tornato libero
Foggia, Napoleone Cera prende le distanze dal padre: «Si inventa di tutto»
Dalla tentata concussione contestata dai pm si è passati all'ipotesi meno grave di induzione indebita a dare o promettere unità
La riqualificazione giuridica del reato originario di tentata concussione in quello di induzione indebita a dare o promettere utilità; e la presa di distanza di Napoleone Cera dal padre Angelo, come dimostrerebbe un messaggio Whatsapp inviato dallo stesso Napoleone Cera alla madre lo scorso 17 febbraio («Mamma, papà in segreteria dice solo cazzate! Non so più come fermarlo, si inventa di tutto»): sono questi i due elementi posti alla base della decisione del gip del Tribunale di Foggia Armando Dello Iacovo di revocare dopo 35 giorni i domiciliari a Napoleone Cera, 39 anni, di San Marco in Lamis, consigliere regionale dei «Popolari», sospeso dopo l’arresto, imponendogli l’obbligo di dimora nel centro garganico. L’indagato è quindi tornato libero da 48 ore (come già pubblicato ieri nelle cronache nazionali, ndr).
Napoleone Cera e il padre Angelo Cera, 67 anni, anche lui di San Marco in Lamis, ex deputato, esponente di spicco dell’Udc, furono arrestati lo scoso 17 ottobre dalla Guardia di Finanza e posti ai domiciliari su ordinanza del gip Dello Iacovo (mentre la Procura chiedeva il carcere per entrambi) perché accusati di tentata concussione nei confronti dei dirigenti del Consorzio di bonifica di Capitanata. A dire dell’accusa i due noti politici foggiani, tra dicembre 2018 e maggio scorso, avrebbero preteso l’assunzione al Consorzio di persone da loro indicate: in caso di rifiuto avrebbero minacciato di presentare alla commissione bilancio della Regione Puglia un emendamento con conseguenze dannose per il Consorzio di bonifica, perché avrebbe comportato il trasferimento della principali funzioni dell’ente ad Aqp.
Padre e figlio respingono le accuse, lo fecero negli interrogatori di garanzia svoltosi in Tribunale a Foggia davanti al gip il 22 ottobre, cinque giorni dopo l’arresto: nessuna pressione per l’assunzione di raccomandati, e le frasi intercettate erano dette per cercare di rassicurare - nell’ambito di una politica fatta per la gente e la tra la gente - le persone che frequentavano la segreteria politica dei Cera a San Marco in Lamis, chiedendo aiuti e posti di lavoro. Peraltro la difesa di padre e figlia sostiene che ci si trova davanti ad un reato... impossibile in quanto l’emendamento, di cui parla l’accusa quale presunto strumento di ricatto nei confronti del Consorzio, fu ritirato il giorno stesso della presentazione da parte dello stesso Napoleone Cera, né poteva essere ripresentato: che pressioni quindi potevano essere esercitate dai due indagati?.
Il gip Armando Dello Iacovo il 28 ottobre rigettò le richieste difensive di revoca dei domiciliari presentate dopo gli interrogatori di garanzia. Il Tribunale della libertà di Bari il 6 novembre rigettò a sua volte le richieste di rimessione in libertà dei Cera, lasciando entrambi ai domiciliari ma riqualificando il reato di tentata concussione contestato dai pm foggiano in quello meno grave di induzione indebita a dare o promette utilità.
Nella nuova istanza di revoca dei domiciliari avanzata dagli avvocati Michele Curtotti e Francesco Paolo Sisto per il solo Napoleone Cera ed ora accolta dal gip (la Procura aveva dato parere negativo chiedendo quindi il rigetto della richiesta difensiva), i difensori hanno presentato due ulteriori elementi che scagionerebbero il consigliere regionale. Il primo è rappresentato da messaggi telefonici intercorsi tra Napoleone Cera e un dirigente del Consorzio di bonifica vittima delle presunte pressioni; quei messaggi - nell’ottica difensiva - dimostrerebbero come il funzionario del Consorzio sapesse che l’emendamento sulle sorti dell’ente, ipotizzato dalla Procura quale strumento di ricatto, non poteva essere ripresentato. La seconda nuova prova indicata dalla difesa è il messaggio Whatsapp inviato da Napoleone Cera alla madre per prendere le distanze dal genitore: «Mamma papà in segreteria dice solo cazzate! Non so più come fermarlo, s’inventa di tutto».
Il gip Dello Iacovo nel valutare le due nuove prove della difesa ha ritenuto che i messaggi tra Napoleone Cera e il dirigente del Consorzio non incidono più di tanto essendo antecedenti al 23 maggio, data in cui - a detta del funzionario del Consorzio di bonifica - Napoleone Cera si sarebbe lamentato con lui del fatto che nessuno del Consorzio l’avesse contattato dopo aver ritirato l’emendamento, prospettando però la ripresentazione dell’emendamento. Il gip nel revocare i domiciliare e restituire la libertà al consigliere regionale ha invece valorizzato il messaggio inviato dal giovane politico alla madre. Questo perché quel messaggio «risulta inviato lo stesso giorno, ossia il 17 febbraio scorso, dell’unica intercettazione valorizzata dal giudice a carico di Napoleone Cera, ossia quella captata» annota il gip «nella segreteria politica di suo padre a San Marco in Lamis in cui il prevenuto Cera rivolgendosi proprio al genitore minacciava di far “sparire” i consorzi di bonifica». Ne deriva nell’analisi del gip Dello Iacovo una netta «presa di distanza di Napoleone Cera dalle sortite del padre, che traspare evidente dal tenore del messaggio; il che induce ad una valutazione separata delle condotte dei due indagati, tale da ascrivere a Napoleone Cera unicamente la prospettazione della ripresentazione dell’emendamento, e connotata da una formula subdola e allusiva, ben diversa da quella perentoria e intimidatoria riferita da un altro dirigente del Consorzio di bonifica a carico di Angelo Cera».
A questo si aggiunge nell’analisi del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia la riqualificazione giuridica dei fatti. Si è passati dal più grave reato di tentata concussione contestato dalla Procura foggiana a quello di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui ha parlato il Tribunale della libertà di Bari. Il che comporta - dice il gip - «una affermazione di minor riprovevolezza della condotta del rappresentante della “cosa pubblica”». Il gip comunque ha disposto per Napoleone Cera l’obbligo di dimora a San Marco in Lamis, ribadendo «l’attualità e concretezza di un rischio di recidiva» (ossia di commissione di reati analoghi a quelli oggetto dell’inchiesta) «per la tendenza dell’indagato alla strumentalizzazione a fini illegali delle proprie funzioni di consigliere regionale».