L'indagine

Fuga di notizie su Emiliano: sequestrati cellulari di 2 giornalisti. Fnsi: violata segretezza fonti

Redazione on line

I fatti si riferiscono ad aprile scorso. I Carabinieri hanno eseguito una copia forense di una parte del contenuto della memoria dei telefoni

I carabinieri hanno sequestrato - e restituito dopo aver fatto copia di una parte del contenuto - i telefoni cellulari dei giornalisti de La Gazzetta del Mezzogiorno, Massimiliano Scagliarini e Nicola Pepe, nell’ambito delle indagini sulla presunta fuga di notizie relativa all’inchiesta a carico del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sulla base di un provvedimento disposto dalla Procura di Bari, a firma del procuratore aggiunto Lino Giorgio Bruno e dal pm Savina Toscani.

Stando all’ipotesi della Procura e alla denuncia dello stesso Emiliano, tale fuga di notizie consentì al governatore di venire a conoscenza dell’indagine a suo carico prima della notifica dell’avviso di garanzia per abuso d’ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità e false fatture.

Nell'inchiesta sono indagati i due giornalisti per favoreggiamento personale e «pubblici ufficiali da identificare» per divulgazione di notizie riservate. Gli investigatori hanno sequestrato i telefoni dei due giornalisti - che sono stati subito restituiti dopo aver effettuato una copia dei file e dei dati contenuti - «ritenuta l’indispensabilità - si legge nel decreto - della rivelazione della fonte informativa ai fini della prova del reato di divulgazione di notizie riservate e dell’individuazione dei pubblici ufficiali che hanno messo terze persone al corrente di notizie che dovevano restare segrete».

La ricostruzione dei fatti che ha portato all’apertura dell’indagine per fuga di notizie e a quelli odierni di sequestro «scaturirebbe da dichiarazioni rese dallo stesso presidente della Regione nei confronti miei e di un altro collega», dichiara in una nota Pepe, assistito dall’avvocato Francesco Paolo Sisto. «Pur apprezzando la compostezza delle operazioni di pg, cui ho prestato massima collaborazione acconsentendo immediatamente alla copia forense nella consapevolezza della correttezza della mia condotta, - dice Pepe - nutro seri dubbi sulla legittimità dell’atto di sequestro del telefono di un giornalista. Il giornalista non può essere infatti obbligato a rivelare, a prescindere da ogni valutazione da chi procede alle indagini, le fonti delle sue notizie».

Scagliarini, difeso dall'avvocato Gaetano Castellaneta, precisa di non aver «mai preannunciato ad alcuno l'imminenza di atti di indagini, e non ho mai incontrato il presidente Michele Emiliano alla vigilia della perquisizione di aprile, cosa di cui da' atto la stessa Procura. Il mio mestiere - aggiunge - e' trovare notizie e pubblicarle, cosa che ho fatto anche in questa occasione. Resta l'assurdita' di un atto, l'acquisizione del telefono cellulare, tesa a individuare le mie fonti in barba alla tutela costituzionale garantita all'attivita' giornalistica».

ASSOSTAMPA: ATTACCO SEGRETEZZA FONTI - Disporre perquisizioni e sequestri degli strumenti di lavoro di un giornalista al solo fine di scoprire chi gli ha rivelato una notizia, è una pratica da condannare perché, come più volte ribadito dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, rappresenta un attacco alla segretezza delle fonti dei giornalisti» dichiarano la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Associazione della Stampa di Puglia, esprimendo «solidarietà» al collega.

«Non è compito dei cronisti tenere nascoste le notizie. Al contrario, sempre secondo la giurisprudenza della Cedu, spesso ignorata dagli inquirenti, i giornalisti - continuano - sono tenuti a pubblicare tutte le notizie che hanno una rilevanza per l'opinione pubblica. Nessun dubbio che i cittadini avessero il diritto di sapere che il presidente della Regione Puglia era indagato. Che la notizia fosse ancora coperta da segreto nulla rileva ai fini della pubblicazione. Se fuga di notizie c'è stata, gli inquirenti dovrebbero cercare il responsabile o i responsabili altrove, magari negli stessi uffici della Procura, lasciando perdere perquisizioni e sequestri a carico dei giornalisti che, è ancora la Cedu a dirlo, rappresentano un attacco al diritto di cronaca e al diritto dei cittadini ad essere informati».

L'INTERVENTO DEL CDR DELLA GAZZETTA - ll Comitato di redazione della Gazzetta del Mezzogiorno esprime solidarietà ai colleghi Massimiliano Scagliarini e Nicola Pepe destinatari di un decreto di consegna e decreto di perquisizione personale e locale emesso dalla Procura di Bari con l'aggiunto Lino Giorgio Bruno e il pm Savina Toscani. L'ipotesi di reato è favoreggiamento personale. La Procura indaga sulla fuga di notizie che avrebbe consentito al presidente della Regione Puglia Michele Emiliano di conoscere in anticipo la scorsa primavera di una imminente perquisizione ai suoi danni nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria a carico dello stesso governatore.

Un fascicolo, quest'ultimo, che parte da una denuncia dello stesso Governatore. I colleghi non sono stati materialmente perquisiti perché hanno spontaneamente consegnato il loro cellulare sbloccato, consentendo al consulente della Procura di effettuare una copia forense. Il cellulare è dunque stato sequestrato e poi restituito ai colleghi dopo le attività necessarie ad effettuare la copia. Alle operazioni hanno assistito l’avv. Gaetano Castellaneta, legale di fiducia del giornale, per il collega Scagliarini e l'avv. Francesco Paolo Sisto per il collega Pepe. Il comportamento dei carabinieri, va detto, cui sono state delegate le indagini, è stato esemplare nonché assolutamente rispettoso nei confronti di entrambi i colleghi. 

Ciò non toglie che il Cdr ritiene quanto accaduto un fatto molto grave che incide pesantemente sulla libertà d'informazione. Disporre un atto così invasivo nel tentativo di scoprire le fonti di un giornalista contrasta con una giurisprudenza consolidata della Corte europea dei diritti dell'uomo che tutela la segretezza delle fonti dei giornalisti in nome di un principio superiore qual è il diritto dei cittadini ad essere informati. Scavare nel cellulare di un giornalista professionista alla ricerca delle sue fonti sembra andare in una pericolosa direzione opposta rispetto a questi principi. Il giornalista, anche alla luce del disposto dell'art. 200 del c.p.p., non può essere infatti obbligato a rivelare, a prescindere da ogni valutazione da chi procede alle indagini, le fonti delle sue notizie».

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