L'intervista
Giustizia civile, Covid chance per sperimentare: parla il presidente del Tribunale di Potenza
L'analisi di Catello Marano: la pandemia non ha fermato l'attività
«I risultati in termini di efficienza, la possibilità di dare risposte e di non fermarci, durante questa pandemia, sono frutto anche della collaborazione che ci hanno offerto, dal primo momento, gli avvocati di Potenza, dei vari Distretti.
Leggi, giudici, processi e carceri: anche la giustizia ha subito l’impatto della pandemia. Catello Marano, presidente del Tribunale di Potenza, magistrato con alle spalle una lunga e prestigiosa carriera in territori «calde» sul fronte criminale, lo evidenzia. Sottolineando la collaborazione avuta.
Presidente, anche in Basilicata, il lockdown ha cambiato il sistema giustizia. Il virus vi ha fermato?
«No. Non ci ha fermato. Quando è iniziata la pandemia, c’è stato un momento di sospensione di tutte le attività. Però, man mano, l’organizzazione delle risorse in campo è stata adeguata. Certo, all’inizio ci siamo trovati in difficoltà, perché il Governo ha iniziato ad emanare decreti, anche lacunosi, che venivano modificati e poi prorogati. Però, almeno nel nostro Distretto, la giustizia non si è fermata - tranne nella prima fase - perché i vertici del Distretto, dalla presidente della Corte d’Appello al procuratore generale, immediatamente, hanno organizzato riunioni in modo da definire linee guida che sono servite ad interpretare pure questa normativa che all’inizio era molto, molto, farraginosa».
Quindi, avete rimesso in moto la macchina ed il sistema ha retto?
«Queste linee guida nel nostro Distretto sono state seguite da tutti i Tribunali. La giustizia non si è fermata a Potenza, né a Lagonegro, né a Matera. In tutti e tre i Tribunali l’approccio è stato identico ed i provvedimenti organizzativi simili, anche per evitare differenze»
Insomma, con lo sforzo di tutti il «sistema giustizia» ha retto ma le udienze vengono svolte in remoto, il che impedisce la partecipazione dei cittadini. È una condizione da superare o può essere un nuovo modo per amministrare la giustizia?
«Occorre distinguere tra settore civile e penale. Sul fronte civile, dove il processo telematico è già pienamente sviluppato, la pandemia è stata l’occasione per sperimentare e mantenere anche dopo delle forme di trattazione di procedimenti particolari, come la trattazione scritta. La maggior parte dei provvedimenti, quindi, può avere una trattazione scritta che è utile sia agli avvocati sia ai magistrati, e che impedisce la presenza delle parti. Naturalmente, quando le parti devono essere presenti per alcune attività la trattazione scritta non è possibile. Credo, però, che la trattazione scritta potrà avere un futuro anche dopo la pandemia»
Diverso il discorso sul penale::
«È chiaro che per il penale, nella prima fase, sono state rinviate tutte le udienze. Poi, man mano, si sono svolte quelle con imputati detenuti in video conferenza, le convalide di arresto venivano fatte da remoto. Oggi le udienze penali si fanno in presenza. Ovviamente, ci sono delle limitazioni nel senso che si trattano solo determinati processi. Si da priorità ai processi più urgenti e non ad altri. Però, il processo da remoto nel settore penale non può esserci. Oggi, nonostante la situazione di eccezionalità, le udienze penali si fanno tutte a porte aperte e non a porte chiuse, come pure potremmo fare. Ma lo ripeto: nel settore penale il processo da remoto deve essere una eccezione. La prova nel processo penale si forma in dibattimento ed è necessaria la presenza delle parti»
Uno dei problemi della giustizia italiana è la carenza di organici e di conseguenza l’arretrato. Secondo i dati nazionali, grazie alla pandemia, una parte dell’arretrato è stata smaltita. Vale anche per la Basilicata?
