FOGGIA - «L’insostenibilità finanziaria» dell’operazione per affidare ai privati la realizzazione delle sale operatorie «giustifica pienamente l’esercizio dello ius poenitendi da parte dell’amministrazione». È per questo che il Tar di Bari ha respinto il ricorso presentato dalla Althea Italia contro la delibera con cui, ad aprile scorso, il direttore generale degli Ospedali Riuniti, Giuseppe Pasqualone, ha annullato il partenariato pubblico privato da 150 milioni per completare le sale operatorie.
Un’operazione di project financing in cui le imprese si sarebbero fatte carico delle opere di completamento della terapia intensiva del quinto piano, del blocco operatorio del sesto, della fornitura delle attrezzature e del personale necessario al funzionamento. L’azienda ospedaliera avrebbe versato in cambio canoni pari a 157 milioni di euro in 10 anni, a fronte di un investimento (del privato) da 20,7 milioni. Nel revocare la delibera firmata dal suo predecessore Vitangelo Dattoli, Pasqualone ha rilevato «chiari elementi di criticità economica e soprattutto finanziaria» nel progetto di partenariato «tali da compromettere, in caso di aggiudicazione del progetto di partenariato in esame, il pagamento degli stipendi e il rispetto dei tempi medi di pagamento a tutti i fornitori». E ha fatto notare che esistevano fondi pubblici per finanziare il completamento della piastra di emergenza-urgenza.
Circostanze contestate nel ricorso della Althea, secondo cui il dietrofront con la decisione di finanziare il progetto con fondi pubblici sarebbe stato frutto di «una palese carenza istruttoria» che avrebbe comportato «un oggettivo ritardo nella realizzazione dell’obiettivo». Ma per i giudici il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato. «La valutazione effettuata dall’amministrazione sulla sostenibilità finanziaria di un progetto e sulla sua convenienza è connotata, in generale, da un’ampia, quanto insindacabile, discrezionalità tecnica», hanno scritto i giudici in sentenza: è «oggettivamente poco chiaro il motivo per cui se la redditività attesa di un servizio pubblico è tale da indurre un operatore privato ad investire, essa non dovrebbe a fortiori garantire la sostenibilità di un dato progetto ove il medesimo venga realizzato direttamente da un ente pubblico, che su di esso, all’evidenza, non ha il problema di dover ottenere un lucro».