La legge non consente la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti «derivati dalla coltivazione della cannabis», come l'olio, le foglie, le inflorescenze e la resina. Lo ha hanno deciso le Sezioni unite penali della Suprema corte che così danno uno stop alla vendita della «cannabis light».
La commercializzazione di «cannabis sativa L.» e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge n.242 del 2016 che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa» delle varietà per uso a fini medici, «pertanto integrano reato», afferma la Cassazione nella sua massima sulla «cannabis light», «le condotte di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L., salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante».
Saranno dunque i giudici di merito, di volta in volta, a valutare quale sia la soglia di «efficacia drogante» che rientra nei «parametri» del consentito. Il verdetto emesso dalle Sezioni Unite si è concluso con l'annullamento con rinvio della revoca di un sequestro di prodotti derivati dalla cannabis, come chiesto in subordine dal Pg della Suprema Corte che si era espresso per l’invio degli atti alla Consulta, come prima indicazione. Il fatto rigarda la Procura di Macerata uno degli uffici inquirenti che insieme a Taranto aveva disposto sequestri degli shop.
LA LINEA DURA DELLA PROCURA TARANTINA
Il verdetto, infatti, sposa la tesi della Procura jonica che - su input del procuratore Capristo (nella foto sotto) - nei mesi scorsi aveva assunto una posizione decisa contro i c.d. cannabis shop disponendone la chiusura di 48, compresi di distributori automatici vicino alle scuole. Ai gestori di tali punti vendita era stato contestato il reato di detenzione di modiche quantità di sostanze stupefacenti: sotto accusa ci sono 52 persone che si sono viste sequestrare dalla Guardia di finanza quantitativi di cannabis sativa proveniente da semenze certificate con un Thc entro lo 0,6% (l'indagine è stata condotta dal pm Lucia Isceri).
Il procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, interpellato si dice soddisfatto «di questa decisione delle Sezioni unite che sancisce un principio di diritto inoppugnabile e che salva al momento i nostri ragazzi». Tale provvedimento delle Sezioni unite legittimerebbe adesso gli interventi da parte di altri uffici inquirenti finora un po' più «prudenti»: fino a prova contraria, solo una norma ad hoc potrebbe superare tale ostacolo interpretativo da parte dei giudici di legittimità.
Secondo la Coldiretti, in cinque anni in Italia sono aumentati di 10 volte i terreni coltivati a cannabis sativa, passati dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018 nelle campagne.
Commercianti di Taranto che, in ottobre, si sono visti sequestrare dalla Guardia di finanza nei propri negozi e distributori automatici quantitativi di cannabis sativa proveniente da semenze certificate con un Thc entro lo 0,6%. L’operazione delle Fiamme Gialle portò, nell’ambito di una inchiesta del sostituto procuratore Lucia Isceri che ha iscritto nel registro degli indagati 51 persone, alla chiusura dei grown shops e alla contestazione ai rivenditori del reato di spaccio di sostanze stupefacenti.