Donne di strada, vittime di tratta, sfruttate psicologicamente e fisicamente. Una vita da buttare alle spalle, poi arriva il momento del riscatto di un’esistenza che può migliorare attraverso il lavoro. È quanto sta accadendo a otto neolavoratrici dell’azienda Principe di Puglia di Stornara, una grossa realtà dell’agroindustria in Capitanata (200 dipendenti), che ha assunto le otto donne con contratto a tempo indeterminato dopo aver aderito a un progetto proposto dall’associazione No Cap di Yvan Sagnet. Una rete di solidarietà, ma alla quale conviene aderirvi perchè No Cap sta diventando soggetto interlocutore qualificato con la grande distribuzione: «La Gdo impone prezzi troppo spesso proibitivi - spiega infatti Giuseppe Maffia titolare dell’azienda di Stornara - per venir meno a questo circuito abbiamo la necessità di un partner che ci inserisca nelle grandi catene e che queste abbiano una visione etica del lavoro».
I broccoletti della Op Principe di Puglia hanno trovato sbocco commerciale attraverso i gruppi Megamark (supermercati Dok e Famila) e Despar. «Ora stiamo cercando altri canali di distribuzione - aggiunge Francesco Strippoli, referente foggiano di No Cap - il ritorno di immagine oltre che commerciale da un’operazione come questa non è indifferente poichè si interessano i media e si contribuisce anche a cancellare quella patina di silenzi e complicità che per anni ha avvolto questo problema».
Tra le otto neoassunte ci sono anche due italiane, l’azienda Principe di Puglia ha assunto anche l’autista che ogni mattina va prenderle al proprio domicilio per accompagnarle al lavoro e poi dopo 6 ore e 30 le riporta a casa. «La segnalazione dei loro nomi ci è stata fatta dal centro diurno Il Dono, dall’associazione Med-Training che sottrae dalla strada le donne costrette a prostituirsi, dallo Sprar di Candela un centro molto attivo di sole donne», spiega Strippoli. Donne che si rimettono in gioco, ma che hanno dignità da vendere: c’è Francesca, 50 anni, di Torino che si accingeva a trascorrere il suo primo inverno nei casolari abbandonati della stazione di Foggia e che non ha mai voluto fare domanda per il reddito di cittadinanza: «Ci tengo a lavorare, ho sempre lavorato». E Cinzia, ragazza madre, che non ha voluto unirsi alle compagne di lavoro quando fa ritorno a casa per non separarsi dai figli piccoli. Fondamentale in questa rete il contributo delle associazioni, dai Fratelli della Stazione alla comunità Emmaus che fornisce a queste donne vitto e alloggio al villaggio don Bosco. «Le abbiamo inserite in un progetto interno di co-housing - spiega don Vito Cecere - offriamo accoglienza a 30 ospiti in appartamenti confortevoli».