Mafia
Droga, racket e armi: la forza intimidatrice del clan dei montanari
Pettinicchio, pentito: «Anche nelle estorsioni siamo molto decisi perché il nostro modo di operare è molto spregiudicato»
Era il numero 2 del clan; ora è il numero 1 dei pentiti. “Il nostro gruppo è molto temuto nell’intera Capitanata, perché la famiglia Li Bergolis è quella di maggiore spessore criminale da più lungo tempo, quindi ci viene riconosciuta una notevole fama criminale. Nel tempo abbiamo avuto modo di dimostrare il nostro valore nel commettere ogni genere di delitto, cosa che ci è riconosciuta nell’ambiente criminale. Anche nelle estorsioni siamo molto decisi perché il nostro modo di operare è molto spregiudicato”. Parola di Matteo Pettinicchio, 40 anni, montanaro.
Il vice Miucci Pettinicchio entrò nel gruppo Li Bergolis nel 2000 a 15 anni. Sino al gennaio scorso quando ha iniziato a collaborare con la Giustizia dopo 8 anni in carcere, era il braccio destro del compaesano Enzino Miucci che nel 2010 ereditò le redini dell’associazione mafiosa in seguito alle pesanti condanne inflitte ai cugini, i fratelli Armando, Matteo e Franco Libergolis nel maxi-processo alla mafia garganica. Come spessore criminale tra i 23 pentiti del processo “Mari e monti” contro i Li Bergolis/Miucci (41 arresti a ottobre 2024; il 9 settembre udienza preliminare per 50 imputati), ci sono personaggi di maggior caratura - basti pensare all’ex boss viestano Marco Raduano reo confesso di una dozzina di omicidi - ma Pettinicchio è il numero uno per il peso nel clan, unico ad avere margini di autonomia decisionale rispetto a Miucci; perché è la prima gola profonda a infrangere il muro dell’omertà che attraversa 50 anni di vita del clan più longevo e sanguinoso del Gargano.
L’organigramma “Faccio parte del gruppo di mafia Li Bergolis/Miucci. Confermo le accuse contestatemi nell’ordinanza cautelare Mari e monti” in cui risponde di mafia e traffico di droga: così l’esordio da pentito di Pettinicchio il 30 gennaio 2025 nel carcere di L’Aquila davanti ai pm della Dda Francesco Giannella e Ettore Cardinali. “Enzo Miucci è il capo, io ho avuto un ruolo di vertice. A Monte vicini a me quali miei uomini di fiducia c’erano Giulio Guerra e… “(un garganico non imputato) “occupandosi di estorsioni, droga e rapine. Su Monte c’è poi il cognato di Miucci, Lorenzo Scarabino, negli anni diventato più organico all’associazione, prendendo lo stipendio e parlando in nome e per conto del cognato. Roberto Prencipe è uomo di fiducia di Miucci: si occupava di droga su Manfredonia; Miucci lo usava come killer. Del gruppo fa parte anche Giovanni Caterino” (manfredoniano che sconta l’ergastolo per aver fatto da basista nella strage del 9 agosto 2017 quando i Li Bergolis per uccidere il capo clan rivale Mario Luciano Romito ammazzarono anche il cognato e due fratelli agricoltori in transito sul luogo dell’agguato) “che avendo rapporti coi Romito, i nostri rivali, ci riportava molte cose di lui”.
