Giustizia svenduta

Trani, Savasta sapeva dell'arresto: «Decisi di non scappare»

Massimiliano Scagliarini

Il memoriale dell'ex pm di Trani: «Fu Nardi a orchestrare tutto»

Antonio Savasta sapeva che sarebbe stato arrestato su richiesta della Procura di Lecce: «Ho deciso di non fuggire e di attendere il mio inevitabile destino con dignità, trascorrendo il Natale con mia moglie e mio figlio e la mia famiglia recandomi a roma per gli ultimi giorni di libertà». Anche l’ex pm di Trani ha redatto un memoriale, che la Procura ha depositato nell’ambito dell’incidente probatorio in corso davanti al gip Giovanni Gallo: ad avvertirlo degli imminenti arresti - scrive Savasta, oggi ai domiciliari nell’abitazione di Barletta - fu l’imprenditore Flavio D’Introno, il suo principale accusatore.
«Dopo l’incontro del 18 novembre (quello che D’Introno registra, ndr) rividi il D’Introno per consegnargli altri 6mila euro ed in quella occasione (evidentemente non registrata come tante altre nell’ottobre del 2018) mi anticipò le notizie che stavano arrestando il Di Chiaro». È l’ispettore di polizia, al momento in carcere, che sarà sentito nell’ambito dell’incidente probatorio proprio dopo Savasta. «L’informazione - prosegue il memoriale - rappresentava un gesto di gratitudine per gli ulteriori 6mila euro ottenuti. Evidenziava che vi era un elenco di persone da arrestare e che anche io ero a rischio per cui oltre alla sua fuga avrei dovuto pensare anche alla mia. Concludeva il discorso che sarebbe fuggito e che ormai la Procura di Lecce era giunta ad una svolta delle indagini avendo appreso ed acquisito dichiarazioni e riscontri di rilievo su Nardi».


Se ci sono state fughe di notizie, l’inchiesta fino ad ora non sembrerebbe averne risentito. Ma proprio dal racconto di D’Introno era emerso come l’ex gip Nardi (in carcere a Taranto, sta mantenendo il silenzio) si vantasse di rapporti con il Vaticano, la massoneria e i servizi segreti. Il ritornello torna anche nelle parole di Savasta, che racconta di aver incontrato Nardi nella sala d’aspetto della stazione di Barletta, il 13 gennaio: entrambi - dice - dovevano prendere il treno per Roma. «In quell’occasione Nardi mi avvisava che non avremmo dovuto più vederci per un certo periodo poiché le indagini in corso a Lecce risultavano in una fase critica. Affermava di aver appreso (da persona operante nell’ambito dei servizi segreti collegato con la pg di Lecce) che il D’Introno aveva ordito un tranello nei suoi confronti» e «mi diffidava dall’avere a che fare con il predetto e di evitare qualsiasi contatto diretto».


Gli atti fin qui emersi hanno evidenziato profonde discrepanze nel racconto di ciò che sarebbe avvenuto nel Tribunale di Trani, e che ha portato la Procura di Lecce a contestare ai due magistrati (in concorso con altri, tra cui lo stesso D’Introno) le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, l’abuso d’ufficio, il falso ideologico. D’Introno ha detto di aver dato un milione e mezzo a Nardi e 500mila euro a Savasta, quest’ultimo ammette solo 120mila euro tra denaro e favori per i suoi familiari. Sarà il prosieguo dell’incidente probatorio (martedì il controesame di D’Introno) a chiarire i fatti. Per ora Savasta ha, nei fatti confessato: «Ammetto la mia responsabilità in ordine ai fatti a me ascritti», negando solo due episodi collaterali. «Ho operato contra legem nella consapevolezza di favorire il D’Introno nell’ambito di una pianificazione ideata dal dottor Nardi in concerto forse con l’avvocato Cuomo e certamente l’ispettore Di Chiaro».

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