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Foggia, tutti i mandanti e killer nella guerra tra i clan svolta nelle indagini

 
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Foggia, tutti i mandanti e killer nella guerra tra i clan svolta nelle indagini

Al lavoro dopo la ricostruzione dei due agguati falliti ad altrettanti boss della Società, Vito Bruno Lanza e Roberto Sinesi

Domenica 19 Maggio 2024, 15:31

Roberto Sinesi a Vito Bruno Lanza: “Tu vai da un sacco di anni che mi vuoi ammazzare; io ho cercato di ammazzare a te”. Il figlio Francesco: “Dobbiamo fare la guerra, ammazzare a tutti”. Il nipote Luigi Biscotti: “lo zio ti ha detto, ce l’andiamo a mangiare domani”. Vito Lanza sul letto d’ospedale: “io vado a casa loro, specialmente di quello con la testa grande”. Ancora Lanza, in carcere: “E’ stato quel cornuto di Sinisi, di Roberto, quel cornuto mi ha fatto fare questa azione”. Rocco Moretti: “Lui” (Sinesi) “ha attentato alla vita di Bruno Lanza e io ho attentato alla vita sua, adesso siamo uno a uno”. Trasuda odio, vendetta, filosofia mafiosa nella metafora calcistica del vecchio boss sul pari e patta nel conteggio dei morti mancati, l’indagine di Dda, squadra mobile e carabinieri sul tentato omicidio di Vito Bruno Lanza, classe ’56, detto “u lepre”, al vertice del clan Moretti/Pellegrino/Lanza, ferito sulla circumvallazione la mattina del 17 ottobre 2015 nella guerra con i rivali Sinesi/Francavilla che in 13 mesi contò 10 agguati con 3 morti e 11 feriti/scampati su entrambi i fronti.

Mandanti e killer Questa la situazione giudiziaria: Luigi Biscotti, nipote di Sinesi, e Ciro Spinelli, fermati poche ore dopo la sparatoria quali esecutori materiali e condannati a 8 anni il primo e 5 anni e 9 mesi il secondo; Roberto Sinesi, classe ’62, arrestato il 14 maggio quale mandante; e con lui ordinanza cautelare anche per Sergio Ragno, classe ’77 (entrambi già detenuti per altro) quale presunto autista della “Golf” da cui Spinelli e Biscotti spararono contro Lanza che guidava una citycar; Giuseppe Francavilla, classe ’78, pentitosi il 31 gennaio scorso, indagato a piede libero per concorso in omicidio per aver fornito su richiesta di Sinesi un suo uomo (Ragno) e una delle pistole usate per l’agguato. Le accuse poggiano su intercettazioni e sulle rivelazioni di 4 pentiti, fondamentali quelle di Pino Francavilla. L’ordinanza cautelare del gip di Bari Valeria Isabella Valenzi racconta passo passo questa storia di mafia e faida.

“Mi misi a disposizione” – Nei giorni precedenti l’agguato, Biscotti - racconta il pentito – va a casa di Giuseppe Francavilla: “mi disse che si doveva fare l’omicidio di Vito Lanza, l’aveva deciso Roberto Sinesi. Non ero d’accordo ma non potevo rifiutare, mi misi a disposizione del clan e chiesi: ‘Che vi serve?”. Biscotti: ‘un uomo e una pistola’; gli risposi: ‘questo è l’uomo’ (Ragno) ‘è questa è la pistola’”. In quegli stessi giorni prima del ferimento la squadra mobile intercetta Biscotti dire: “lo zio ti ha detto, ce l’andiamo a mangiare domani?”. Per il gip Biscotti fece riferimento all’agguato da compiere a Lanza in quanto “l’espressione mangiare nel gergo criminale è sinonimo di uccidere”, e “alla volontà omicidiaria in capo allo zio, ovvero a Sinesi”.

La rabbia di Lanza Lanza scampa alla morte. La squadra mobile il 23 ottobre lo intercetta in ospedale mentre “chiama in causa Sinesi indicandolo come il responsabile del suo attentato” scrive il gip, riferendosi a quanto disse il ferito a un conoscente: “Chi li doveva mandare, io vado a casa loro specialmente di quello con la testa grande”. Che l’accusa ritiene essere Sinesi detto “Capacchione”, come confermato dal pentito Francavilla: “lui si irrita sempre con questo soprannome”. Lanza viene arrestato il 4 aprile 2016 per estorsione nel blitz Rodolfo in cui verrà assolto e portato nel carcere di Vibo Valentia (tra aprile e maggio 2016) dove incontra di nuovo il barese Michele Miccoli del clan Strisciuglio con cui era già stato detenuto insieme a Bari tra giugno e luglio 2010. Miccoli si pente a giugno 2016, e rivela: “Lanza mi disse che il mandante del suo tentato omicidio fu Roberto Sinisi. Disse: ‘è stato quel cornuto di Sinisi’ che a tradimento gli fece questo gesto perché avevano parlato prima per il quieto vivere”.

“Dobbiamo fare la guerra” La guerra tra i clan prosegue; il 23 gennaio 2016 viene ucciso Rocco Dedda vicino ai Francavilla (ergastolo in primo grado a Giuseppe Albanese ritenuto affilato al clan Moretti). “Successe il fatto di Dedda” il racconto di Francavilla “e venne a casa mia Francesco Sinesi tutto infuriato dicendo: ‘dobbiamo fare la guerra, dobbiamo ammazzare tutti’. Gli risposi: ‘rilassati, sei stato appena scarcerato, è la prima notte, stai con tua moglie’. Il giorno dopo andai a trovarlo, era tutto cambiato e mi chiese: ‘puoi fare un incontro con i Lanza?’ perché io diciamo che ero il tramite con i Moretti”.

La rivendicazione – Francavilla organizza l’incontro che si svolge dopo marzo 2016 in un locale di via Vittime Civili, presenti Roberto Sinesi, Lanza e esponenti dei due clan. “Sinesi gli disse: ‘tu mi cercavi da vent’anni, tu vai da un sacco di anni che mi vuoi ammazzare; e io ho cercato di ammazzare te’, prese la porta e se ne andò”. Per il gip “Francavilla fotografa un vero e proprio scontro tra due rivali che si odiano. Rivendicare l’agguato si traduce in quel contesto in un atto di forza perché Sinesi era perfettamente consapevole che da quelle parole sarebbe scaturito altro sangue, come infatti accaduto; lo stesso Sinesi il 6 settembre 2016 fu vittima di un agguato”.

La filosofia del boss – Sul punto Francavilla riferisce di un incontro con Rocco Moretti, storico boss della “Società”. “Vito Lanza meditava vendetta nei confronti di Sinesi, me lo disse anche Moretti quando ci incontrammo a Pasqua 2017. Disse: ‘lui’ (riferito a Sinesi) ‘ha attentato alla vita di Bruno Lanza, e io ho attentato alla vita sua. Adesso siamo uno a uno”.

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