L'analisi

Le vere radici dell'Europa come unica strada per rafforzare l’Unione

Pierfranco Bruni

Se si pensa addirittura al mondo greco e romano ci si rende conto immediatamente che non è affittato vero che l'Europa che viviamo oggi è meramente una geografia economica e dei mercati

L'Europa ha sempre vissuto le sue agonie nei diversi contesti storici e non solo dopo le la caduta degli Imperi e della «dominazione» austro-ungarica. Se si pensa addirittura al mondo greco e romano ci si rende conto immediatamente che non è affittato vero che l'Europa che viviamo oggi è meramente una geografia economica e dei mercati.

Certo, l'Unità europea sul piano monetario è ben altro modello. Ma i conflitti e le divisioni sono nella geopolitica che risale ai modelli di civiltà che oggi definiamo archeologica. La stessa Magna Grecia non era un assetto unitario. Come il mondo Romano che aveva realizzato l'espansione europea e oltre del Pianeta Europa. I conflitti sono derivazioni di apparati di occupazioni di assetti territoriali e geografici. La romanizzazione del Mediterraneo e degli Adriatici comprese le Galline (in stretto contatto con l'attuale Francia e Germania) puntava a estendere la civiltà Europea e occidentale oltre i bacini di competenza. L'Europa forte delle sue città era costantemente in competizione. Si pensi anche al Medioevo. Con l'epoca moderna le competizioni sono diventate rivoluzione. La Grande Guerra nasce all'interno del bacino europeo. Come la Seconda Guerra Mondiale che non esplode nel 1939. Perché le guerre in Africa è in Spagna sono da considerarsi guerre nell'Europa e dell'Europa verso altri popoli non solo europei.

Non si è «contro l'Europa», per dirla con Ida Magli, per una Europa diversa. Realmente comunitaria e autonoma. Battere moneta europea, come è stata realizzata, è naturale che ha mutato lo spirito spirituale dei popoli. La moneta ha creato un ugualitarismo terribile perché si è conformato tutto. Nel 1945 Maria Zambrano ha scritto un libro emblematico dal titolo appunto «L'agonia dell'Europa» che oggi suona come l'agonia dell'euro. Zambrano scrisse: «Mentre abbiamo vissuto dentro l'Europa, su di essa, non ci siamo mai sentiti abbracciati da quest'unità, da essa protetti, poiché eravamo impegnati in lotte particolari, in aspirazioni superficiali perché basate sull'unità impercettibile». Ed era il 1945. Ciò che afferma in «Contro l'Europa» Ida Magli, testo scritto nel 1997, riporta alla Zambrano ma va oltre ed esercita un'azione coraggiosamente forte. Scrive: «Dire Europa, non significa dire né unità territoriale, né climatica né storica, né linguistica, ma al contrario la ricchezza della più vasta diversità che soltanto nello scambio conflittuale, in guerre e sopraffazioni, nella coercizione degli Imperi di volta in volta francesi, spagnoli, inglesi, germanici, russi, hanno potuto manifestarsi in arte, in scienza, in filosofia. Sicuramente non in pacifica convivenza».

Non c'è mai stata convivenza armonica tra ciò che venivano definitivi Stati Europei. Oggi più che mai. Perché una conviveva si realizza con la condivisione. Non c'è alcuna condivisione a priori perché non ci sono identità eredità appartenenze che possono essere condivise perché non esistono Storie condivise.

Qui è il vero problema. Non possono esistere se non sul piano dello scambio. Ma lo scambio è fatto di merce di cose di mercato. Sempre Maria Zambrano si chiede: «Cos'è stata l'Europa? Cos'è, nella sua complessa e ricchissima realtà, l'irrinunciabile?». Guido Ceronetti insiste sul fatto che l'Europa è senza una condizione identitaria unitaria perché non ha spiritualità e vive di declini dovuto alla materializzazione che creano macerie perché vive di un oblio culturale. Sono visioni completamente da ricontestualizzare in una temperie mutata rispetto al 1945 e tanto più rispetto al 1997. Miguel de Unamuno nel 1917 in suo diario che porta lo stesso titolo del testo della Zambrano poneva le stesse questioni. L'oblio della memoria è un fossato tra Stati e Civiltà. Uno Stato non si può reggere se viene a mancare la memoria di una civiltà. Infatti è quello che accade oggi.

Unamuno poneva già allora l'agonia del Cristianesimo nell'Europa e questo rendeva e rende una civiltà nata nel Cristianesimo senza identità. Chiamava in causa la necessità di una nuova spiritualità. Uno delle grandi questioni resta in questa sua osservazione «Vedo la politica elevata a religione e la religione elevata a politica». Riferendosi più in particolare alla europizzazione scriveva: «... ho la profonda convinzione che la vera e profonda europezzazione (...) vale a dire la nostra digestione di quella parte di spirito europeo. Che possa farsi spirito nostro, non comincerà fino a che non cercheremo d'imporci, nell'ordine spirituale, all'Europa ...». Ritorniamo dunque a quel «contro l'Europa» di Ida Magli nel quale si avverte sostanzialmente sia il pensiero di Nietzsche che di Heidegger. Nietzsche sosteneva: «L'Europa è un campo di battaglia di idee, un crogiolo di culture, un luogo di contrasti e contraddizioni. Non c'è un'unica identità europea, ma una pluralità di identità che si scontrano e si intrecciano». Mentre Heidegger: «La tecnica moderna, con la sua promessa di dominio sulla natura, ha portato alla disintegrazione del mondo e alla perdita del senso dell'essere. L'Europa, come patria della tecnica, è chiamata a confrontarsi con questa crisi». Dunque? Non può resistere una Europa dei sistemi. Sarebbe ed è una Europa mediocre pavida senza identità. Non può sussistere una Europa dei mercati. Affermerebbe ancora di più una ragione materializzata. Siamo già in quella «dittatura europea» che fa dire alla Magli: «Nell’Europa democratica, afflitti dal gran numero di “valvole di sicurezza “esistenti intorno a loro, i governanti hanno finalmente trovato il modo assoluto per dominare i sudditi. Si tratta di un modo opposto a quello adoperato fino a oggi, ma che cercavano fin dalle origini del Potere e che non erano ancora riusciti ad attuare: svuotare la vita dei sudditi di ogni “valore” trasmutandola in cifre e simultaneamente perciò svuotarla di qualsiasi motivo di contestazione verso i detentori del Potere».

Di questo infatti si tratta. Prendere atto potrebbe significare ripensare una strategia politica sull'intera visione dell'Europa. Si avrà questa forza? Si avrà questo coraggio?

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