Gli aiuti

Recovery, la Puglia chiede 18 miliardi: fondi a infrastrutture e imprese

Massimiliano Scagliarini

Nella bozza del piano 167 progetti: «Ma siamo aperti al confronto»

Valgono 17,9 miliardi di euro i 167 progetti che la Regione ha individuato come possibili candidati al finanziamento tramite il Recovery plan. La lista delle opere è stata trasmessa alla Cabina di regia di Palazzo Chigi, «come impulso alla discussione» - dicono i vertici della giunta regionale - rispetto a un piano che non è ancora stato definito e che ha subito uno stop per effetto della crisi di governo.

L’elenco resta dunque aperto a possibili modifiche ed integrazioni, anche attraverso il confronto con il partenariato. La fetta maggiore (5,2 miliardi) è destinata ai 44 progetti per lo sviluppo delle imprese, mentre altri 4,5 miliardi sono stati allocati negli investimenti per la green economy: tra questi ultimi spiccano gli 1,23 miliardi previsti per il completamento del Polo delle arti, della cultura e del turismo ovvero il restyling della Fiera del Levante di Bari che verrebbe trasformata in un centro di eccellenza per la formazione artistica e manageriale. Un miliardo e 800 milioni sono allocati negli investimenti per l’Istruzione, con 490 milioni destinati allo sviluppo dei servizi scolastici (creazione di spazi per il tempo pieno e copertura del servizio mensa). Nel piano anche un cospicuo pacchetto di aiuti destinati a famiglie e imprese.

Alle infrastrutture vanno 2,6 miliardi di euro, tra cui spiccano i 450 milioni destinati a «Baricentrale», il progetto di Fuksas per la «ricucitura» del capoluogo di regione a seguito dello spostamento del nodo ferroviario. Il secondo progetto più importante riguarda il raddoppio dell’Interporto di Bari, che venne escluso dal finanziamento attraverso i fondi europei a seguito di un contenzioso tra la Regione e la società (del gruppo Degennaro) che avrebbe dovuto realizzare l’opera: i 108 milioni necessari all’ampliamento dovrebbero dunque arrivare nell’ambito del programma straordinario. Da cui la Puglia vorrebbe anche ottenere le risorse necessarie al raddoppio della Andria-Barletta di Ferrotramviaria (45 milioni), l’ultimo pezzo della rete Bari nord non ancora finanziata, oltre che quelle per l’elettrificazione e la messa in sicurezza della rete salentina di Ferrovie Sud-Est (345 milioni), progetto su cui la società del gruppo Fs non ha mai nascosto i propri dubbi: la «metropolitana del Salento», come viene definita, è attualmente interessata da livelli di traffico che renderebbero più logica l’eliminazione del ferro e il passaggio alla gomma. Altri 230 milioni circa vengono suddivisi tra i porti di Bari (il 5° braccio), Manfredonia (la ristrutturazione del bacino Alti fondali) e Brindisi (area Capobianco), 250 agli aeroporti (la base logistica della Protezione civile nel «Lisa» di Foggia, la riconversione dell’ex scalo militare di Bari, il «test bed» aeronautico di Grottaglie), 456 milioni all’adeguamento delle strade (in particolare a quelle di Taranto e Lecce).

La diffusione della bozza del piano ha ovviamente creato le prime polemiche relative alle scelte fatte dalla Regione: «Il recovery plan - risponde il capo di gabinetto, Claudio Stefanazzi - deve essere considerato come l’ultimo treno per lo sviluppo della Puglia. L’elenco non deve essere considerato come definitivo, e anzi siamo pronti al confronto in tutte le sedi per modificare e integrare la nostra proposta in base alle indicazioni del territorio»

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