L'analisi
«Fuga» dei talenti: la mia proposta per il Mezzogiorno
Senza un'adeguata valorizzazione dei talenti e un'efficace attrazione di capitali, l'Italia rischia di compromettere la sua competitività a livello internazionale
Sono numerosi i libri e gli articoli che affrontano il tema della «fuga dei cervelli» dall'Italia. Segnalo per esempio i recenti «Stai fuori! Come il Bel Paese spinge i giovani ad andare via» del ricercatore Alessandro Foti, e «Talenti e capitali» di Francesco Brioschi e Stefano Paleari. La conclusione è unanime: senza un'adeguata valorizzazione dei talenti e un'efficace attrazione di capitali, l'Italia rischia di compromettere la sua competitività a livello internazionale.
Dal 2013 al 2023, circa 300.804 laureati italiani hanno lasciato definitivamente il Paese per trasferirsi all'estero. Nello stesso periodo, solo 131.692 laureati sono rientrati, portando il saldo migratorio negativo a -169.132. Considerando un costo per lo stato di circa 150mila euro per ogni giovane, arriviamo ad una perdita di 25 miliardi all’anno. Ma questo non tiene conto della perdita di PIL che avrebbe generato il laureato in Italia. Secondo uno studio dell’Associazione Bruno Trentin (CGIL) e altre analisi accademiche, un singolo laureato che emigra può generare all’estero tra 1,5 e 2 milioni di euro di PIL nel corso della sua carriera lavorativa (stimata in 35-40 anni). Quindi dobbiamo aggiungere altri 340 miliardi all’anno di perdita per lo Stato italiano.
Perché il problema è più grave al Sud? Perché secondo i dati della Fondazione Nord Est, sorprendentemente oltre la metà delle partenze di giovani tra i 18 e 34 anni proviene dal Nord Italia, con circa 80.000 giovani dal Nord-Est e 100.000 dal Nord-Ovest, superando il saldo negativo del Mezzogiorno, che si attesta a -141.000. Tuttavia, il Nord Italia attrae molti giovani laureati dal Sud, con oltre 125.000 arrivi nel decennio 2011-2021, e questo afflusso non compensa completamente le perdite dovute agli espatri all'estero.
Per affrontare in modo strutturale la fuga dei talenti, si sono sprecati fiumi di parole sulle politiche volte a migliorare le opportunità professionali, la qualità della vita e l'ambiente lavorativo nel Paese, e ci sono iniziative interessanti anche nella Regione Puglia come «mare a sinistra»: non mi cimento in analisi in questo breve spazio editoriale. Tuttavia, una delle più importanti azioni per limitare questo enorme problema è stata la legge sul rientro dei cervelli, che taglia significativamente l’aliquota IRPEF per un periodo di diversi anni, e che ha avuto un impatto positivo nel favorire il ritorno di professionisti qualificati in Italia, soprattutto durante il periodo in cui le agevolazioni fiscali erano più generose. Invece di potenziare questa misura, le recenti modifiche legislative e la riduzione dei benefici (in parte corrette per limitare gli abusi come nel caso dei calciatori con stipendi milionari) potrebbero limitare l'efficacia di queste misure nel lungo termine. Tuttavia da questi pochi dati è evidente che mentre il Nord soffre principalmente dell’emigrazione all’estero, e ha ottenuto una misura che è ancora in piedi, il Sud soffre in maniera quasi equivalente della emigrazione nazionale dal Sud al Nord. Andrebbe quindi proposta l’estensione dell’incentivo per il rientro dei cervelli dal Nord al Sud, dando le stesse agevolazioni dei talenti emigrati all’estero (prevalentemente, come visto, dal Nord Italia), ai meridionali emigrati al Nord Italia che vogliano rientrare al Sud.