L'analisi
Bari non è la meraviglia vista dai droni con «Lolita», ma nemmeno città di mala
Dico la mia, per quel che vale, sull’inchiesta «codice interno», sapendo di rischiare anatemi e fraintendimenti.
Dico la mia, per quel che vale, sull’inchiesta «codice interno», sapendo di rischiare anatemi e fraintendimenti.
Ovviamente l’inchiesta è sacrosanta. La magistratura fa il suo dovere e dobbiamo tutti essergliene grati.
Anche la stampa e il sistema mediatico fanno il loro mestiere. Sono vicende che fanno gola. Personaggi pubblici, la Bari da bere invischiata con la criminalità. Pettegolezzi a gogò su ritagli di intercettazioni. L’indignazione per il voto di scambio è altrettanto sacrosanta. A prescindere dal reato è un comportamento gravissimo per l’intreccio tra politica e malavita.
Ma (ecco il «ma») il clamore enorme suscitato mi sembra un po’ forzato e in gran parte utilizzato in maniera propagandistica e strumentale. Certo Bari non è quella fotografata dall’alto con i droni nelle serie di Lolita Lobosco, ma non è nemmeno la Sin City, la città del peccato che viene dipinta in questi giorni, la città del male controllata dalla malavita in contiguità con la politica. Gli indagati, mi pare, sono in gran parte malavitosi di cui si conoscono da tempo vita e miracoli (si fa per dire). In gran parte sono già detenuti da anni. Gli imprenditori coinvolti sono già abbondantemente chiacchierati e compromessi e i professionisti sono personaggi di basso profilo. Su tutti spicca, come l’angelo del male, Giacomo Olivieri (and family). Ora, che Giacomo Olivieri sia, o sia stato, in grado di tenere in scacco la città in combutta con la malavita mi sembra un’ipotesi largamente esagerata. Giacomo Olivieri, che conosco da tempo, appare più che altro come un faccendiere del sottobosco della politica. Mi sono sempre stupito che in politica abbia avuto credito (ma ha avuto, ed ha, credito anche altra gente del suo rango) e, peraltro, gran parte dell’attività delittuosa che gli viene ascritta, a parte le spericolate attività finanziarie che però sono altra cosa, sarebbe stata finalizzata, tramite voto di scambio, perché di questo si tratta, niente meno che all’elezione di sua moglie al Consiglio comunale. Sai che risultato! È noto e stranoto che ormai, soprattutto dopo la riforma che ha portato all’elezione diretta del sindaco, i consiglieri comunali contano poco o niente.
Può esserci stato, lo dirà il processo, voto di scambio, che è certamente da perseguire e da condannare senza pietà, ma che è cosa diversa, credo, dalle «mani sulla città» che vengono ipotizzate da un’opinione pubblica avida di scandali e drogata dall’antipolitica.
Attenzione quindi a conclusioni strumentali. La Giustizia deve fare il suo corso e i colpevoli devono essere condannati. E non c’è dubbio che per la politica l’inchiesta deve essere un monito assolutamente da non sottovalutare. Attenzione ai faccendieri, ai cambi di casacca facili, ai partiti usati come taxi. Un monito che riguarda tutti, destra e sinistra, nessuno deve ritenersi innocente o legittimato a scagliare pietre. Dipende dallo scadimento complessivo della classe dirigente. La politica non come perseguimento di ideali ma come soddisfacimento di interessi personali. Ma vale per tutti, destra e sinistra, più destra che sinistra a stare, per esempio, al percorso di Olivieri.
Ma sono cose note, dette e ridette a prescindere dall’inchiesta. Se l’inchiesta spingerà, come è auspicabile, ad una riflessione profonda e a un cambiamento di metodi, sarà un’altra attività meritoria della Magistratura, la consueta «supplenza». Servirà a dare una «ripassata» al Comune (che comunque non solo è estraneo, ma di cui nell’inchiesta viene sottolineato l’impegno contro il malaffare), ma non solo, suppongo, ed anche al ménage dei partiti di destra che hanno approfittato, forse più della sinistra, degli Olivieri di turno. L’inchiesta deve essere un monito per tutti. Non materia di gossip o, peggio, occasione per rese di conti interne.
Soprattutto non può, e non deve, essere pretesto per sciacallaggio politico. Il centrodestra (con quale legittimazione, essendo invischiato nella vicenda più del centrosinistra?) invoca addirittura, in maniera strumentale e insensata, lo scioglimento del Consiglio comunale. Occorre ricordare, in proposito (me lo ricorda Gianvito Mastroleo), che già nel 1923 Giacomo Matteotti pubblicava un libro Un anno di dominazione fascista in cui denunciava, nel 1922, centinaia di scioglimenti di Consigli comunali di sinistra ad opera del regime, con la connivenza di prefetti arrendevoli, per aver mano libera nel Paese. Un passato «che non è mai morto» e che si vuol far rivivere? Riaffiora l’istinto antiliberale della destra? Giorgia e i suoi giorgiani perdono il pelo (o lo camuffano) ma non il vizio?
L’inchiesta, un fatto importante, da non sottovalutare e da non rimuovere, deve essere certamente una spinta alla vigilanza e a rimediare agli errori, ma senza enfatizzazioni di comodo. Bari non è Medellín, e nemmeno Napoli o Palermo (senza contare le ramificazioni della malavita, certamente più lucrose, anche al nord).
Vigilanza, quindi, pulizia, ma non speculazioni e tafazzismo.