L'analisi
Il vero armamento dell’Europa sono i suoi valori
Sotto accusa soprattutto la vecchia Europa, quella incapace di scrollarsi di dosso la sua apatia, quella incapace di essere al passo mentre tutto attorno il mondo corre in un’altra direzione
Dire democrazia autoritaria è come dire che la terra è quadrata. O dire democrazia illiberale è come dire che il sole è ghiacciato. Più «democratura» che democrazia. Ma dire democrazia rappresentativa significa dire che non è né autoritaria né illiberale. La verità è però che questa democrazia avrebbe stufato come un pallottoliere di fronte a un computer. O come un telefono fisso di fronte a un cellulare. E così lenta con le sue interminabili procedure. Così faticosa con le sue continue mediazioni. Così superata con i suoi infiniti riti. Così costosa con i suoi interminabili passaggi. Così lontana dalle decisioni da prendere. In un tempo in cui tutto sembra riecheggiare un famoso proclama: «Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza delle velocità». Insomma il Manifesto del futurismo di Tommaso Marinetti. E parliamo del 1909, mica del Duemila e trenta.
Sotto accusa soprattutto la vecchia Europa, quella incapace di scrollarsi di dosso la sua apatia, quella incapace di essere al passo mentre tutto attorno il mondo corre in un’altra direzione. Ma poi ti trovi in una giornata di primavera nel museo dell’Acropoli ad Atene. E soprattutto ragazzi delle scuole, in spettinate file da una sala all’altra. O in cerchio attorno al professore che spiega. Visti là prendere appunti o fare foto in mezzo a quella bellezza immortale, si dovrebbe avere per loro solo compassione. Perché sarebbero senza saperlo un pezzo di mondo tramontato. Un pezzo di mondo vecchio ed inerte di fronte a quello trionfante che è lì fuori. Quello nel quale un giorno è apparso un bullo che ha rovesciato il tavolo e ha fatto come se stesse in una cantina.
Quando c’era ancora l’Urss - Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche - uno dei più frequenti reati era quello di «attività anti-sovietiche». Del quale si poteva essere accusati non, diciamo, perché avevi compiuto un attentato sanguinoso. O perché avevi fatto la spia per un Paese nemico. Ma solo perché avevi criticato il governo, dicendo o scrivendo cose che al governo non piacevano. Perché quel regime si arrogava il diritto rappresentare tutto il Paese senza possibilità di opposizione. Altrimenti non criticavi il governo, ma il tuo Paese. Facendo, appunto, attività anti-sovietiche. Quel regime si definiva ovviamente democrazia «popolare», nel senso che il popolo mi ha dato il potere e chi mi contesta si mette contro il popolo. Identificazione totale anche se non lo condividevi come avviene appunto in una democrazia senza aggiunta di «popolare».
Quel potere non veniva da un dio, per la semplice ragione che il comunismo non lo riconosceva. Altrimenti non si poteva neanche guardare negli occhi il capo perché avresti violato una divinità come avveniva fra i Maia o gli Incas. Ma ora gli eredi non hanno più scrupoli del genere, se un Putin fa innalzare la croce al suo arrivo come in una sacra rappresentazione laddove il sacro è lui. E dall’altra parte del globo il suo imprevisto compare Trump, quello della cantina, si fa fotografare con i suoi apostoli ai lati e lui nel centro dell’Ultima cena. Il potere in nome di Dio. Senza che da nessuna parte, neanche da dove si dovrebbe d’ufficio, si alzi una voce decisa contro l’uso privato di Dio. Prassi del resto da tempo invalsa in quella religione che su mandato, anzi auto-mandato, del suo dio, ammazza gli «infedeli».
Così Trump insulta i giornalisti che, secondo il suo stile, non gli baciano il culo. Toglie i fondi alle università ree di esprimere un pensiero cioè di fare ciò per cui esistono. Svillaneggia gli alleati occidentali, anzi ex, a cominciare dall’Europa parassita che avrebbe vissuto finora derubando il suo Paese. Mette dazi su tutti per far cessare appunto la rapina ai danni dell’America. Deride l’aggredita Ucraina trasformandola in aggressore e come si è permessa di reagire. Progetta di fare di Gaza un nuovo paradiso delle vacanze come Miami e i palestinesi si tolgano dai piedi. Ma neanche da noi si evita di definire «politica» ogni sentenza contro i politici perché così si tenterebbe di ribaltare il risultato elettorale. Come se si votasse non solo per farsi governare, ma anche per concedere ai governanti il consenso a ogni violazione della legge.
La speranza è che quei ragazzi dell’Acropoli ricordino sempre che la democrazia è nata lì. E che lì sono nati tutti quei valori di libertà, di tolleranza, di rispetto per gli altri, di solidarietà, di lotta alle discriminazioni, di separazione dei poteri che l’Europa continua a conservare. L’umanesimo di fronte alla tecnologia che sviluppa solo a sé stessa senza altri principi. E la speranza è che quei ragazzi imparino che la democrazia non è per sempre come un fatto compiuto. E che va invece difesa ogni giorno visto che proprio questi giorni stanno dimostrando quanto possa essere a rischio. La speranza è che non solo quei ragazzi ricordino che, quando si parla di armamento dell’Europa, il primo armamento di questa Europa è l’armamento di valori altrove dimenticati e vilipesi come vecchi arnesi.