L'analisi

Produttività e valore, ecco la grande sfida della Puglia di domani

Nicola Didonna

E alla fine, puntuali come ogni anno, dopo la notte prima degli esami, sono arrivati i voti alle economie delle regioni italiane nel solito rapporto annuale di Banca d’Italia

E alla fine, puntuali come ogni anno, dopo la notte prima degli esami, sono arrivati i voti alle economie delle regioni italiane nel solito rapporto annuale di Banca d’Italia. Come è andata per la Puglia? Prendendo a prestito un chiaroscuro usato come incipit nello stesso rapporto Bankit, «espansione con perdita di intensità». Quindi dobbiamo preoccuparci? Preoccuparci no, ma restare vigili si; come lo studente che ha conquistato la sufficienza ma poiché «potrebbe fare di più» avrà gli occhi del professore addosso per tutto il prossimo anno scolastico. Del resto non ci si può preoccupare da pugliesi quando la media nazionale del PIL è di 0,7%, quella del Sud 0,9% e tu vai allo 0,5%. Al limite ci dobbiamo preoccupare da italiani costretti a doverci confrontare con numeri da zerovirgola, quando il PIL mondiale nel 2024 è stato pari al 3,3% e all’1% in Ue, con una Spagna al 3,2% persino maggiore del 2,8% degli Usa.

Il problema è che i recenti eventi bellici e le rivendicazioni degli Usa in materia di dazi non invitano ad essere più ottimisti sebbene il clima delle aspettative delle imprese sembra volgere al bello. Speriamo non sia solo il frutto dell’inguaribile ottimismo dell’imprenditore.

Passando all’analisi dei voti, le materie in cui abbiamo performato peggio si sono rivelate certamente la produzione industriale e i servizi con il commercio. La prima ha subito la frenata dell’export e la mancanza di voglia di sognare che ha frenato gli investimenti delle imprese; i secondi il repentino cambio di abitudini e stili di vita della popolazione, sempre più digitalizzata, oltre ad una perdita di potere di acquisto. Hanno invece continuato a crescere, sebbene con meno spinta, il settore delle costruzioni e quello del turismo. Il primo senza più la droga dei bonus edilizi ma con il metadone del Pnrr, il secondo grazie all’affermarsi ulteriore del brand Puglia nel mondo. L’occupazione ne ha tratto giovamento perché è aumentata anch’essa sebbene appaia essere quella meno formata e più esposta alla precarietà del rapporto di lavoro e ai voleri del mercato sia in termini di retribuzioni che di tranquillità dello stesso posto di lavoro. Per dirla in una parola: c’è più lavoro povero e precario, anche a causa della paura dell’Intelligenza Artificiale che minaccia proprio i profili professionali più bassi.

Ci sarebbe da complimentarsi, se non fosse assurdo farlo, con la ritrosia atavica delle imprese a farsi conquistare dalla stessa IA. Ma questo non può diventare un alibi per tenere sotto giogo intere coorti di giovani Neet o donne, i cui tassi di occupazione continuano ad essere fin troppo distanti dalle medie nazionali e il gap retributivo una imbarazzante costante. Non possiamo augurarci una popolazione di colf, badanti, addetti ai check-in, baristi o camerieri; senza nulla togliere alla nobilità del lavoro in genere. Così il reddito familiare aumenta, come è aumentato almeno quello nominale in Puglia, e aumentano anche i consumi e il credito alle famiglie.

Ma che futuro ci creiamo così? E allora come ne usciamo da queste sabbie mobili dove sembra che ci stiamo muovendo ma questo sembra servire più a farci affondare che a farci riemergere? Le speranze sono rappresentate dall’adeguato e tempestivo uso dei fondi pubblici che permetta un chiaro aumento della produttività del sistema Puglia. La coda del Pnrr che in Puglia vale circa 10 miliardi e di cui tanti vorrebbero allungare la scadenza oltre il termine del giugno 2026, con le sue opere pubbliche e specialmente con le sue riforme, forse ancora più importanti. La nuova programmazione dei fondi regionali da 5,5 miliardi anch’essa partita in ritardo con le imprese, come sempre, vittime incolpevoli.

Il sistema bancario che sebbene inizi a registrare qualche segnale di deterioramento della qualità dei crediti nel settore delle imprese, specie quelle più piccole e anche per questo sottoposte ad una drastica e costante cura dimagrante, appare solido e pronto a supportare investimenti tesi a rafforzare la filiera produttiva. Non foss’altro perché, come soleva ripetermi un indimenticato funzionario bancario, «dottore tutti dalla stessa greppia mangiamo: noi, le imprese, la società». E allora la traccia per il compito in classe del prossimo anno è stata dettata: parlate di come aumenterete la produttività e il valore aggiunto per le imprese, per i dipendenti, per la Puglia.

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