L'analisi

Dietro «occhi spaccanti» il marchio che registra lo scollamento emotivo

Emanuela Megli

Chi è centrato sull’immagine tende a gestire la crisi come un problema di reputazione, non come un problema di relazione

Chi è centrato sull’immagine tende a gestire la crisi come un problema di reputazione, non come un problema di relazione.

L’attore Raoul Bova ha depositato presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi - tramite il suo studio legale - due richieste di registrazione. Le frasi coinvolte sono «occhi spaccanti» e l’intera citazione «Buongiorno essere speciale, dal sorriso meraviglioso e dagli occhi spaccanti», tratte dai messaggi vocali diffusi da Fabrizio Corona, indirizzate alla modella Martina Ceretti con cui avrebbe avuto una relazione di circa due anni e mezzo in costanza di matrimonio.

La risposta di Bova è stata la negazione unitamente all’ambiguità nei comportamenti pubblici e legali. L’alternanza di versioni contraddittorie – da una «separazione di fatto da tempo» per il legale di Bova, alla smentita da parte del legale di Rocío – evidenzia una gestione instabile della narrativa privata e pubblica, strategia che può derivare da incapacità di coerenza e chiarezza, segnale di immaturità.

Appare un bisogno infantile di trovare colpevoli esterni, senza affrontare il proprio compito di adulto. È una fuga dalla realtà emotiva verso un terreno familiare di «io vittima» o «io abusato», piuttosto che di autore responsabile. L’obiettivo della registrazione del marchio delle frasi, i cui audio circolano originali sul web, è di far cessare la diffusione. Le domande sono attualmente in fase di valutazione: se accolte, implicheranno che chiunque voglia utilizzare tali espressioni a fini commerciali dovrà ottenere il permesso di Bova, pena possibili sanzioni. Espressioni intime, affettuose, inviate privatamente, sono ora viralissime: un esito prevedibile per una figura pubblica. Nonostante ciò, la strategia sembra essere reagire ancora con leggerezza, trasformando il tutto in un meme d’effetto della propria identità, piuttosto che assumere le proprie colpe. Questa sottovalutazione delle conseguenze è sintomo di un atteggiamento ancora adolescenziale: si agisce prima di riflettere sulle implicazioni. La messa in scena del controllo — attraverso l’attivazione di studi legali e l’ex suocera — mostra una priorità per l’immagine pubblica. Ma ignorare il danno interiore, alla coppia, alla famiglia, o al proprio senso di sé autentico, è un modo di pensare ancora immaturo. Assente il riconoscimento pubblico del disagio e dell’umiliazione vissuti dal partner tradito; nessun cenno agli effetti psicologici sui figli e sull’equilibrio familiare, inesistente la volontà di prendersi carico, almeno simbolicamente, della ferita inferta. Sullo sfondo la mancanza di educazione affettiva. Il comportamento impulsivo, in campo affettivo, si traduce nel cedere a stimoli immediati (attrazione, novità, adulazione) senza passare dal filtro della riflessione. Nel caso Bova, le interazioni con una donna molto più giovane, iniziate e alimentate nel tempo, suggeriscono la ricerca di emozioni ad alta intensità per rompere la routine; la sopravvalutazione della propria capacità di gestire la situazione senza conseguenze; l’illusione di «controllare la narrazione» anche in epoca social, dove la privacy è sempre più fragile. L’impulso affettivo, se non integrato da autoconsapevolezza, porta a scelte miopi, con benefici immediati ma costi elevati a medio-lungo termine. Quando l’impulso incontra una debole alfabetizzazione emotiva, vi è la mancanza di «freno interno»: la voce che dovrebbe dire «questa scelta ferirà qualcuno» è troppo debole o ignorata. La Percezione del rischio viene distorta: il focus resta sull’adrenalina, non sulla possibilità di essere scoperti e sulle conseguenze concrete. Infine, la gestione dell’errore è superficiale, poiché se scoperti, si tende a negare, minimizzare, deviare l’attenzione (come nel caso del marchio Occhi spaccanti) invece di affrontare apertamente la situazione. Il vuoto formativo interiore rende impossibile differire la gratificazione (educazione del desiderio), vedere l’altro come soggetto e non come mezzo-oggetto, affrontare il conflitto senza fuga o negazione. Solo sviluppando consapevolezza emotiva e capacità di gestione dell’impulso è possibile fare scelte che non compromettano sé stessi e chi ci è vicino.

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