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Foggia: «Racket? gli imprenditori pagano e non si ribellano»

 
Redazione Foggia

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Foggia: «Racket?  gli imprenditori pagano e non si ribellano»

La drammatica testimonianza di un sostituto-commissario

Venerdì 07 Luglio 2023, 13:03

FOGGIA - Che l’amministratore di negozi di generi alimentari pagasse il pizzo alla “Società foggiana” sotto forma di 4mila euro versati in occasione delle festività natalizie e pasquali emergeva dalle intercettazioni; ma quando fu convocato negli uffici della squadra mobile e gli venne chiesto se fosse sotto estorsione e pagasse la tangente, la risposta fu un “no”; uscita dalla questura la stessa vittima raggiunse subito dopo un malavitoso per informarlo che la Polizia sapeva del ricatto e finanche di quanto versava per la protezione. E’ un episodio emblematico della paura dei taglieggiati che racconta il clima di omertà di cui si fa forte la “Società”. Ne ha parlato in un interrogatorio-fiume terminato nel tardo pomeriggio un sostituto commissario della squadra mobile, citato come teste d’accusa dal pm della Dda Bruna Manganelli nelle tranche foggiana del processo “Decimabis” a 13 foggiani accusati a vario titolo di mafia, estorsioni e tentativi di estorsione, usura e turbata libertà degli incanti aggravati dalla mafiosità (elenco imputati e imputazioni lo pubblichiamo a parte ndr).

Gli affari dei clan - L’investigatore è tra i firmatari dell’informativa finale posta alla base del blitz “Decimabis” del novembre/dicembre 2020 contrassegnato dall’emissione di 44 ordinanze cautelari; rispondendo alle domande di pm e difensori, ha parlato dell’inchiesta, dell’omertà della maggior parte dei taglieggiati, della vita quotidiana della “Società foggiana”, delle intercettazioni e delle rivelazioni dei pentiti. L’inchiesta “Decimabis” è una prosecuzione – ha detto – dell’indagine “Decimazione” sfociata nel blitz del 30 novembre 2018 con 30 arresti cui sono seguite al momento 28 condanne a circa 260 anni di carcere. Il sostituto commissario ha spiegato che la mafia cittadina è strutturata in tre clan che periodicamente si fanno la guerra (soprattutto i Moretti e i Sinesi/Francavilla); che “Decimazione” e “Decimabis” hanno svelato l’intesa raggiunta con la creazione di una cassa comune dove far confluire i soldi di pizzo e spaccio (a dire del pentito Patrizio Villani ogni mese fruttano 220mila euro), divisi fra le tre batterie per pagare stipendi a affiliati e mantenere le famiglie dei sodali detenuti. Pochi denunciano il pizzo, pochissimi collaborano, molti pagano in silenzio, addirittura c’è chi - come il caso riferito dal poliziotto - informa gli estorsori delle indagini in corso.

La lista di affiliati e estorti - Quanto alle rivelazioni dei pentiti, l’investigatore si è soffermato sull’apporto fornito da Carlo Verderosa che il 19 dicembre 2019 chiese protezione proprio a lui perché temeva d’essere ucciso dal suo stesso clan. Svelò d’aver fatto parte per otto anni del clan Moretti, e rivelò che soltanto poche ore prima del pentimento aveva partecipato a un incontro a casa di un presunto affiliato (Rocco Moretti junior figlio di Pasquale e nipote di Rocco capi storici dell’omonimo clan, condannato a 10 anni per mafia in primo nel processo gemello “Decimabis” celebrato con rito abbreviato davanti al gup di Bari nell’ottobre 2022) dove c’era droga, e dove erano state scritte le liste di stipendiati e vittime del racket. Immediatamente i poliziotti perquisirono l’appartamento del giovane rampollo dei Moretti; lo arrestarono per il possesso di un etto di cocaina; sequestrarono - a riscontro delle rivelazioni del collaboratore di Giustizia - alcuni fogli scritti a mano riportanti nomi di presunti mafiosi e degli stipendi ricevuti mensilmente (da mille sino a oltre 2mila euro), e nomi di taglieggiati e le somme pagate. Un’analoga lista delle vittime del racket era stata sequestrata nel 2018 nell’abitazione di una casalinga.

Il boss “Capantica” - Il poliziotto ha parlato anche di alcuni dei 13 imputati sotto processo: il più noto alle cronache giudiziarie è Vincenzo Antonio Pellegrino, 71 anni, detto “Capantica”, nome storico della mafia foggiana sin dalla sua fondazione negli anni Ottanta, imputato di mafia in “Decimabis”; l’investigatore ha detto che per quanto emerge da intercettazioni e rivelazioni di pentiti Pellegrino è al vertice del clan insieme a Rocco Moretti e Vito Bruno Lanza, altri due settantenni sulla cresta dell’onda mafiosa da decenni. Nell’inchiesta sono confluite anche le intercettazioni del processo “Malavita” (7 arresti nel blitz del maggio 2013, condanne per armi e assoluzioni per omicidio e tentativi di omicidio) in cui erano coinvolti anche Savino Ariostini e Leonardo Gesualdo (quest’ultimo ricercato dal 16 novembre 2020 quando sfuggì alla cattura in “Decimabis”) che sono tra i 13 imputati attualmente in attesa di giudizio. Nella prossima udienza sarà interrogato un luogotenente dei carabinieri e altri militari dell’Arma, ultimi testi della Dda, che redassero un’altra informativa posta alla base del processo in corso. Dopo la pausa feriale saranno ascoltati i testimoni della difesa, sentenza attesa entro fine anno.

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