il commento
Sovrani e sudditi, siamo nel Medioevo e non lo sappiamo
E chi poteva immaginare che nell’estate 2025, Terzo Millennio, epoca mondiale della super-tecnologia, dovessimo tornare ai grandi poteri medievali?
E chi poteva immaginare che nell’estate 2025, Terzo Millennio, epoca mondiale della super-tecnologia, dovessimo tornare ai grandi poteri medievali? È un quadro fosco, ma guardiamoci attorno e riflettiamo. Sovrani e sudditi: sembra di essere in pieno feudalesimo, viviamo tra i pochi «sovrani» che muovono le fila del mondo e la popolosa gleba che subisce regole e soprusi. Vassalli e valvassori poco smart si contendono le piccole fette di potere rimaste libere. E - ora come allora - ci sono bambini che muoiono di fame.
Questa immissione di medievalismo è insensata e pericolosa: s’innerva sui diritti, sulle libertà e sul nostro modo di sentirci umani. Ma a pochi importa. Si calano cibi dagli elicotteri sulla Striscia di Gaza, dove la gente (di ogni età) soffre schiavitù inenarrabili, mentre i sovrani discutono, fanno e disfano i loro destini. Un po’ come accade alla corte del novello «Re Sole» Donald Trump, capace di tenere l’universo economico in ostaggio da mesi per la questione dei dazi e capace di contrattare con questo o quell’altro «sovrano» sulle ricchezze e sulle povertà di lavoro che seguiranno. Tariffe e parole, manovre dall’alto che determinano il futuro dei singoli Paesi, creando crisi, mandando le Borse in fumo, accrescendo i patrimoni dei soliti noti «sovrani», a partire da quello dello stesso tycoon, il cui business – stando a quanto ha spiegato un’inchiesta giornalistica americana – aumenta di giorno in giorno. Il nostro Pil scende, quello americano sale.
I sudditi sanno, non sanno… seguono, non seguono… e c’è persino chi dice che «poteva andare peggio» o che «sono tutte falsità». Stanno tranquilli i sudditi, perché con il passar del tempo hanno maturato una saggezza atavica, forse anch’essa medievale oppure intrisa di quella rassegnazione gattopardesca alla realtà: è un’indifferenza di risulta che alla fine defluisce volentieri nel mondo della videocrazia, delle banalità social e di quella sudditanza informativa e deformativa divenuta ormai l’unica accezione possibile di cittadinanza.
I cittadini attivi di un tempo sono quelli con il dito facile sui clic, sono quelli che producono post più che idee; quelli che navigano tra le onde del web abbeverandosene. Gli intellettuali, salvo pochi, dormono. Non c’è tempo di pensare, o meglio, di fare davvero qualcosa. Non c’è nemmeno voglia, basta videoabbuffarsi, video-specchiarsi. Così sembra andare il mondo medieval-contemporaneo, denso di lecchinismo, stupidità di corte e carico di insidie per il futuro.
Ancora sovrani e sudditi, in ogni angolo del pianeta. Sulla pelle dei malati, ecco le diatribe pugliesi sugli ospedali nuovi di zecca, scatole senza contenuto, che finiscono al centro di attacchi e ripicche invece che di soluzioni; mentre le «avventure» catastrofiche da Pronto soccorso colpiscono sia i sudditi-pazienti che i medici, ormai adusi ai pugni in faccia. Eh sì, il lavoro è lavoro: il suddito sa che va fatto, anche rischiando. Pure in nero, se è un operaio senza caschetto e cade da un’impalcatura morendo senza giustizia. Quella sì, arriverà, ma come minimo passeranno decenni, perché la giustizia dei sudditi è lenta. Le carceri invece sono un inferno e le tante parole sulle pene «riabilitative» si risolvono in un girone infernale in cui i problemi s’incancreniscono. Come le ferite medievali, quelle che in assenza di cure adeguate divenivano piaghe. E si muore pure di diossina e di polveri perché sui sudditi decide il potere dell'industria e o si lavora o ci si ammala, poche vie di mezzo finché non si rinegoziano le trattative.
Sì, serve speranza, ma dilaga l’odio, appunto come nei tempi crudeli dei secoli bui. Fa caldo, le terre s’incendiano, la siccità ci dissecca e ci sentiamo quasi nel mondo distopico descritto mirabilmente da Paolo Virzì nel film Siccità (ora si può recuperare su Netflix), nel quale Roma appare bella e drammatica, con il Tevere prosciugato e i sovrani-meteorologi a discutere su cosa devono fare i sudditi. Nel film, angoscia, dannazione e megalomania dei big dilagano, la capitale delle meraviglie sembra crollare su se stessa, tra ingiustizie palesi e menefreghismo globale. Gli umani s’imbarbariscono ed è un po’ come a volte accade a noi. Però – evviva – alla fine del film piove e Roma rinasce. Anche noi speriamo nella pioggia: prima o poi verrà e rinasceremo. Non più sudditi, ma umani.