La sentenza

Bari, causa per un suolo: Comune non si difende, pagherà 500mila € ai Di Cagno Abbrescia

Nicola Pepe

La causa iniziata nel 2009 per un suolo a Carrassi, l'amministrazione ha deciso di non fare appello. Insorge Forza Italia: inusuale celerità nel pagamento

Un pezzo di suolo per ospitare due aule-mobili 45 anni fa, e mai restituito. Da un lato sorella, figli e mamma dell'ex sindaco e parlamentare di centrodestra Simeone Di Cagno Abbrescia (attuale presidente di Aqp), dall'altro Il Comune di Bari che decide di pagare un risarcimento per una causa in cui non si è difeso e ha deciso di non fare appello dopo la sentenza di primo grado. Un incrocio di coincidenze, vecchie e nuove, che ora mette i protagonisti di questa vicenda tutti sulla stessa linea. Il punto di arrivo è la delibera con cui il Comune di Bari, alcuni giorni fa, ha deciso di prelevare dal fondo di riserva mezzo milione di euro per pagare il conto ai Di Cagno Abbrescia.

La vicenda affonda le radici nel 1975 quando l'ente stipula con i Di Cagno Abbrescia un contratto di comodato biennale per un suolo al rione Carrassi confinante con la scuola primaria e dell'infanzia «Montello». Passano più di 10 anni e, nonostante una serie di raccomandate inviate all'ente, il suolo non viene restituito. La carte bollate sfociano in una causa che nel 1992 si conclude con una sentenza del tribunale che ordina al Comune di rilasciare il suolo.

Nel frattempo, dal 1994 al 2004, Simone Di Cagno Abbrescia è stato sindaco di Bari prima di consegnare l'ente a Michele Emiliano per altre due consigliature. Da qui la nuova causa, avviata nel 2009, per il risarcimento del danno da occupazione del suolo. Il Comune non si costituisce, il giudizio civile per il riconoscimento del danno va avanti e il «contatore» continua a girare macinando somme a titolo di indennità e interessi di rivalutazione. Nel 2013 la causa segna le battute finali, salvo poi registrare una pausa di tre anni e mezzo per assenza del magistrato titolare.

Si arriva dunque al 20 settembre del 2016, successivamente la causa è reimmessa in ruolo (dal 2014 si è insediato a Palazzo di città Antonio Decaro) e il giudice dispone una perizia per quantificare il danno che viene determinato - con la sentenza di giugno 2018 a firma del giudice Ilaria Casu - in 483mila e 227 euro (tra valore di canone e rivalutazione interessi fino ad agosto 2017!) oltre a spese legali, di ctu e registrazione per un totale di almeno 520mila euro. Il Comune, con un atto di giunta, decide di non fare appello - su parere dell'Avvocatura - probabilmente per limitare i danni e trasforma quella decisione in un assegno circolare per i Di Cagno Abbrescia. Al consiglio comunale toccherà la ratifica di questo debito fuori bilancio dopo il prelievo dal fondo di riserva delle somme necessarie.

FORZA ITALIA: INUSUALE CELERITA' PER IL PAGAMENTO - Sulla vicenda intervengono il coordinatore metropolitano di Forza Italia, on. Francesco Paolo Sisto e il consigliere comunale azzurro, Giuseppe Carrieri , dicono: «È incredibile come il Comune di Bari, che ha il record di litigiosità giudiziaria - vedi Cittadellla della Giustizia & co. - non si sia costituito in un giudizio civile promosso dai familiari dell’ex sindaco Simone Di Cagno Abbrescia e, subita la condanna in primo grado a pagare oltre mezzo milione di euro, non impugni nemmeno la sentenza».

«Si tratta di una disastrosa distrazione oppure di un’ipotesi di responsabilità contabile?». E aggiungono: «In tutti i casi appare davvero singolare che proprio in favore dei congiunti di Di Cagno Abbrescia, quest’ultimo recentemente approdato a sinistra nella squadra di Michele Emiliano, il Comune di Antonio Decaro abbia deciso di prestare acquiescenza e restare inerte». L'amministrazione «ha deciso di prelevare dal Fondo di riserva dell’ente- con inusuale celerità - la somma, non di poco conto, necessaria per il pagamento.Ora, per sua scelta, Decaro dovrà sottrarre alle casse del Comune, e così ai baresi, oltre 500mila euro, con buona pace di chi si attende legittimamente dall’ente comunale condotte più trasparenti e al di fuori di qualsiasi sospetto».

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