il fenomeno

La violenza è parole sguardi, modi, posture

Emanuela Megli

Non è semplicemente un giallo poliziesco. Non è un’epidemia. È un genocidio femminile che si compie nelle nostre case e nelle nostre città a diversi livelli

Con le storie delle due ragazze uccise, Sara Campanella di Messina e Ilaria Sula di Roma, per mano di due coetanei, è ritornato alla ribalta il tema della violenza di genere. Bisogna comprendere che la violenza sulle donne si manifesta a diversi stadi fino alla morte. Ma inizia con gesti minimi di assenza e trascuratezza affettiva, o di svalutazione e critica. Fino ad arrivare al linguaggio svalutante e mortificante. Questo è lo scenario da cui partire e su cui muoversi. Non è semplicemente un giallo poliziesco. Non è un’epidemia. È un genocidio femminile che si compie nelle nostre case e nelle nostre città a diversi livelli.

Molti equilibri affettivi si reggono sul silenzio delle donne (mogli, figlie, nipoti) e sulla dominanza degli uomini. Atteggiamenti complementari: quanto più lui esercita controllo, prevaricando, minacciando violenza o abbandono, tanto più lei si adegua alle richieste cercando di rabbonirlo. È un codice silente, sordo, esclusivo. Un’obbedienza tacita, direi inconscia. Una sottomissione alle emozioni, che non si riescono a gestire. In primis paura, poi ansia e infine la perdita della propria identità o la spersonalizzazione. Le donne morte sono dappertutto. Spiace che ancora nessuno se ne renda conto e ne parli chiaramente. Donne svuotate, depresse, che non hanno nemmeno la forza di uscirne e di denunciare, perché spesso sono dipendenti dal loro aggressore. O perché la paura delle conseguenze è più forte.

Dov’è la giustizia (sociale e giuridica) quando una donna subisce violenza psicologica, verbale, economica, fisica? Dov’è la comunità quando una donna subisce violenza? Le donne allo stadio avanzato di violenza psicologica hanno poche energie e scarsa fiducia in sé perché imbrogliate e tradite da chi avrebbe dovuto amarle. Da uomini che attribuiscono a loro la colpa delle proprie violenze e svalutazioni, facendole sentire inutili, incapaci, inadeguate, da correggere e punire.

Non sono solo parole, sono atteggiamenti, sono sguardi, sono modi, sono espressioni, posture, sono comportamenti. Promettono e poi non mantengono e mentono dicendo che non ti avevano detto quello che tu hai capito, anche se tu avevi un progetto importante per te. Giudicano e rimproverano ogni azione come sbagliata o perfettibile, affermano la propria superiorità con minime pretese da rispettare, altrimenti scoppia la polemica o l’ira. Non si mettono in discussione, hanno sempre ragione, non chiedono scusa. Ti fanno sentire come se fossi privilegiata ad averli accanto, perché sono speciali, ti proteggono e si prendono cura di te, in apparenza. Invece sono i custodi della tua prigione. Si mettono nella posizione di chi ti sta concedendo il bene o l’amore, e ti fanno sentire come se dovessi essergli grata, un rapporto asimmetrico e a senso unico. Non c’è parità, non c’è alleanza, non c’è compassione e non c’è empatia.

Ma loro cercano di far apparire tutto normale e bello, perché sono nel loro film dove tu sei solo uno dei tanti personaggi utile a loro. Donne già morte, dentro. Sono uomini spesso con un disturbo narcisistico di personalità. Hanno in comune il bisogno di controllare e di dominare la relazione. Non hanno una dimensione affettiva interiore e si nutrono della bellezza sentimentale delle proprie vittime: mogli, figlie, compagne, di cui spesso diventano anche padroni. Le donne predilette sono solari, amorevoli, piene di vita, che a mano a mano, a causa delle menzogne e delle accuse, viene spenta. L’escalation di violenza inizia quando la donna cerca di sottrarsi al controllo e dominio di lui. Il rifiuto da lui subito, i dinieghi di lei e la percezione di non obbedienza e di mancanza di sottomissione (che viene giudicata come prevaricazione di lei), consistente nell’autodeterminazione, causano una frustrazione enorme in lui, il quale non avendo strumenti per gestire il proprio vuoto affettivo, punisce o tenta di riottenere l’oggetto d’amore, la fonte del suo io vivo. Quindi, o la lascia definitivamente (sostituendola con altre riserve) e la controlla con il ricatto economico, la svalutazione, l’isolamento sociale o la perseguita e l’ammazza. L’opera che va fatta di prevenzione è sulla genitorialità consapevole oltre che sulla difesa e l’empowerment delle bambine nonché di educazione affettiva dei bambini, soprattutto quelli con modelli di uomini violenti e anaffettivi, altrimenti tenderanno a replicare il sistema a meno che non si curino. Da dove accorgersi dei segnali di violenza? Dalla mancanza di parità nei ruoli, nella gestione della casa e della famiglia, nella gestione dell’economia e nella mancanza di scelte condivise in libertà ed equilibrio complessivo, nel rispetto della persona, dei suoi bisogni e diritti, in coerenza con il progetto condiviso.

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