Il fratello – A dire di Pettinicchio un ruolo importante lo avrebbe anche Leonardo (Dino) Miucci, imprenditore edile, fratello di Enzo. “Dino è stato sparato per vendetta” (sfuggì a un agguato a Manfredonia il 29 novembre 2019) “dopo la morte di Pasquale Ricucci, anche se l’obiettivo principale era Enzo”. Ricucci al vertice del clan rivale Romito - Lombardi - Ricucci fu assassinato a Macchia dal clan Li Bergolis l’11 novembre 2019. “Dino Miucci è a conoscenza di tutto, anche dei fatti di sangue pur se non ne è mai stato coinvolto. Ci avvisava di eventuali azioni di fuoco; il giorno in cui fu ucciso a Monte Giuseppe Silvestri, stava venendo in paese a avvisarci che sarebbe stato ammazzato qualcuno dei nostri. Quando fu ammazzato Franco Romito” (fratello maggiore di Mario Luciano assassinato a Siponto nell’aprile 2009) “Dino incontrò casualmente Mario Luciano Romito che gli disse che avrebbe voluto uccidere prima suo fratello Enzo e poi lui stesso. Dino Miucci faceva da trait d’unione tra il fratello Enzo e esponenti della criminalità che venivano anche da fuori. Lui ha un’impresa con cui lavora molto, anche in considerazione del suo cognome; affidargli i lavori significava stare certi di non avere problemi di sorta. La sua ditta aumentò il giro d’affari dopo l’omicidio di Mario Luciano Romito”. Tra gli imputati anche Antonio Miucci, figlio di Enzo: “inizialmente non volevano che entrasse a far parte del clan; nell’ambito della criminalità tutti sapevano chi fosse, presumo che abbia fatto uso del suo cognome per accreditarsi”.
I narcos Tra gli uomini più vicini al boss Miucci, la Dda pone Raffaele Palena “che si è sempre occupato di droga: era legittimato a spacciare a Monte perché vicino a Miucci”. Altro presunto narcotrafficante sarebbe stato Saverio Tucci, manfredoniano detto “Faccia d’Angelo” ucciso a Amsterdam a ottobre 2017 dal compaesano Carlo Magno poi pentitosi. “Anche Tucci faceva parte del gruppo” il racconto di Pettinicchio “essendo un uomo fidato di Miucci: si occupava di narcotraffico dall’Olanda; partecipò a fatti di sangue”.
Amici -rivali – Ex appartenente al clan Li Bergolis prima di schierarsi coi rivali Romito/Lombardi/Ricucci era il boss viestano Marco Raduano, pentitosi a marzo 2024. “Su Vieste Raduano entrò a far parte del nostro gruppo da poco prima che venisse uccise Angelo Notarangelo”, a capo del clan viestano assassinato a gennaio 2015. “Per un paio d’anni Miucci e Raduano sono stati molto legati; Raduano è rimasto con noi sino all’omicidio del cognato Giampiero Vescera” del settembre 2016.
Alleati uccisi - “Con noi c’era il viestano Girolamo Perna ucciso” (dal clan Raduano a aprile 2019) “perchè faceva parte del nostro gruppo. Fu Perna a includere nel gruppo i cugini Claudio e Giovanni Iannoli: inizialmente si occuparono di droga, poi anche di azioni di fuoco soprattutto Giovanni, ma gli ordini arrivavano sempre da Miucci”. Anche Giuseppe Silvestri ammazzato a Monte il 21 marzo 2017 (condannati per l’agguato i capi clan Matteo Lombardi e Marco Raduano) morì “proprio perché era molto vicino a me e Miucci. Fummo io e Enzo a acquistargli il vestito per il funerale, pagandolo più di mille euro”.
Stipendio all’ergastolano Dal pentito un accenno anche a Franco Li Bergolis, catturato a settembre 2010 dopo 18 mesi di latitanza per scontare l’ergastolo per omicidio, mafia, droga, estorsioni, armi inflitto nel maxi-processo. “Francesco Li Bergolis è stato a capo del clan; ebbe maggior peso dal 2008 al 2010 quando fu catturato. Aveva rapporti epistolari con Miucci, tramite il quale mi mandava i saluti. A Franco Li Bergolis ho passato lo stipendio fino al 2012: gli davo 2500 euro al mese, erano i proventi delle estorsioni; glieli facevo arrivare tramite un familiare. Ogni volta che abbiamo potuto io e Miucci abbiamo fatto arrivare un pensiero anche ai suoi fratelli”.