Il siderurgico

Ilva, torna lo Stato dopo 25 anni: accordo Mittal-Invitalia. Sindaco Taranto: «Per noi è carta straccia». Emiliano: «Puglia contraria»

Redazione online

Al termine dell’operazione Invitalia sarà l'azionista di maggioranza con il 60% del capitale della società, avendo Arcelor Mittal il 40%. Soddisfazione di Patuanelli e Gualtieri

«Noi ancora adesso non conosciamo le carte di dettaglio di questo piano e andiamo avanti con l'accordo di programma. Questo piano per noi è carta straccia, noi dobbiamo occuparci della salute del tarantini». Così il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci commenta l’intesa siglata tra ArcelorMittal e Invitalia. Comune e Regione, come è noto, intendono costituire il «Tavolo per la sottoscrizione dell’Accordo di Programma per la bonifica, il risanamento ambientale, la riconversione e lo sviluppo del polo siderurgico di Taranto» con proposte alternative a quelle del governo e della multinazionale.

«Dal premier Conte - ha aggiunto Melucci riferendosi alle dichiarazioni rilasciate dal presidente del Consiglio al termine del vertice europeo - ne abbiamo sentite tante di parole importanti. Ci viene chiesto di fare l'ennesimo atto di fede, ma noi non possiamo accettarlo. La prospettiva che il Governo pone rispetto al tema dell’idrogeno è una prospettiva molto lunga». Secondo il primo cittadino, «la verità è che prima del 2022 non cambia niente, resta anche l'attuale governance in capo a Lucia Morselli con la presenza dello Stato, che ancora non è in maggioranza. E non ci sono investimenti importanti dal punto di vista tecnologico». «Per gennaio, non so se i sindacati lo annunciano - osserva Melucci - o riferiscono solo delle cose dal loro punto di vista positive, ci saranno altre 3mila persone in cassa integrazione. Insomma, l'orizzonte che traccia il premier chiaramente ci interessa, lo valuteremo sul tavolo dell’accordo di programma». Ma «oggi - conclude il sindaco - ci viene chiesto almeno fino al 2025 di sacrificare ancora la salute dei tarantini. Noi non lo possiamo accettare, volevamo più coraggio, più investimenti anche dal Recovery plan e interventi che partissero subito con questa prospettiva».

CONTE: ILVA SARA' VERDE - «Certamente a Taranto ci sarà l'idrogeno, ci siamo ripromessi fin dall’inizio che sarà il progetto più avanzato e più serio di transizione energetica": lo ha detto il premier Giuseppe Conte al termine del vertice europeo rispondendo a chi gli chiedeva se all’Ilva di Taranto, destinata ai fondi del Just Transition, si abbandoneranno i combustibili fossili. Conte ha assicurato che il programma dell’accordo prevede che nello stabilimento si abbandoneranno in parte i combustibili fossili, e «man mano diventerà tutto verde», ma «occorre farlo in un arco temporale già previsto dal piano»

L'ACCORDO FIRMATO NELLA TARDA SERATA DI IERI - Il futuro ha un cuore antico per la ex Ilva di Taranto. Lo Stato imprenditore torna nella gestione del siderurgico più grande d’Europa e di tutti gli impianti siderurgici che il gruppo possiede in Italia. La firma dell’intesa è arrivata a tarda sera e prevede un deciso investimento pubblico che consentirà di garantire alla fine la piena occupazione dell’impianto e di ridurre l’inquinamento per la produzione di acciaio. La mano pubblica entra nella società italiana Am Investco con un doppio aumento di capitale: un primo aumento da 400 milioni di euro darà a Invitalia, che è controllata dal ministero dell’Economia, il 50% dei diritti di voto della società. A maggio del 2022 è programmato, poi, un secondo aumento di capitale, che sarà sottoscritto fino a 680 milioni da parte di Invitalia e fino a 70 milioni di parte di Arcelor Mittal.

