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Se i versi di Cristicchi accendono la luce sul dramma Alzheimer

Francesco Caroli

Viviamo in una società che rimuove il concetto di vulnerabilità come se fosse un ostacolo alla produttività. Eppure, la fragilità è una dimensione ineludibile dell’esistenza umana...

Ci sono canzoni che intrattengono, altre che fanno riflettere. Poi ci sono quelle che riescono a scavare nell’anima, a dare voce a emozioni profonde e condivise, trasformando l’ascolto in un’esperienza intima e universale al tempo stesso. Quando sarai piccola, il brano con cui Simone Cristicchi torna sul palco di Sanremo 2025, appartiene a questa ultima categoria.

Con la delicatezza e la profondità che contraddistinguono il suo percorso artistico, Cristicchi racconta l’inversione dei ruoli tra genitore e figlio: il tempo che sbiadisce la memoria, trasformando una madre in una bambina smarrita, e un figlio in un custode attento di ricordi, dignità e affetto. È una narrazione struggente e vera, che si fa poesia attraverso immagini semplici ma potenti: «Ti ripeterò il mio nome mille volte perché tanto te lo scorderai», «Ti stringerò talmente forte che non avrai paura nemmeno della morte». Frasi che racchiudono l’essenza della malattia, ma anche della resistenza emotiva che solo l’amore può offrire.

Il brano di Cristicchi tocca un tema che riguarda milioni di persone: solo in Italia si contano circa 600mila persone affette da Alzheimer, con 65mila nuovi casi diagnosticati ogni anno (Ministero della Salute). E la situazione è destinata a peggiorare: secondo le stime, entro il 2050 il numero di persone con demenza potrebbe raggiungere i 2,3 milioni (Quotidiano Sanità). Numeri impressionanti, dietro cui si nascondono storie di famiglie che ogni giorno affrontano le difficoltà legate a una malattia che non colpisce solo il paziente, ma anche chi gli sta accanto. Si stima infatti che circa 3 milioni di persone in Italia siano coinvolte nell’assistenza ai malati di Alzheimer, con un costo economico annuo che supera i 15 miliardi di euro, di cui l’80% ricade sulle famiglie e i caregiver (Fondazione Veronesi).

Viviamo in una società che spesso teme la vecchiaia, che rimuove il concetto di vulnerabilità come se fosse un ostacolo alla produttività. Eppure, la fragilità è una dimensione ineludibile dell’esistenza umana, e riconoscerla è un atto di maturità collettiva. Quando sarai piccola ci ricorda che prendersi cura di chi ci ha cresciuto non è solo un dovere, ma un’opportunità per riscoprire il valore profondo dei legami, al di là delle parole e della memoria stessa.

Cristicchi non si limita a descrivere il dolore della perdita progressiva, ma illumina anche il valore della vicinanza e della cura. E lo fa in un contesto in cui la consapevolezza pubblica sulla demenza è ancora insufficiente: il 65% degli operatori sanitari e assistenziali ritiene erroneamente che la demenza sia una componente normale dell’invecchiamento (Rapporto Mondiale Alzheimer 2024). Questo dato evidenzia quanto sia necessario non solo un maggiore sostegno alle famiglie, ma anche una più diffusa sensibilizzazione per abbattere i pregiudizi e migliorare la qualità dell’assistenza.

Ma cosa possiamo fare, come comunità, di fronte a questa sfida? Il primo passo è smettere di considerare l’Alzheimer e le demenze come problemi esclusivamente privati. Servono più servizi di supporto ai caregiver, più formazione per gli operatori sanitari e una maggiore diffusione delle Comunità Amiche delle Persone con Demenza, modelli inclusivi che favoriscono l’integrazione e il mantenimento dell’autonomia il più a lungo possibile. Lo Stato deve fare in modo che le città abbiano le risorse per diventare più accessibili e accoglienti per chi vive con queste malattie, investendo in spazi urbani più sicuri e programmi di assistenza domiciliare avanzata. Anche la ricerca deve essere una priorità: nuove terapie e tecnologie possono migliorare la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, ma richiedono investimenti continui e una visione politica lungimirante.

Il brano di Cristicchi è un promemoria prezioso: l’Alzheimer non riguarda solo chi ne è colpito, ma tutti noi. È il banco di prova di una società che vuole definirsi inclusiva e solidale. Possiamo scegliere di lasciare sole le famiglie o possiamo costruire una rete di supporto, possiamo ignorare il problema o possiamo fare della cura una responsabilità collettiva.

Grazie, Simone, per aver acceso ancora una volta una luce su un tema complesso, spesso relegato al silenzio, ma che merita tutta la nostra attenzione.

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