lettera per lettera

Dall’autonomia ai vaccini ecco l’alfabeto del 2020

Leonardo Petrocelli

Pochi giorni ancora e va in pensione l’annus horribilis segnato dalla pandemia

Giudicato dal Time l’anno peggiore di sempre, il 2020 spegne (finalmente) i riflettori. Ne riattraversiamo luci (poche) e ombre (tante) in 22 voci alfabetiche.

AUTONOMIA - «Da solo nessuno si salva». Se il 2020 pandemico ha rilanciato uno slogan è questo, declassando alcune eccellenze sanitarie territoriali (che tali forse non erano) e rinverdendo i fasti del centralismo. L’utopia efficientista del regionalismo è appannata. Si cercano soluzioni nuove.

BIDEN & BREXIT - La Storia cambia verso, anzi no. Gli Stati Uniti, tra mille polemiche, si sono dati un’altra guida dopo l’esperienza Trump: per qualcuno è una ventata d’aria fresca, per altri arriverà qualche bomba in più vista la propensione «internazionalista» dei democrat. Si vedrà. Così come si vedranno gli effetti concreti e non più teorici dell’uscita del Regno Unito dall’Ue. L’Erasmus a Londra non si potrà più fare. Ma di cavallette, fiumi insanguinati e piaghe bibliche all’orizzonte non c’è traccia.

COVID-19 - L’ospite inatteso, l’essere invisibile che mette in ginocchio la civiltà occidentale in una manciata di settimane. Abitudini, agi, certezze: tutto a ramengo. L’antropologo Francesco Remotti l’ha definita «la grande umiliazione». Credevamo di tenere il mondo in pugno, il pugno lo abbiamo preso in faccia senza nemmeno vederlo partire.

DPCM - L’atto amministrativo che ha scandito le nostre vite per un anno e incollato gli italiani a televisori e telefoni in attesa delle comunicazioni del premier. Complicati, forse incostituzionali, a volte contraddittori, questi decreti sono stati la bussola per il viaggio nel 2020. L’incubo di cittadini e giornalisti. Farne un definitivo ricordo del passato è in cima agli auspici di tutti.

EROI - Così sono stati appellati medici e infermieri durante le prima ondata fra striscioni, canti e applausi. Alla fine della seconda, la Sanità è la cenerentola del Recovery Fund con appena 9 miliardi ad oggi previsti. Commentare è superfluo.

FIGURACCE - In tanti si sono domandati se il virus non possieda per caso una qualche forma di intelligenza. Di certo è un castigamatti che si è divertito a infettare chi l’ha negato o sminuito. Valgano gli esempi di Boris Johnson e Jair Bolsonaro, o del nostrano Nicola Zingaretti. Tutti positivi dopo qualche scivolone tra «immunità di gregge» ed «è solo un’influenza». Fino alla fine della pandemia, astenersi da sciocche intemerate.

GLOBAL - Difficile dire se la globalizzazione esca da tutto questo bene o male. Di certo siamo tornati a chiudere frontiere, a sbarrare ingressi, a ragionare sull’interesse nazionale, sia esso sanitario o economico. Le barriere sono porose, come il virus dimostra, ma è anche vero che tutte le regole, le istituzioni e i confini che l’uomo si dà (o si toglie) alla fine si svelano per quello che sono: sempre negoziabili. E la Storia si rivela per quello che è: sempre in movimento.

HABITAT - Il riaffacciarsi di lupi, cervi e volpi nei contesti urbani, durante il periodo della clausura, è stato forse uno dei segnali più potenti degli ultimi mesi. Quando l’umanità si rintana, la Natura è sempre pronta a rioccupare gli spazi perduti. E tutti, anche i meno sensibili ai temi ecologici, hanno salutato il comparire degli animali come una sorta di ritorno del bello e dell’armonico. Per contrappunto, due riflessioni sulla disarmonia della civiltà contemporanea sarebbe forse il caso di farle.

ISTRUZIONE - La scuola, ovvero la madre di tutte le polemiche fra banchi a rotelle, didattica a distanza, concorsoni in piena pandemia. Un microcosmo nel macrocosmo del delirio italico. Gli studenti che hanno affrontato la maturità (semplificata) del 2020 esibiranno il diploma come una specie di medaglia al valore: risultato storico con uno sforzo minimo. Chi invece non è «evaso» ma è ancora dentro vorrebbe che tutto fosse affrontato con maggiore serietà. Perdere l’estate, senza pensare a una soluzione per i trasporti, è stato un peccato mortale. Si spera in un cambiamento. Meno retorica e più fatti.

LIBERTA’ - «La guerra rende magri», scriveva Massimo Fini. Nel senso che, asciugando il superfluo, riporta tutto all’essenziale. La pandemia non è una guerra ma l’esito è più o meno lo stesso: le limitazioni ci hanno ricordato quale sia il bene più prezioso di tutti. Troppe volte si è data la libertà per scontata. E non solo quella grandiosa di progettare rivoluzioni. Ma anche quella, più banale, di uscire a fare una passeggiata. Ciò che era scontato, improvvisamente può diventare vietato. Altra lezione di vita.