Il ministro del tesoro, Roberto Gualtieri e dello Sviluppo, Stefano Patuanelli hanno espresso soddisfazione per l’intesa che avrà un doppio impatto. Si prevede alla fine del processo il completo assorbimento di 10.700 lavoratori. E partirà da subito un piano di decarbonizzazione attraverso l’avvio della produzione di acciaio con processi meno inquinanti.
È prevista la creazione di una nuova linea di produzione esterna al perimetro aziendale (DRI) e di un forno elettrico interno allo stabilimento che a regime potrà realizzare 2,6 milioni di tonnellate annue di prodotto. «Circa un terzo della produzione di acciaio - sostengono Mef e Mise - avverrà con emissioni ridotte, grazie all’utilizzo del forno elettrico e di una tecnologia d’avanguardia, il cosiddetto «preridotto», in coerenza con le linee guida del Next Generation EU. La riduzione dell’inquinamento realizzabile con questa tecnologia è infatti del 93% a regime per l’ossido di zolfo, del 90% per la diossina, del 78% per le polveri sottili e per la CO2».

Sarà ora necessario vedere se l’intesa raggiunta soddisfa il territorio, con il sindacato di Taranto e di molti comuni limitrofi che avevano ipotizzato altri interventi. Il governo ha annunciato che darà vita a un tavolo con gli enti locali per accompagnare e monitorare la transizione. E se la piena occupazione promessa alla fine del processo riuscirà a dissipare le preoccupazioni delle 'tute blu', anche se nel prossimo quinquennio gli esuberi temporanei sarebbero coperti - ma i comunicati diffuso in serata non ne fanno menzione - dagli ammortizzatori sociali dei quali lo Stato si fa garante.
L’annuncio ufficiale dell’accordo è destinato ad alzare il velo anche su altri aspetti della vicenda, a cominciare dalla governance che dovrebbe essere inizialmente paritaria con presidente e amministratore delegato espressi l’uno da Invitalia e l’altro dalla Mittal. Anche su questo punto non ci sono comunicazioni ufficiali.
Per l’impianto di Taranto si profila comunque in ritorno al passato. Nata nel 1905 l’Ilva passò all’Iri nel 1929 e venne ceduta ai Riva solo nel 1995, con il piano di privatizzazioni. Il commissariamento è datato 2012. ArcelorMittal arriva nel 2018 e ora arriva una nuova svolta.

IN ACCORDO REVOCA SEQUESTRI - Le condizioni sospensive al closing (dell’ingresso di Invitalia in AM InvestCo, controllata
ArcelorMittal) comprendono: «la modifica del piano ambientale esistente per tenere conto delle modifiche del nuovo piano industriale; la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto; e l’assenza di misure restrittive, nell’ambito dei procedimento penali in cui Ilva è imputata, nei confronti di AM InvestCo. Lo precisa in una nota ArcelorMittal. 

