L'analisi

Ma ora ciascuno ricordi il senso autentico della liberazione d’Italia

Alessandra Peluso

Non si conosce l’unità, non si riesce a essere e a sentirsi uniti nemmeno in occasioni sacre come la morte del Papa o come il 25 aprile, per commemorare la liberazione d’Italia dall’occupazione nazista e dal fascismo

Non si conosce l’unità, non si riesce a essere e a sentirsi uniti nemmeno in occasioni sacre come la morte del Papa o come sarà il prossimo 25 aprile, festa nazionale della Repubblica italiana, per commemorare la liberazione d’Italia dall’occupazione nazista e dal fascismo. Ne è scomparsa la memoria perfino da alcuni calendari, se non fosse per l’evidenziato che ricorda semplicemente un giorno di vacanza.

Se - come quest’anno, non ci sarà una festa in pompa magna visto che l’Italia, il mondo intero è in lutto, per la morte del nostro Papa Francesco - certamente non potrà né dovrà mancare la commemorazione di un giorno salvifico per il popolo italiano attraverso la storia: i ricordi, le narrazioni, i riti, i simboli. Il buon senso di ciascuno conduce e induce a ricordare le migliaia di morti in conflitti devastanti, in difesa della Patria, in liberazione dalle torture, dalle emarginazioni, dalla povertà, con un fiore, o con una preghiera. Ricordare i caduti in guerra è un dovere civico, morale, politico. Così come studiare la «Storia» è un imperativo. Un obbligo morale. Allora, siamo nel 1945, costituiva un significato importante parlare di Patria, che significava unità, condivisione di valori, di ideali di libertà, solidarietà, fratellanza, uguaglianza. Valori attualmente slabbrati da ignoranza, da mancanza di ragionevolezza; in fondo, basterebbe poco a comprendere che a qualsiasi idea o colore politico si appartenga, la libertà è unica, vale per tutti, così come lo è stato i giorni successivi alle guerre per far nascere la democrazia. È necessario che ciascuno capisca e ricordi il senso autentico della liberazione d’Italia dal fascismo e dal nazismo per salvaguardare la libertà, che ancora c’è, di ciascuno, dei popoli, dei cittadini, per ricordare che i valori della democrazia sono universali e tali resteranno anche per coloro che credono di «potere» per il denaro, o per un ruolo politico che ricopre. Il potere lo ha perché esiste la democrazia ed esiste la libertà di esercitarlo.

«Libertà va cercando, ch’è sì cara / come sa chi per lei vita rifiuta», occorrerebbe tenere in mente questi due versi della seconda cantica della Divina Commedia di Dante sul sacrificio di Marco Catone, difensore della libertà: non ha «tremato» per difendere l’amore per la libertà, né il popolo italiano per salvare la patria «davanti alle tenebre della morte», e oggi in virtù del rispetto di tante vite nessuno dovrebbe tremare se non per la commozione al ricordo di quel giorno: il 25 aprile 1945. La libertà è indispensabile sia quella politica sia quella morale per esercitare degnamente la propria vita e testimoniare non solo attraverso la propria volontà, ma mediante il proprio agire che deve essere sempre e comunque nel rispetto di tutti. Mentre, in Italia ogni momento si trasforma in tifo calcistico, in dissidenza politica, in parole di divisione e di odio (troppo spesso diffuso sui social-media) lasciando da parte il buon senso. Anche per questo motivo occorre prestare centralità alla cultura, sarebbe difficile perdere la ragione se si possedesse un pensiero libero. Non è libero chi è condizionato dalla propria ideologia. Non è libero chi non «predica» unità, chi vede un nemico in ogni luogo, chi semina odio, paura; ma soprattutto non è libero chi non ama la libertà di nessuno. Difatti, la libertà si comunica attraverso il linguaggio. L’eloquio è l’elemento essenziale della sapienza. Ci insegna il Sommo poeta: per essere liberi occorre aver compiuto un viaggio, un percorso esistenziale, che comporta una visione della totalità di sé e degli altri e - solo guardando dall’alto, nella profondità, e non in senso orizzontale - che si annullano le differenze, le distanze, si coglie l’insieme e si abbraccia l’umano, il mondo, Dio, a qualsiasi fede o latitudine l’essere umano appartenga. Essere liberi significa possedere le parole per esprimere un pensiero adeguato, oggettivo, scevro per l’appunto del proprio soggettivismo.

Sicché, il 25 aprile deve essere ricordato durante questa giornata di commemorazione, e ogni qualvolta se ne abbia la possibilità: a scuola, in famiglia, in piazza, in Chiesa, in un luogo di lavoro, ovunque, in qualità di popolo italiano siamo in dovere di rimembrare sia la malvagità compiuta dal fascismo e dal nazismo, sia la grandezza dei tanti benefattori, per ricordarci soprattutto che siamo liberi grazie solo ed esclusivamente al loro coraggio, alla loro voglia di libertà: libertà di parola, libertà di esistere come esseri umani, pensanti. Non dobbiamo aspettare che ci manchi la «parola» per comprendere di non essere più liberi!

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