, cioè i 5S, che non hanno nemmeno la garanzia di aver indicato il premier».

Ci sono ritrosie nei confronti di un “banchiere” a Palazzo Chigi?
«Sicuramente, emerge freddezza nei confronti di una figura che è stata parte del mondo della finanza a cui noi 5S abbiamo contrapposto i temi dell’economia reale».

Di Battista ha mollato tutto.
«E’ un segnale di delusione e forte dissenso in cui si riconoscono molti attivisti e iscritti. Il 41% che ha votato no al governo Draghi, nonostante pesanti pressioni e il quesito un po’ pilotato, è una percentuale altissima di cui bisogna tenere conto. Dibba poi propone di investire il Mes per un vaccino europeo, confermandosi un vero rivoluzionario».

Si va verso una scissione, o il futuro sarà una vita da separati in casa?
«Non vorrei una scissione. Mi auguro che il Movimento presto ritrovi la sua via, sta per cambiare la leadership. L’arroganza di chi oggi si è dimostrato in leggera maggioranza nel movimento però è provocatoria e crea il rischio scissione. Il prossimo capo politico dovrà tenere insieme le due anime e riscoprire i nostri valori, calpestati dall’attuale vertice».

La senatrice Lezzi, invece, prefigura una restrizione partitocratica in arrivo...
«Barbara non ha mai risparmiato critiche alla Lega e ora sottolinea le contraddizioni di questo frangente».

Si sente, in conclusione, più vicina a Crimi e ai governisti o a Dibba e alla Lezzi?
«Sono più vicina a Barbara e Alessandro, ma resto nel movimento perché il 41% di iscritti che ha votato no al governo sta già crescendo dopo aver letto la lista dei ministri. L’Italia non ha bisogno di nuovi partiti ma di un M5S che difenda il popolo».

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