EMILIANO: GOVERNO PUGLIA CONTRARIO AD ACCORDO - «Tutta la maggioranza di governo della Regione Puglia da me consultata oggi pomeriggio in apposita conferenza dei capigruppo, alla quale hanno partecipato Pd, Con Emiliano, Popolari con Emiliano, cui si è aggiunta la capogruppo del M5S, in coerenza con le linee programmatiche di recente approvate dal Consiglio Regionale della Puglia, esprime il proprio netto dissenso sul contenuto dell’accordo ArcelorMittal, Invitalia, Governo italiano avente ad oggetto il gruppo Ilva. Un accordo che non tutela la salute dei tarantini e il nostro ambiente». Lo dichiara il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. «La sola idea che il raggiungimento di una produzione industriale vicina alle 6 milioni di tonnellate di acciaio, passi attraverso la ricostruzione degli altiforni, ed in particolare di AFO 5, genera sgomento": lo dichiara il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano in merito alla notizia sull'avvenuta firma dell’accordo tra Governo italiano, Invitalia e Arcelor Mittal. Secondo il governatore pugliese, l’accordo «appare anacronistico e assolutamente fuori dal perimetro di decarbonizzazione che è stato per anni oggetto di discussione ed approfondimento». «Abbiamo oggi appreso solo dalla stampa - prosegue Emiliano - che lo Stato italiano è diventato nuovamente socio, questa volta al 50%, di una delle più importanti acciaierie europee avente sede a Taranto, dalla cui proprietà al 100% era uscito nel 1995. L’Accordo tra Invitalia e Mittal non è noto e le informazioni a nostra disposizione sono scarne e frammentarie. Appare, tuttavia, evidente che l’accordo è avvenuto nel solco di un piano industriale che, confermando o addirittura rilanciando la tecnologia tradizionale che ha caratterizzato la fabbrica di Taranto dalla sua costituzione ad oggi, appare anacronistico e assolutamente fuori dal perimetro di decarbonizzazione che è stato per anni oggetto di discussione ed approfondimento».
«Ricostruire il più grande altoforno d’Europa - prosegue - con la tecnologia a ciclo integrato a carbon coke significa continuare ad inquinare l’80% in più rispetto alle tecnologie con le quali si attua la decarbonizzazione totale della fabbrica. È una scelta incongrua, datata, utile esclusivamente ad avvicinare la fabbrica ad una ipotesi di presunta redditività che, però, dovrà essere comunque garantita dai soldi pubblici a sostegno della massiccia cassa integrazione attuata da ArcelorMittal attuale affittuario di un ramo d’azienda. Redditività che, ricordiamolo tutti, si basa sulla condivisione, o meglio sullo scarico totale al sistema pubblico, di tutti i danni di natura ambientale e sanitaria che quella fabbrica ha generato e genererà ancora per anni». 

«Sconvolge che l’accordo venga siglato contemporaneamente ai decisivi passi che l’Unione europea ha compiuto con il programma Next Generation. Firmando l'accordo di stanotte l’Italia saluta questo importante traguardo offrendo al mondo una prospettiva industriale del secolo scorso, in cui le next generations subiranno il peso ambientale, sociale e finanziario di una scelta scellerata»: è quanto sostiene il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, in merito alla notizia sull'avvenuta firma dell’accordo tra Governo italiano, Invitalia e Arcelor Mittal.
«Abbiamo offerto - continua Emiliano - con lealtà e perseveranza al Governo l’opportunità di confrontarci su un tavolo tecnico, dove avremmo portato un contributo che deriva non solo dai nostri approfondimenti tecnico/finanziari, ma dalla lettura della realtà rappresentata dall’evoluzione in atto nell’industria pesante in tutto il mondo. Davanti alle evidenze che portiamo, relative alla concreta possibilità di operare una transizione verso tecnologie pienamente eco-compatibili, che partano dal gas e raggiungano l’idrogeno, ci viene eccepito che si tratta di tecnologie troppo costose e non profittevoli. Nonostante i cittadini italiani stiano da anni mantenendo con le proprie tasse un’azienda tecnicamente improduttiva, asseritamente strategica. Da anni gli italiani offrono, senza rendersene conto, un contributo finanziario determinante per la sopravvivenza della fabbrica, nonostante la fabbrica uccida, inquini, faccia ammalare, allontani altri investimenti industriali e turistici. E questo già oggi, in costanza della presenza di un investitore privato».

L’eventuale futura «impossibilità di realizzare il piano» industriale dell’ex Ilva «consentirà a Mittal di liberarsi dei suoi obblighi probabilmente in danno del socio. Un vero capolavoro politico e in diritto": è quanto sostiene il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano in merito alla notizia sull'avvenuta firma dell’accordo tra Governo italiano, Invitalia e Arcelor Mittal.
«L'accordo firmato - spiega - mette lo Stato di fronte alla responsabilità di garantire che il piano industriale allegato all’accordo, venga totalmente realizzato: autorizzato, finanziato, posto in essere. Solo che da ieri, lo Stato ha deciso di affrontare questo obbligo da socio». «La nostra battaglia - conclude - per la salute dei tarantini continua. L'accordo governo-Arcelor non ci tutela, il nostro obiettivo è sempre chiudere le fonti inquinanti».

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