«È stata smaltita grazie anche alla trattazione scritta, perché il magistrato che vi ricorre può recuperare delle ore che possono essere dedicate alla stesura delle sentenze. Il Tribunale di Potenza, a prescindere dal covid, ha due emergenze : è un Tribunale di passaggio ed ha spesso dei turn over. In questo momento, abbiamo quasi la copertura totale ma l’abbiamo grazie ai giudici di prima nomina che sono giovani, inesperti, ma preparati e competenti. Però, i giudici di prima nomina non possono fare i gip ed a Potenza, una delle emergenze, è l’ufficio gip dove sono previsti 6 posti in pianta organica ma vi sono 3 magistrati più 1 applicato dalla Corte d’Appello. Allora andiamo in grande difficoltà, perché il Tribunale di Potenza è medio -piccolo ma ha la Procura distrettuale e quindi il gip è distrettuale, il Riesame è distrettuale. Poi, c’è il problema dell’arretrato».
A quanto ammonta l’arretrato?
«Come cause ultra decennali ne abbiamo un migliaio. Sono parecchie e questa è un’altra emergenza. Nonostante l’impegno dei magistrati, nonostante una condivisione di lavoro da parte di tutti, l’arretrato è significativo. L’obiettivo che ci eravamo previsti di ridurre un certo numero di cause decennali lo abbiamo superato favorevolmente. Qualche novità potrebbe arrivare dai magistrati “flessibili”, 160 magistrati che vengono dati ai vari uffici giudiziaria ed in questo distretto dovrebbero essere 5. Se il Tribunale di Potenza ne dovesse ottenere due, uno sarà addetto alle cause ultra decennali»
Presidente, Lei ha operato, per molto tempo, in territori caldi sul fronte della criminalità. Secondo Lei, la Basilicata è un territorio a rischio o è ancora un’isola felice?
«La Basilicata non è più un’isola felice. C’è qui una criminalità autoctona, che si è formata qui. Non solo una criminalità mafiosa da esportazione dalla Puglia o dalla Calabria. Questo è un dato significativo che non deve allarmarci, ma deve farci tenere alta la guardia e fortunatamente abbiamo una Procura distrettuale che lavora bene e Forze dell’Ordine che sono preparate»
A suo parere la guardia va tenuta alta anche sul fronte dei reati contro la Pubblica amministrazione?
«Sicuramente si! Anche se per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione ci sono figure di reato, come l’abuso di ufficio, che dovrebbero essere riviste dal legislatore. Mettiamoci dal lato dei Pubblici Amministratori per un momento: ci sono i corrotti ma ci sono anche i pubblici amministratori che vogliono fare il loro dovere ma temono che mettendo una firma possono essere incriminati per abuso d’ufficio. È necessario guardare, perseguire e controllare la PA ma rendersi conto che ci sono molti pubblici amministratori che sono in difficoltà nel gestire la cosa pubblica con queste normative»
La giustizia a Potenza, in questi mesi, ha vissuto un’emergenza nell’emergenza: le condizioni del «suo» Palazzo.
«La presidente Sinisi, dirigente attivissima, ha fatto il possibile e l’impossibile per cercare di attenuare le problematiche. Il Palazzo, però, ha oltre 30 anni ed ha problematiche legate alle infiltrazioni d’acqua. Il Ministero ha finanziato i lavori, la presidente Sinisi ha chiesto che i lavori vengano fatti direttamente da noi, ma il Ministero ha detto che devono essere fatti dal Provveditorato alle Opere pubbliche che, però, è oberato di lavoro. Il risultato è che passa il tempo»
Questo è stato un anno che la Magistratura ricorderà anche per la vicenda Palamara. Quale il suo giudizio?
«Quello che dice Palamara lo potrebbe anche dire alle Autorità, nelle sedi Istituzionali competenti. Se ci sono fatti, ed anche gravi, è bene che vengano fuori, che vengano resi pubblici. Non credo, però, che si possa dire che Palamara sia un capo espiatorio. Secondo me, la decisione del Csm, rispetto a questi fatti, doveva correttamente portare alla radiazione. Questo sistema, però, non l’ha inventato Palamara. Lui è stato uno che è riuscito, con grande abilità, ad essere “magna pars” di questo sistema, ma certo non l’ha inventato lui. Questo sistema è la conseguenza della degenerazione delle correnti della magistratura. Fenomeno questo che parte da lontano, e che ha raggiunto il suo apice negli ultimi 10 - 15 anni»