FOGGIA - “Basta con la proroga delle indagini, siamo alla terza chiesta dalla Procura: chiedo che si arrivi in tempi rapidi al processo”. L’avvocato Michele Sodrio, difensore di uno dei 31 soggetti coinvolti nell’inchiesta “New life” sui presunti maltrattamenti a 25 pazienti con grave ritardo mentale ricoverati al “Don Uva” di via Lucera, solleva il caso. “Nei giorni scorsi” scrive in una nota il legale “la mia cliente ha ricevuto una terza richiesta di proroga avanzata al gip dal pm Pietro Iannotta nei confronti di 31 persone; mi opporrò perchè ritengo che non ci sia alcuna motivazione sostanziale, come peraltro già feci rilevare rispetto alla seconda richiesta di proroga che fu concessa. La mia assistita è una giovane educatrice, laureata e stimata da tutti, parenti dei ricoverati in primis. Ha avuto la vita sconvolta da questa vicenda, anche perchè fu colpita da misura cautelare interdittiva; ha perso il posto di lavoro, perchè licenziata, licenziamento impugnato davanti al tribunale. Non è possibile che in un paese civile prima si sconvolgano le vite delle persone e poi si facciano anni di indagini: siamo già a tre proroghe. Non chiediamo altro che andare al processo: la mia cliente fu raggiunta dalla misura cautelare l’ormai lontano 24 gennaio 2023, con tutta la gogna mediatica che ne seguì soprattutto sui social. Chiediamo solo il processo”.
La richiesta di proroga avanzata dal pubblico ministero riguarda 31 indagati accusati a vario titolo di maltrattamenti aggravati, sequestro di persona e un sospettato anche di 2 episodi di violenza sessuale. Ecco quanto scrive il pubblico ministero nella richiesta al giudice per le indagini preliminari di prorogare le indagini sino al 14 gennaio 2025: “Il 14 giugno è scaduto il termine di 6 mesi (già precedentemente prorogato) dal giorno dell’iscrizione nel registro delle persone sottoposte a indagini; non si sono potute concludere le indagini preliminari, in quanto c’è la necessità di svolgere ulteriori attività di ricerca delle prove in grado di comprovare la fondatezza delle ipotesi di reato. Pur essendo state compiute rilevanti attività investigative, la complessità delle indagini ancora necessarie, unite a considerevoli se pur comprensibili ritardi della polizia giudiziarie nel compiere gli accertamenti delegati, rende indispensabile proseguire le indagini, anche perché non sono ancora pervenuti in Procura gli esiti degli accertamenti tempestivamente delegati alla polizia giudiziaria e che vanno riscontrati”.
Il blitz di Procura e carabinieri scattò il 24 gennaio 2023 con l’esecuzione di 30 ordinanze cautelari nei confronti di 8 infermieri, 19 operatori socio-sanitari, 2 educatori professionali e 1 addetto alle puglie; il gip dispose il carcere per 7 persone, arresti domiciliari per 8, e 15 divieti di avvicinare le persone offese e/o di dimora nella residenza socio-sanitaria riabilitativa presso l’ospedale “Don Uva” di via Lucera. Ai 30 destinatari delle ordinanze cautelari si contestano a vario titolo 19 episodi di maltrattamenti sotto forma di schiaffi, spintoni, strattonamenti, insulti, minacce, umiliazioni nei confronti di pazienti oligofrenici; 13 sequestri di persona con i degenti chiusi nelle stanze e nella mensa; 2 violenze sessuali (palpeggiamento di una degente, aver indotto due malati a compiere atti sessuali); favoreggiamento per cercare e disattivare le telecamere e microspie nascoste dai carabinieri nel reparto femminile al terzo piano del plesso B della struttura di via Lucera.
Nei mesi successivi al blitz la Procura di Foggia inviò poi informazioni di garanzia a 3 responsabili della struttura per l’ipotesi di reato di concorso in maltrattamenti per “aver consapevolmente tollerato senza intervenire, violando così il dovere di impedire i maltrattamenti; pur essendo a conoscenza delle difficili condizioni lavorative degli operatori sanitari del reparto, dell’evidente aumento dell’aggressività degli stesso operatori determinato dalle pressioni cui erano sottoposti per la carenza di organico, e pur sapendo che il personale ricorreva a violenze fisiche e morali anche al fine di facilitare il proprio lavoro rendendo più remissive le persone offese, i tre indagati non intervennero per alleviare i carichi di lavoro”.
La prova principale delle presunte violenze sui pazienti è rappresentata dai filmati registrati per due mesi - 6 luglio/primi di settembre 2022 – dalle telecamere nascoste nel reparto, prima che venissero scoperte da alcuni sospettati e ruotate in modo da oscurare le pretese. Che il lavoro investigativo da svolgere fosse notevole emerse chiaramente da una nota dei carabinieri del febbraio 2023 per attestare che c’erano 74mila intercettazioni audio/video da trascrivere e riversare. A marzo 2023 il pm chiese e ottenne dal gip una prima proroga di sei mesi delle indagini a carico di 18 persone (le prime in ordine di tempo a essere iscritte nel registro degli indagati) che scadeva nell’ottobre successivo. Seguì una seconda richiesta accolta di proroga indagini scaduta a metà giugno; ora c’è la terza a carico di 31 persone.