IL COMMENTO
La storia di Nichi&Michi, i due leader che non si «pigliano»
Di Nichi Vendola e di Michele Emiliano non si può dire, c’eravamo tanto amati, politicamente.
Di Nichi Vendola e di Michele Emiliano non si può dire, c’eravamo tanto amati, politicamente. Vendola non le ha mandate a dire ad Emiliano. Ha rotto di brutto dopo la cacciata dell’assessora, Anna Grazia Maraschio, dalla giunta regionale pugliese. L’ha fatto, - ha detto Vendola- in modo in solito, tramite un sms, come di questi tempi fanno le multinazionali all’atto di licenziare i dipendenti. Sennonché l’unica a pagare è stata la Maraschio, come se fosse anche lei, nel tourbillon delle vicende giudiziarie regionali. Sulle quali, oltre su quelle comunali, si è sbizzarrito, Giuseppe Conte, dicendone un sacco e una sporta, vestendo il saio di moralizzatore alla Savonarola. Vendola non ha accettato che, Anna Grazia Maraschio, fosse una sorta di capro espiatorio e l’ha difesa con le unghie e con i denti e gliel’ha cantate di santa ragione al presidente Emiliano: «Dal punto di vista non ho alcun interesse nei suoi confronti. Non mi interessa come essere umano». E ha aggiunto : «Emiliano e il Pd hanno perso un’occasione che era quella di ragionare con serietà sui problemi politici legati a queste grosse dosi di trasformismo». È andato, come dire, sul pesante e la qualcosa non rientra nel far play di Vendola.
Vuol dire che l’ha presa malamente sotto l’aspetto personale e politico. Mai dire mai, in politica succede. In altre occasioni, il rapporto tra i due si era inclinato, ma poi avevano trovato il modo di riappacificarsi, ma stavolta la situazione è diversa dalle altre. Inoltre, Vendola ha dissentito che Emiliano ha fatto il «rimpastino», sostituendo Palese, Maraschio e Maurodinoia - indagata - con tre donne assessore, invece di seguire le indicazioni della Schlein e di Fratoianni di azzerare la giunta.
Nichi Vendola e Michele Emiliano: un rapporto a stop and go. O, meglio dire, più stop che go. Un eufemismo bell’e buono, rispetto a quello che il leader di Sinistra italiana - come visto - ha detto, dopo il «licenziamento maldestro» della Maraschio. La quale, come ricompensa, è stata candidata alle elezioni europee, per la lista Alleanza Verdi e Sinistra nel Meridione.
Due personalità agli antipodi, le cui culture politiche nascono in due scuole diverse. Da un lato, Vendola che è un professionista della politica, che ha alle spalle una grande tradizione culturale e politica che viene da lontano, quella comunista, dall’altro Emiliano che si è fatto da solo e, tutto sommato, è un autodidatta politico ed è partito, se vogliamo, come una sorta di underdog, che ha sovvertito i pronostici, vincendo a mani basse le elezioni comunali di Bari. Candidatura che fu malvista dall’Ecole Barisienne e da chi stava al vertice dei Ds pugliese. Insomma, i puri e i duri lo vedevano come un corpo estraneo.
Emiliano è partito da sindaco per poi arrivare alla presidenza della Puglia. Da qui, è partito per giocarsi le carte politiche, finanche a gareggiare alle primarie per la segreteria nazionale del Partito democratico. Il «compagno di Terlizzi» - Vendola - ha vissuto la sua giovinezza con pane e politica in una famiglia comunista e il nome Nichi, omaggio a Nichita Krusciov, ne è la prova. Emiliano nasce in una famiglia, con un padre nostalgico del fascismo, - in base a quanto il figlio ha dichiarato ai quattro venti -, per poi seguire un’altra strada politica, svoltando a sinistra. Da giovane iscritto al PCI, poi la carriera di magistrato antimafia in Sicilia e poi a Bari, passando da Brindisi. Come presidente della Puglia, ha preso - come detto - il volo, come leader politico nazionale. Ha vinto le elezioni regionali, ma per via della costituzione di una calamita, la cui attrazione di notevoli pezzi di destra rivestiti di civismo, le ha stravinte. Un bastian contrario, con la debolezza di rintanarsi nell’inner cicle, il suo vero tallone d’Achille. D’altronde, l’amichettismo gli ha procurato più guai che vantaggi. Tant’è che è stato convocato dalla Commissione parlamentare dell’Antimafia, sollevando un vespaio, perché ha fatto slittare diverse audizioni, per la ragione che il 7 maggio è stato convocato il consiglio regionale dove si discuterà la mozione di sfiducia nei suoi confronti, presentata dall’opposizione. Ad onor della verità, per prassi consolidata, la presidenza della Commissione concorda data e ora con l’audito.
Emiliano ha un fiuto politico naturale, guarda caso, è stato il primo, in tempi non sospetti, ad aprire ai 5S, invitandoli ad entrare nella giunta pugliese. Allora stavano al «vaffa» e volevano aprire il Parlamento come una scatola di tonno. Cambiando pelle e politica, hanno gradito l’invito di Emiliano e sono entrati nella stanza dei bottoni, adesso, sono in panchina, dopo le vicende giudiziarie, in attesa che Emiliano completi la palingenesi moralistica. Il primo passo l’ha fatto con la costituzione dell’Assessorato della legalità. A ben vedere, il M5s, alle comunali, si è schierato con il candidato sindaco, Michele Laforgia. Conte lo appoggia a spada tratta e, a suo tempo, ha fatto saltare anche le primarie cui Laforgia non dava alcun credito.
Nichi Vendola si diede molto d’affare per trovare un candidato a sindaco, che superasse il dualismo tra Laforgia e Leccese, candidato di Emiliano e Decaro, ma tertium non datur. Cosicché la candidatura di Nicola Colaianni sfumò. Ultimamente, ha inviato un segnale molto forte: al fianco di Laforgia c’è Sinistra italiana, vale a dire lui e lui, fino a prova contraria, è la sinistra per antonomasia, in Puglia. È’ stato un vero e proprio imprimatur alla candidatura di Laforgia e un avvertimento a Conte di non strafare sul candidato a sindaco.
Si dice: chi non si assomiglia, non si piglia. Vendola ed Emiliano non si assomigliano e non si pigliano.