l'analisi
L’attesa deve finire, alla Puglia serve un «sogno salvante»
La Puglia, oggi, brucia di futuro. L’approssimarsi della consultazione elettorale che modificherà gli assetti del governo regionale, agita energie sensibili.
Connaturata a noi pugliesi è la capacita di attendere. Siamo capaci di aspettare tutto e di aspettarci di tutto. Sembra che calino in Puglia bolle di sospensione del tempo, in cui tutto si ferma e ristagna. Ora è un periodo di quelli.
Le macchinine meccaniche di una volta avevano bisogno di carica; gliela si dava strisciandone le ruote più volte sul pavimento, per poi lasciarle partire a gran velocità. La fine dell’estate, qui da noi, corrisponde al periodo di approvvigionamento di nuove energie. Ma questo non oscura certe nostre caratteristiche perniciose, ben delineate da Federico De Roberto ne I Viceré: «… così egli si teneva bene con tutti, raccoglieva lodi da ogni parte. Quelli che si accorgevano del suo gioco e lo denunziavano, o non erano creduti, o erano sospettati di invidia e malignità …».
La sempre più insopportabile invasività della cronaca sottrae energie alle analisi. Scandali, inciviltà e delitti occupano tutto lo spazio che l’attenzione di ognuno è in grado di offrire ad ambiti estranei a quelli personali. In apparenza, sembra non accada nulla. Raccontare qualcosa che abbia senso diventa, così, ancora più difficile. C’è un piccolo dettaglio, però, che tende a sfuggire: è falso. La Puglia, oggi, brucia di futuro. L’approssimarsi della consultazione elettorale che modificherà gli assetti del governo regionale, agita energie sensibili.
Le strade di queste, di norma, sono tre: o sono concentrate nel captare consensi distratti; o stanno acquisendo una visione, chiedendo agli elettori la «via libera» per raggiungerla; oppure, come scriveva Federico De Roberto più di un secolo fa, provano vincere insieme il premio dei furbissimi e galleggiare su ogni procella. Caratteristica dei furbissimi è la tendenza all’alleggerimento morale, come ricorda Alfonso Musci nel suo Dalla catastrofe alla speranza (Antonio Mandese Editore, 2022), riportando una perla di Carl von Clausewitz: «L’aggressore è amante della pace, vorrebbe conquistare le nostre case senza sparare un sol colpo».
Noi pugliesi, invece, ci avviciniamo a una campagna elettorale che già si intuisce senza esclusione di colpi. E i pugni fanno male, come spiegò Artemio Altinori (Vittorio Gassman) a Enea Guernacci (Ugo Tognazzi) nell’episodio finale - e indimenticabile - de I mostri di Dino Risi.
Meglio lottare a favore di una visione. Molto meglio. Trovo significativa quella che Serge Latouche consegnò a Josè Bellver, in una intervista pubblicata su «Diagonal» nel febbraio 2010. Sostiene il «profeta della decrescita« che l’alternativa alla sobrietà volontaria è la fine del mondo o la barbarie. A dar retta alla violenza costantemente presente nelle infinite e quotidiane notizie di cronaca nera, alla barbarie ci siamo. Per la Puglia serve un sogno salvante. Per evitare la fine del mondo.
Per quello che mi riguarda, tra l’altro, non credo di essere idoneo a fare il dinosauro. Potendo, aspetterei.