TARANTO - Sarà un processo, che inizierà il 6 marzo prossimo, a far luce sul presunto scambio di favori alle elezioni regionali del 2015 tra il consigliere regionale Michele Mazzarano (Pd) e Emilio Pastore, l’uomo che poi ha rivelato l’accordo al programma satirico “Striscia la notizia” provocando le dimissioni di Mazzarano dall’assessorato regionale allo Sviluppo economico.
La procura di Taranto è certa di aver raccolto prove che non hanno bisogno di passare dal vaglio dell’udienza preliminare e ha quindi emesso il decreto di citazione diretta a giudizio per i due imputati, che a marzo finiranno davanti al giudice. Il decreto porta la firma del procuratore capo Carlo Maria Capristo e dell’aggiunto Maurizio Carbone. L’ex assessore, interrogato nel corso delle indagini, ha sempre respinto le accuse.
«Ero convinto di aver già dimostrato ai magistrati tarantini la mia totale estraneità ai fatti. Sarà il processo la sede dove dissipare definitivamente ulteriori dubbi laddove ce ne fossero», ha commentato ieri il consigliere regionale. Mazzarano aveva già chiesto e ottenuto un incontro con i magistrati per chiarire la vicenda, assistito dagli avvocati Fausto Soggia e Luigi Salvi.
La Procura di Taranto ritiene che ci sia stato uno scambio: voti alle elezioni e l’apertura di un comitato elettorale in città per raccogliere consensi in cambio della promessa di due assunzioni presso una ditta appaltatrice dell’Ilva di Taranto per i figli di Pastore. Ipotesi questa, spiattellata poi da Pastore davanti alle telecamere di Striscia che è costata anche a lui, oltre che a Mazzarano, la contestazione del reato di corruzione elettorale. Le indagini, affidate alla Digos, sono partite a marzo, proprio con i primi servizi di Striscia, a cui Pastore aveva consegnato alcune registrazioni effettuate di nascosto in cui Mazzarano ammetteva di aver fatto assumere uno dei figli dell’uomo alla Ecologica spa, una ditta dell’appalto Ilva e garantiva il suo interessamento per far assumere anche l’altro figlio. In cambio Mazzarano avrebbe ricevuto l’impegno di Pastore a portare il proprio voto, quelli dei familiari e a procurargli altri voti attraverso l’utilizzo gratuito di un locale di via Dante, allestito come comitato elettorale per Mazzarano.
Passati due anni dalle elezioni, Pastore ha chiesto a Mazzarano 16mila euro per l’uso di quel locale e per il suo lavoro da custode durante la campagna elettorale. Il politico, invece, si è difeso spiegando di essersi impegnato a trovare lavoro ai figli di Pastore ma non in virtù di un accordo elettorale, aggiungendo di essere stato vittima di un’estorsione.