MEZZOGIORNO - Il Sud è il grande tema di oggi e domani. L’arrivo, dal 2021, dei fondi europei del Recovery ha riportato al centro la «questione meridionale». È una faccenda di percentuali, innanzitutto: al Mezzogiorno spetterà il 34% delle risorse, come anticipato dal ministro Giuseppe Provenzano, o il 70% come prevede una più larga interpretazione dei criteri europei? D’altra parte è proprio il divario Nord-Sud uno dei fattori che giustificano il corposo afflusso di risorse verso l’Italia. Difficile pensare che quei fondi cancelleranno anni e anni di politiche sbagliate ma qualcosa di buono si può fare. È un rigore da non sbagliare.

NEGAZIONISTI - Si continua a deridere di chi nega l’esistenza del virus o lo sminuisce. D’accordo. In pochi però hanno notato come il crescere del fronte negazionista coincida con il disagio materiale che si allarga nel Paese. Perché il barista che a marzo si chiudeva in casa e cantava dal balcone ora dice che il virus non esiste? Si cercano disperatamente analisti della realtà. Si può ridere delle terre piatte, ma della rabbia sociale no.

ONLINE - Se già la vita di ognuno si era da tempo trasferita online, il Covid ha dato il colpo di grazia, dimostrando che tutto (o quasi) può essere fatto davanti a un Pc. Per fortuna è arrivato subito il controcanto a ricordare che fare lezione dal tinello di casa non è lo stesso che farla a scuola. E che smaterializzare il lavoro vuol dire, in buona sostanza, smaterializzare i diritti. La realtà è ancora viva (ma per quanto?).

PIBE, PABLITO E PROIETTI - Qualcuno ha scritto che Dio si è messo in testa di giocare a calcio e ha chiamato a sé Diego Armando Maradona e Paolo Rossi. Tra le ferite del 2020 c’è anche la scomparsa di due campioni, uno globale, l’altro nazionale, due irregolari per ragioni diverse. Gli snob e i radical chic possono lamentarsi finché vogliono della troppa attenzione riservata ai «figli del pallone», ma questi sono pezzi di storia. E di cuore. Fatevene una ragione. Nessuna polemica (per fortuna) ha accompagnato l’uscita dal palcoscenico, per l’ultima volta, di Gigi Proietti. Altro gigante dell’Italia migliore volato via nel cielo buio di questo anno maledetto.

QUARANTENA - L’obbligo di rimanere a casa, le autocertificazioni per uscire, le auto della polizia in giro per le città deserte. Nulla più di questo ha dato al Paese la sensazione di vivere un film distopico o un brutto incubo. È «l’incredibile» da raccontare ai nipoti. Sperando che ci credano.

RECOVERY FUND - Gli oltre 200 miliardi in arrivo dall’Europa sono, insieme al Mes, il grande il nodo che scuote il dibattito. Non sono soldi piovuti dal cielo, al netto non saranno poi così tanti e il loro uso, più o meno sapiente, ne determinerà il valore alla fine della giostra. La speranza è che le parole d’ordine del politicamente/economicamente corretto («rivoluzione verde», «parità di genere», «innovazione») non si mangino tutto il capitale per cose che non servono. Di slogan si può anche morire.

SOVRANISTI - Più della vittoria di Biden è stato il Covid a indebolire i sovranisti che non sono riusciti, in tanti mesi di pandemia, a trovare l’idea forte che li trascinasse. In bilico fra il negare e il non negare, fra la quarantena e l’immunità di gregge, fra la piazza e la responsabilità, sono rimasti in mezzo al guado. Un po’ scoloriti e senza voce.

TASK FORCE - L’Italia è seppellita dai tecnici, dagli esperti, dai manager. Tirare su strutture e comitati è diventato l’hobby nazionale anche se questo non impedisce che ci siano dieci opinioni diverse su ogni cosa. Forse ha ragione chi dice che il proliferare delle task force sia un trucco della vecchia politica: decidere da sotto la gonnella dei tecnici allevia le responsabilità. Se la decisione è sbagliata, in fondo, hanno sbagliato gli esperti.

UNITA’ NAZIONALE - Siamo partiti uniti e siamo finiti a pezzi. Non solo per i morti o per il collasso economico. La verità è che l’affratellamento iniziale è durato poco, pochissimo. Oggi il Paese è innervato da una pletora di conflitti e rancori striscianti: statali contro partite Iva, Nord contro Sud, negazionisti contro ipocondriaci. L’Italia s’è persa, da qualche parte la ritroveremo.

VACCINI - Sarà il tema di fuoco delle prossime settimane e dei prossimi mesi. Bisognerebbe parlarne con calma e rigore scientifico, ma tutto ci dice che finirà in caciara tra le foto dei vip con siringa nel braccio, gli strilli dei no vax, la caccia al virologo titubante e i possibili inceppamenti nella distribuzione. Si approssimano tempi bui.

XYLELLA - Mentre gli occhi di tutti sono puntati sul Covid, una vecchia conoscenza continua a mietere vittime, ultimamente anche nella piana degli ulivi di Ostuni (Brindisi). Un modo, feroce, per ricordarci che i nuovi mostri non pensionano i vecchi. Questi ultimi sono ancora lì e non fanno sconti. La guerra su un fronte solo non esiste.

ZERO - Anno zero, ripartenza, ce la faremo. In qualche modo questa storia finirà e ci toccherà ripartire daccapo. Nessuna nostalgia del bel tempo che fu (ma era davvero così bello?), il domani sarà diverso. Ma della tabula rasa qualcuno cercherà, come sempre, di approfittare. In campana.

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